giovedì 25 gennaio 2018

Corriere 25.1.18
Più vicini all’uomo progettato a tavolino. E forse nascerà anche lui in Oriente
di Edoardo Boncinelli


Un passo dopo l’altro ci stiamo avvi-cinando al gran momento, quello in cui faremo nascere uomini con il patrimonio genetico modificato, patri-monio che potranno anche trasmettere a figli e nipoti. Se ne parla da tanto tempo, con un misto di entusiasmo e preoccupa-zione. Prepariamoci! Questa volta siamo arrivati ai macachi e l’esperimento è stato fatto in Cina, due elementi di grande no-vità. La Cina è un colosso che da qualche tempo si è potentemente organizzato per lavorare anche in campo biologico. Sem-bra ieri che apprendisti ricercatori tren-tenni venivano dalla Cina nei nostri labo-ratori per imparare il «mestiere» di bio-logi molecolari. Alloggiavano in tanti in piccoli appartamenti e... imparavano, be-ne a quanto pare, se adesso sono in gra-do di fare tantissimi esperimenti magari anche meglio di noi. Dalla prima pecora, l’immortale Dolly del 1996, alle capre, a cani e cavalli, per non parlare dei porcel-li, i ricercatori hanno dato vita a moltis-simi animali messi insieme in modo non convenzionale, ma partendo da cellule coltivate in laboratorio che possiedono un patrimonio genetico selezionato da noi. E ora siamo alle scimmie! Perché la cosa è interessante? Perché le scimmie sono animali più complessi e più simili a noi, e perché non sapevamo bene in che cosa consistesse questa nuova complica-zione. Come lo sviluppo di un embrione di mammifero richiede la conoscenza di più password dello sviluppo di un inver-tebrato, così il patrimonio genetico di una scimmia appare «più difeso» di quello di una pecora o di un suino. Per-ché? Bella domanda. Non lo sappiamo, ma ci piace credere che sia il prezzo della complessità. Può essere, ma è molto più probabile che questa particolarità sia da mettere in connessione con il numero di figli per cucciolata: meno cuccioli più protezione, anche senza considerare le dimensioni del cranio. Come si vede si imparano sempre più cose. Diceva Solo-ne: «Più invecchio e più imparo». Il pro-blema è che non basta imparare. Occor-rerebbe anche essere sempre più saggi. Facendo cosa, per esempio? Riflettendo e non dando mai nulla per scontato. Possi-bilmente senza condannare. Il compito che l’universo ci ha assegnato è dare un nome alle cose e commentarle, senza ce-dere alla nostra passione predominante: giudicare e condannare, come tanti pic-coli Minosse. Ricordiamoci che non sia-mo al centro dell’universo, e nemmeno più al centro del mondo civile. È molto ragionevole che il primo uomo «proget-tato a tavolino» abbia gli occhi a man-dorla, o indossi un sari.