Corriere 23.1.18
Grande purga tra arresti e suicidi. Che succede all’Esercito popolare cinese?
Sacchi di soldi e sospetti di golpe I cento ufficiali «eliminati» da Xi
di Guido Santevecchi
Che
cosa succede nell’Esercito Popolare di Liberazione cinese? Xi Jinping,
presidente della Commissione militare centrale e quindi comandante
supremo lo ha riformato, snellito tagliando 300 mila ufficiali e soldati
e modernizzato. Ha appena ordinato ai suoi due milioni di uomini e
donne di «essere pronti a combattere e a cadere in battaglia». Ma forse
Xi ha un grosso problema di catena di comando, forse teme un golpe
militare.
Questa storia raccoglie gli annunci ufficiali e le voci
che circolano a Pechino. Il 9 gennaio è stato comunicato l’arresto del
generale Fang Fenghui, ex capo di stato maggiore, che il 6 aprile 2017
era con Xi al vertice di Mar-a-Lago, con il petto carico di distintivi
di comando, seduto a cena accanto a Ivanka Trump e al genero del
presidente Jared Kushner. Sorrideva compiaciuto Fang, perché il suo nome
circolava nell’elenco delle promozioni ulteriori. A riprova
dell’ascesa, il 15 agosto aveva ricevuto a Pechino il collega americano
Dunford: tema dei colloqui il coordinamento tra i due eserciti per
gestire la crisi nordcoreana. Improvvisamente, pochi giorni dopo, Fang
era scomparso e si erano diffuse indiscrezioni sulla sua caduta per
corruzione o forse perché coinvolto in una lotta di potere prima del
cruciale 19° Congresso del Partito, quello che a novembre ha inserito il
«Pensiero di Xi Jinping» nella Costituzione comunista. Ora la conferma
dell’arresto per malversazioni: in Cina ci vogliono mesi per queste
conferme delicate.
Poche settimane fa si è ucciso il generale
Zhang Yang, direttore del Dipartimento politico. Lo hanno trovato
impiccato in casa il 23 novembre, la notizia è stata data alla stampa il
29. Si è saputo che il super-generale era soprannominato «Zhang sacco
di juta»: vendeva le nomine e pare amasse i contanti, da consegnare in
sacchi di tela. Prezzo di listino: 10 milioni di yuan (1,3 milioni in
euro) per una promozione a maggiore generale. Ma nella Cina della
corruzione endemica pagano la nomina anche i sergenti, meno ma pagano ai
superiori e così via salendo nella catena gerarchica, anche chi non ha
merito veniva promosso. I generali Fang e Zhang erano stati promossi nel
2010, quando presidente era Hu Jintao e pare che avessero sborsato a
loro volta 4 milioni di euro: il sistema allora era organizzato così e
Xi lo sta sradicando. Ma perché sei giorni di silenzio prima di rivelare
il suicidio di «Zhang sacco di juta»? E perché l’ufficiale si è tolto
la vita con una corda segno di tradimento invece che con la pistola
d’ordinanza? Altre speculazioni su un coinvolgimento golpista.
L’ultima
purga finora è toccata, secondo i giornali di Hong Kong, a Fan
Changlong, vicepresidente della Commissione militare. Fan, superiore di
Fang e Zhang, sarebbe stato il canale di riferimento degli ufficiali
scontenti per la riduzione di organico e la campagna moralizzatrice di
Xi.
Secondo una ricostruzione dell’agenzia giapponese Nikkei , che
ha ottime fonti a Pechino, Fang sta parlando e denunciando molti
commilitoni. E forse ha delineato un tentativo di pronunciamento
militare contro Xi e la sua crociata anticorruzione.
Le voci di
golpe possono essere esagerate, magari vengono fatte circolare per
impressionare il comandante supremo Xi e fermare la sua falce. Ma la
Xinhua , in un lunghissimo profilo della Nuova Era di Xi Jinping ha
scritto esattamente queste parole: «Dal 2012, sotto la guida del
compagno Xi oltre 100 alti ufficiali a livello di comandante di corpo o
superiore sono stati puniti: un numero superiore a quello dei generali
caduti sul campo di battaglia durante le guerre rivoluzionarie».
Più
che il piombo fuso del nemico, secondo le cronache di questi anni, i
generali cinesi cercano il denaro. Anche l’oro se possibile: come
dimenticare il caso del generale Gu, vicecapo dei servizi logistici
dell’Esercito al quale nel 2013 furono travati in casa tra l’altro una
statua di Mao in oro puro, lavandini d’oro, un modellino di nave dello
stesso metallo, casse di lingotti?
Senza ufficiali fidati e
competenti un esercito è una tigre di carta. Ecco perché il 3 gennaio Xi
Jinping, in mimetica da combattimento, ha arringato le truppe in
videoconferenza con 4 mila guarnigioni dell’impero. Con la crisi
nordcoreana alle porte, Xi ha fretta di stringere la catena di comando.