venerdì 1 dicembre 2017

La Stampa 1.12.17
Liste di proscrizione e antisemitismo in Rete
di Andrea Palladino

Non si è mai fermato Stormfront, la comunità virtuale neonazista gestita da gruppi suprematisti Usa. Nonostante due inchieste della Procura romana – condotte dal pm Luca Tescaroli – e la condanna definitiva per quattro esponenti dell’organizzazione, il gruppo italiano non ha mai cessato l’attività. Anzi. Da qualche mese sono tornate le liste di proscrizione (lo scorso marzo è stato diffuso un elenco di giornalisti indicati come di religione ebraica) e da alcuni giorni diversi messaggi hanno ripreso a diffondere materiale violentemente antisemita e negazionista.
Immagini crude, fotomontaggi dell’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz, diffusione di pubblicazioni della destra neonazista su Anna Frank, fatte circolare subito dopo il ritrovamento degli adesivi antisemiti nella zona della Curva Sud dello Stadio Olimpico. E ancora, un lungo testo dell’utente «Futurista» (autore di 650 post, attivo dal novembre 2015) intitolato «Le 10 peggiori creazioni ebraiche», pubblicato sul canale «Stormfront Italia». Un testo che si apre con «la Shoah non è mai esistita come tale, e dico purtroppo», per chiudersi con la teoria complottista su «virus modificatori del genoma umano», diffusi per distruggere la «Razza Bianca». La lista di «scrittori e giornalisti ebrei italiani» è stata pubblicata dall’utente «Ataru» e apre un lungo testo che si chiude con l’altra antica ossessione nel nazifascismo: «Zingari e omosessuali».
Il gruppo italiano di Stormfront era stato colpito da una prima indagine della Digos romana nel novembre del 2012, con quattro arresti. Il processo – che si è concluso in Cassazione due anni fa con la conferma delle condanne, in parte alleggerite – è stato il primo caso in Italia ad aver riconosciuto l’istigazione all’odio razziale attraverso Internet. Nel 2012 l’inchiesta si era allargata con 35 perquisizioni e altri indagati. Nella sentenza di primo grado era stato confermato il sequestro preventivo del sito, con il blocco dell’accesso dall’Italia. Oggi continuano a partecipare al gruppo anche utenti indagati nel 2012: «Adesso ricomincio a scrivere col mio account che la Digos conosce benissimo e quindi anche io posso dire: me ne frego!», scriveva la user Joeyskingirl lo scorso agosto.