il manifesto 1.12.17
La Palestina presa in Giro
Partenza
tutta in salita per il Giro d’Italia 2018 da Gerusalemme. Gli
organizzatori si piegano al ricatto di Netanyahu che, pena il ritiro dei
finanziamenti, ordina di non usare la dicitura «Ovest» in riferimento
alla parte israeliana della città. Come invece il diritto internazionale
esige. Un’altra rovinosa caduta sportiva e politica dell’Italia
Che
meraviglia: in Italia si discute sul Giro d’Italia e sulle sue prime
tappe in Israele. Ed è grande l’attesa di una nuova opportunità per il
presidente statunitense Donald Trump, che in questi giorni deve decidere
se rinviare lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a
Gerusalemme.
Gli italiani, come gli europei e gran parte degli
israeliani, sembrano aver dimenticato il conflitto israelo-palestinese.
Grazie a Daesh (il sedicente Stato islamico) e al duro lavoro delle
destre europee.
Razzismo e islamofobia stanno dilagando e
permettono di dimenticare l’esistenza di una grande prigione chiamata
Gaza e del regime di apartheid vigente in Cisgiordania.
Ma finalmente succede qualcosa, grazie al Giro d’Italia.
C’è
da dire che oggi alcuni bambini delle colonie israeliane nei territori
occupati sarebbero stati presi a sassate da palestinesi; così un padre,
un orgoglioso colono sentitosi in pericolo, ha sparato «per autodifesa».
Un palestinese è morto.
Grazie al Giro d’Italia, in Italia non
sanno che alcune ore fa un gruppo della jihad islamica ha sparato
missili contro una base israeliana nel sud; la risposta è stata rapida
ed energica e una escalation è sempre possibile.
Il dibattito fra
gli italiani è molto acceso: si tratta di sport, biciclette, muscoli,
mens sana in corpore sano…e noi qua a discutere di gravi casi di
corruzione, e di iniziative legislative che intaccano ogni giorno di più
le caratteristiche fondamentali di quella che era «l’unica democrazia
del Medioriente» e che si sta trasformando in una triste etnocrazia.
Fortunatamente i nostri grandi ministri della cultura e del turismo
difendono il patrimonio nazionale.
La ministra dello sport e della
cultura non si fa assorbire solo dai problemi relativi al Giro d’Italia
e oggi ha chiesto di avviare un’indagine sulla Cineteca di Tel Aviv,
perché il prossimo sabato è in programma la proiezione dell’interessante
film di un regista palestinese, sui periodi più difficili del passato.
«Biciclette a Gerusalemme», «La città unificata per sempre». Ma sarebbe utile vedere che cosa significa quest’unificazione.
Per
fortuna i nostri governanti sono molto saggi e sanno che non ci sono
Gerusalemme orientale e Gerusalemme occidentale. La città è tutta
israeliana! Perciò stanno cercando di vedere come lasciar fuori dal suo
perimetro – senza mollare il terreno – gli abitanti dell’accampamento di
rifugiati di Shoafat, con oltre 80mila abitanti.
«Unificata per
sempre»…Sì: con un 60% di abitanti israeliani con pieni diritti umani e
politici e un 40% di palestinesi di seconda categoria e senza identità
nazionale. Effettivamente, non si tratta di parlare di est od ovest, non
c’è differenza dice la ministra della cultura…
Per fortuna io
(chi scrive ndr) vivo a Gerusalemme occidentale, piena di servizi
municipali, il sindaco ascolta le eventuali lagnanze dei cittadini,
possiamo muoverci, costruire,vivere, andare a scuola…Invece a
Gerusalemme Est mancano oltre 1.000 classi.
Quel che raccontavo
sul manifesto del 1987, a 20 anni dall’occupazione del ’67 di
Gerusalemme, l’arretratezza, l’oppressione, la discriminazione non si
sono mai ridotte.
Al tempo, quantomeno, avevamo il conforto delle
idee liberali e la speranza in un futuro migliore; oggi il sindaco, che
cerca di farsi avanti nel partito di governo, è uno dei portavoce
entusiasti di una politica discriminante e ultra-nazionalista.
Arrivino
pure gli atleti del Giro d’Italia e le loro biciclette. Ma sarebbe
utile che transitassero un po’ per le due Gerusalemme della Gerusalemme
unificata. Così da vedere l’orwelliana realtà di un apartheid sfrenato
in continuo peggioramento.
Gli italiani dovrebbero parlare
seriamente con la nostra ministra dello sport e il nostro ministro del
turismo, così da vedere con spaventosa chiarezza gli abissi di
nazionalismo discriminante e sfrenato ai quali si sta arrivando qui.
Posso consolarmi solo immaginando il grande presidente Trump in
bicicletta in testa ai ciclisti del Giro.
Ma chissà se arriverà:
uno dei portavoce della Casa bianca, alla domanda sulla possibile
decisione presidenziale in questi giorni sull’ambasciata Usa, ha detto
che gli sono arrivati molti messaggi, da Abu Mazen, dal re di Giordania:
per avvertire che il trasferimento della sede diplomatica a Gerusalemme
potrebbe danneggiare il processo di pace.Tuttavia, ha aggiunto, il
passo non sarebbe tanto grave perché l’ambasciata avrebbe sede nella
parte occidentale di Gerusalemme.
Attenzione, il caro ministro israeliano della cultura Miri Regev deve tirare le orecchie anche agli Stati uniti.