Corriere 1.12.17
Bonus solo a madri italiane «L’Inps fa discriminazione»
A Bergamo il ricorso di 24 donne, il giudice condanna l’Istituto
La sentenza: «Dare gli 800 euro anche alle mamme straniere»
di Luigi Ferrarella
Milano
L’Inps commette «condotta discriminatoria» se non applica parità di
trattamento tra genitori italiani e genitori stranieri sugli 800 euro
del cosiddetto «bonus mamma domani»: cioè sui soldi che un anno fa la
legge 232 — senza nulla distinguere in tema di nazionalità delle
beneficiate — aveva introdotto a favore di tutte le mamme almeno al
settimo mese di gravidanza tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017, ma
dai quali poi l’Inps con una semplice circolare aveva ritenuto di poter
escludere le mamme straniere prive di permesso di soggiorno di lungo
periodo.
Per la prima volta il Tribunale di Bergamo, sezione
Lavoro, dando ieri ragione a 24 madri provenienti da Egitto, Marocco,
Senegal, Pakistan, Ecuador, Bolivia, India, Burkina Faso, Tunisia,
Albania, Costa d’Avorio, Nigeria, ma residenti da anni in Italia con
figli tutti nati in provincia di Bergamo, ha stabilito che escluderle
dal beneficio degli 800 euro contrasta non soltanto con il testo della
legge italiana, ma anche con la direttiva 2011/98 dell’Unione Europea
che assicura la parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni di
maternità a tutti i migranti titolari di un permesso per famiglia o per
lavoro.
L’Inps è stata perciò condannata dal giudice del Lavoro
Sergio Cassia a «cessare la condotta discriminatoria», a pagare alle
mamme «le somme non corrisposte» (cioè gli 800 euro più interessi), e a
versare loro anche 3.000 euro come forfait per le spese.
Questa
decisione — la prima sull’una tantum da 800 euro del «bonus mamma
domani» — va dunque nel senso già affermato da sentenze di Milano,
Brescia, Biella e Torino nell’invece differente caso di un’altra misura a
sostegno della maternità quale il «bonus bebè», e cioè l’assegno di
natalità introdotto nel 2014 che proprio in questi giorni governo e
Parlamento all’interno della legge di Bilancio stanno rimodulando.
Tanto
che ieri gli avvocati Alberto Guariso e Ilaria Traina (che per
Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, hanno seguito la
causa con la Cgil di Bergamo), auspicano che la sentenza sia
«sollecitazione al governo affinché, nel decidere sulla proroga del
“bonus bebè”, non ignori ancora una volta la necessità sociale e
l’obbligo giuridico di non escludere le famiglie straniere da queste
forme di sostegno», pena il rischio per l’Italia di subire dall’Europa
una procedura di infrazione.
Il nodo della decisione è, infatti,
laddove il Tribunale scrive che l’articolo 12 della direttiva
2011/98/UE, «non recepito nel nostro ordinamento nonostante la scadenza
dei termini, stabilisce che i cittadini di Paesi terzi, ai quali è
consentito lavorare e in possesso di un permesso di soggiorno,
beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato
in cui soggiornano per quanto concerne i settori della sicurezza
sociale, quale appunto il sostegno alla maternità».
E «tale
disposizione ha efficacia diretta nell’ordinamento interno, in quanto
chiara e incondizionata: ne consegue che tutti gli organi dello Stato
hanno l’obbligo di applicarla direttamente e ogni disposizione nazionale
contrastante, gerarchicamente subordinata, deve essere disapplicata».