giovedì 9 novembre 2017

Repubblica 9.10.17
Da quando è diventato il candidato in pectore della sinistra in molti bussano alla porta del presidente del Senato
Lui ripete la sua idea di uguaglianza e cita il prete di Barbiana: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali”
Tutti in fila da Grasso, ragazzo di sinistra “Giustizia sociale come dice Don Milani”
di Liana Milella

ROMA. Sulla scrivania di Piero Grasso l’ultimo libro di Gianni Cuperlo. E quello di Romano Prodi. Sul suo comodino Exit West, il romanzo shock di Mohsin Hamid, drammatica storia di migrazioni. Sintonie a sinistra quelle del presidente del Senato che, da quando ha annunciato le dimissioni dal gruppo parlamentare Pd, si è trasformato in una sorta di calamita. La rottura, per la nettezza con cui è avvenuta, ha provocato effetti a cascata, che forse neppure Grasso aveva previsto così immediati ed espliciti. Il «ragazzo di sinistra», come si è autodefinito, esercita un’indubbia forza attrattiva. Tant’è che il suo telefono ha iniziato a squillare di continuo con attestati di solidarietà e continue richieste di incontri. A palazzo Giustiniani, due giorni fa, è arrivato Giuliano Pisapia. E ieri ecco prima Cuperlo, con cui c’è stata grande sintonia sull’analisi della situazione, e poi assieme Roberto Speranza, Nicola Fratoianni, Pippo Civati, Ciccio Ferrara, Tommaso Montanari, Anna Falcone.
Nelle mani di Grasso, ufficialmente, ora c’è il programma comune dei gruppi che per la prima volta insieme lanciano la sfida della nuova sinistra di cui proprio Grasso potrebbe essere il leader. Ma il tuttora presidente del Senato ufficialmente non si sbilancia, ascolta le diverse visioni e vede le differenti sensibilità sulla situazione attuale e futura. Anche se, già adesso, risulta lampante la sintonia tra le proposte del documento – lotta alle disuguaglianze, nuove politiche del lavoro contro la disoccupazione, azzeramento del Jobs Act, grande piano per gli investimenti pubblici – e quello che proprio Grasso ha detto a Camogli il 7 settembre al festival della Comunicazione. Un manifesto politico che della politica dice: «Come l’acqua, la politica è un bene comune, riguarda tutti, innerva ogni momento della nostra vita, incide sull’ambiente e sullo sviluppo, ha bisogno di manutenzione, di essere difesa, pulita, potabile ». Mentre ironizzava sui “nasoni” di Roma, condannati ad agosto alla chiusura, Grasso già lanciava strali contro la politica a colpi di tweet. E il suo era già un manifesto anti-Renzi. Bocciando «la tentazione dell’uomo solo al comando, del super eroe che nel breve spazio di un tweet ha pronta la soluzione per problemi difficili e stratificati».
Se Mdp, Sinistra italiana e Possibile di Civati parlano di «ricostruire lo Stato e di avvicinare istituzioni e cittadini» ecco che Grasso a Camogli cita Don Milani e un suo passaggio assai noto, «non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali ». «Questa frase rappresenta il cuore della giustizia sociale » chiosa l’ex pm e ex procuratore nazionale Antimafia, ex giudice del maxi processo che scrisse le motivazioni della sentenza contro Cosa nostra, l’amico di Giovanni Falcone che tuttora porta sempre in tasca l’accendino Dunhill che gli regalò. E dice: «Bisogna riscoprire il sistema del welfare per mantenere unita la nostra comunità nazionale e rimuovere gli ostacoli sociali ed economici che limitano l’uguaglianza dei cittadini». Un Grasso che chiede di «finanziare le politiche sociali» e di «contrastare l’evasione fiscale che impoverendo i conti dello Stato influisce sulla qualità e sulla quantità dei servizi da destinare a ciascun cittadino». La sintonia con chi gli ha fatto visita in questi giorni sta in quelle sue parole, anche se Grasso non ha un profilo tipico della sinistra. E non ha neppure una storia di partiti alle spalle, né di laceranti scissioni, è libero dai rancori che si rinfacciano gli uni e gli altri. Un atout a suo vantaggio.
La storia di Grasso è quella di un uomo che ha servito le istituzioni per tutta la vita, il magistrato antimafia che poi si è spostato in politica alla ricerca di quella libertà di parola che per i 43 anni di magistratura aveva dovuto mettere da parte. Ci ha ironizzato su alla prima cerimonia del ventaglio: «Speravo, entrando in politica, di poter dire la mia su tutti i temi, ma dopo la campagna elettorale più breve della storia, adesso da presidente del Senato sono di nuovo in un ruolo superpartes».
Anche se Grasso non rinuncia affatto a togliersi i famosi sassolini dalle scarpe. Come quelli contro Renzi. Frecciate subliminali come questa: «Nella mia vita ho sempre cercato di apprendere. Ciascuno di noi ha qualcosa da insegnare e moltissimo da imparare. Diffidate di chi utilizza l’espressione “non accetto lezioni”, perché è un atteggiamento sbagliato, la radice di tanti errori che potrebbero essere evitati ». Giusto qualche giorno fa il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky lo ha definito «un buon leader» per la sinistra. Lui, Grasso, consiglia di «invertire la rotta che ha portato alla diffidenza verso gli intellettuali». Come non leggerci la bacchettata a chi, vedi Renzi, proprio dei “professoroni“ come Zagrebelsky non vedeva l’ora di liberarsi?