venerdì 1 dicembre 2017

Il Fatto 1.12.17
Niente eredità (per legge) alle donne, Balfour alle figlie: meglio che cambiate sesso
di Sabrina Provenzani

È il discendente diretto di Arthur Balfour, che cento anni fa, il 2 novembre 1917, da ministro degli Esteri conservatore firmò la lettera a Lord Rotschild con cui il governo esprimeva simpatia per la causa sionista e per la creazione di un “focolare ebraico” sulle spoglie dell’Impero ottomano, gettando così le basi per la nascita dello Stato di Israele nel 1948.
“Pur riconoscendo i grandi risultati ottenuti da Israele, sono certo che Arthur troverebbe ‘inaccettabile’ la condizione attuale dei palestinesi”, ha dichiarato di recente in una intervista all’ Afp Roderick Francis Arthur, banchiere e quinto Lord Balfour.
Ma la campagna che davvero appassiona il baronetto oggi riguarda un’altra divisione: quella dei propri beni. La legge inglese impone che vadano tutti al figlio maschio primogenito. Rod ha quattro figlie femmine, e non accetta che le sue ricchezze passino al fratello minore, Charles George Yule Balfour.
Amara sorte riservata alla nobiltà inglese – la Corona è esentata grazie ad un voto parlamentare – e già toccata alla moglie di Sir Rod, Lady Tessa, figlia del 17° Duca di Norfolk, che ha dovuto rinunciare a titolo e castello. Balfour ha partorito un’idea originale: per aggirare una legge anacronistica e discriminatoria verso le donne, basterà trarre vantaggio dai progressi della società moderna.
Una delle figlie, preferibilmente la maggiore, Willa, che però ha marito e figli, dovrebbe dichiarare di essere in realtà sempre stata un uomo prigioniero di un corpo maschile, acquisendo così i diritti del maschio primogenito. Questo grazie ad alcuni emendamenti alla legge – già proposti con il sostegno di Theresa May – che permetterebbero a uomini e donne di procedere alla transizione verso l’altro sesso legalmente e senza controlli medici.
Uno sforzo inutile: secondo il Gender Recognition Act, una figlia maggiore che cambi sesso non sostituisce l’erede maschio. Un’interpretazione che Balfour e i suoi avvocati considerano una violazione della Convenzione europea e della legge britannica sui Diritti Umani e sono pronti a impugnare.