Repubblica 9.10.17
Da quando è diventato il candidato in pectore della sinistra in molti bussano alla porta del presidente del Senato
Lui
ripete la sua idea di uguaglianza e cita il prete di Barbiana: “Non c’è
nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali”
Tutti in fila da Grasso, ragazzo di sinistra “Giustizia sociale come dice Don Milani”
di Liana Milella
ROMA.
Sulla scrivania di Piero Grasso l’ultimo libro di Gianni Cuperlo. E
quello di Romano Prodi. Sul suo comodino Exit West, il romanzo shock di
Mohsin Hamid, drammatica storia di migrazioni. Sintonie a sinistra
quelle del presidente del Senato che, da quando ha annunciato le
dimissioni dal gruppo parlamentare Pd, si è trasformato in una sorta di
calamita. La rottura, per la nettezza con cui è avvenuta, ha provocato
effetti a cascata, che forse neppure Grasso aveva previsto così
immediati ed espliciti. Il «ragazzo di sinistra», come si è
autodefinito, esercita un’indubbia forza attrattiva. Tant’è che il suo
telefono ha iniziato a squillare di continuo con attestati di
solidarietà e continue richieste di incontri. A palazzo Giustiniani, due
giorni fa, è arrivato Giuliano Pisapia. E ieri ecco prima Cuperlo, con
cui c’è stata grande sintonia sull’analisi della situazione, e poi
assieme Roberto Speranza, Nicola Fratoianni, Pippo Civati, Ciccio
Ferrara, Tommaso Montanari, Anna Falcone.
Nelle mani di Grasso,
ufficialmente, ora c’è il programma comune dei gruppi che per la prima
volta insieme lanciano la sfida della nuova sinistra di cui proprio
Grasso potrebbe essere il leader. Ma il tuttora presidente del Senato
ufficialmente non si sbilancia, ascolta le diverse visioni e vede le
differenti sensibilità sulla situazione attuale e futura. Anche se, già
adesso, risulta lampante la sintonia tra le proposte del documento –
lotta alle disuguaglianze, nuove politiche del lavoro contro la
disoccupazione, azzeramento del Jobs Act, grande piano per gli
investimenti pubblici – e quello che proprio Grasso ha detto a Camogli
il 7 settembre al festival della Comunicazione. Un manifesto politico
che della politica dice: «Come l’acqua, la politica è un bene comune,
riguarda tutti, innerva ogni momento della nostra vita, incide
sull’ambiente e sullo sviluppo, ha bisogno di manutenzione, di essere
difesa, pulita, potabile ». Mentre ironizzava sui “nasoni” di Roma,
condannati ad agosto alla chiusura, Grasso già lanciava strali contro la
politica a colpi di tweet. E il suo era già un manifesto anti-Renzi.
Bocciando «la tentazione dell’uomo solo al comando, del super eroe che
nel breve spazio di un tweet ha pronta la soluzione per problemi
difficili e stratificati».
Se Mdp, Sinistra italiana e Possibile
di Civati parlano di «ricostruire lo Stato e di avvicinare istituzioni e
cittadini» ecco che Grasso a Camogli cita Don Milani e un suo passaggio
assai noto, «non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali
tra disuguali ». «Questa frase rappresenta il cuore della giustizia
sociale » chiosa l’ex pm e ex procuratore nazionale Antimafia, ex
giudice del maxi processo che scrisse le motivazioni della sentenza
contro Cosa nostra, l’amico di Giovanni Falcone che tuttora porta sempre
in tasca l’accendino Dunhill che gli regalò. E dice: «Bisogna
riscoprire il sistema del welfare per mantenere unita la nostra comunità
nazionale e rimuovere gli ostacoli sociali ed economici che limitano
l’uguaglianza dei cittadini». Un Grasso che chiede di «finanziare le
politiche sociali» e di «contrastare l’evasione fiscale che impoverendo i
conti dello Stato influisce sulla qualità e sulla quantità dei servizi
da destinare a ciascun cittadino». La sintonia con chi gli ha fatto
visita in questi giorni sta in quelle sue parole, anche se Grasso non ha
un profilo tipico della sinistra. E non ha neppure una storia di
partiti alle spalle, né di laceranti scissioni, è libero dai rancori che
si rinfacciano gli uni e gli altri. Un atout a suo vantaggio.
La
storia di Grasso è quella di un uomo che ha servito le istituzioni per
tutta la vita, il magistrato antimafia che poi si è spostato in politica
alla ricerca di quella libertà di parola che per i 43 anni di
magistratura aveva dovuto mettere da parte. Ci ha ironizzato su alla
prima cerimonia del ventaglio: «Speravo, entrando in politica, di poter
dire la mia su tutti i temi, ma dopo la campagna elettorale più breve
della storia, adesso da presidente del Senato sono di nuovo in un ruolo
superpartes».
Anche se Grasso non rinuncia affatto a togliersi i
famosi sassolini dalle scarpe. Come quelli contro Renzi. Frecciate
subliminali come questa: «Nella mia vita ho sempre cercato di
apprendere. Ciascuno di noi ha qualcosa da insegnare e moltissimo da
imparare. Diffidate di chi utilizza l’espressione “non accetto lezioni”,
perché è un atteggiamento sbagliato, la radice di tanti errori che
potrebbero essere evitati ». Giusto qualche giorno fa il
costituzionalista Gustavo Zagrebelsky lo ha definito «un buon leader»
per la sinistra. Lui, Grasso, consiglia di «invertire la rotta che ha
portato alla diffidenza verso gli intellettuali». Come non leggerci la
bacchettata a chi, vedi Renzi, proprio dei “professoroni“ come
Zagrebelsky non vedeva l’ora di liberarsi?