giovedì 9 novembre 2017

Repubblica 9.11.17
L’attendismo dei “padri nobili” e l’urgenza di una svolta salva-sistema
Senza fare la guerra al leader, chi ha fondato i dem dovrebbe trovare una terza via per rinvigorire quel progetto politico
di Stefano Folli

NELLA LUNGA campagna elettorale di cui il voto a Ostia costituisce una tappa intermedia, peraltro significativa, fa irruzione la violenza. Lo stile è antico, di tipo fascista: bastonate a un giornalista, naso rotto con un colpo da picchiatore, tentativo di distruggere la telecamera. Succede appunto sul litorale romano, dove CasaPound è l’ago della bilancia nella contesa fra M5S e Fratelli d’Italia. Un duello da cui il Pd è escluso, in uno scenario che potrebbe prefigurare quello che accadrà in molti collegi delle prossime elezioni politiche: alleanza di destra contro Cinque Stelle, con il centrosinistra ristretto in un ruolo subordinato, vittima e non beneficiario del “voto utile”.
Tra l’infelice esito siciliano e le note cupe di Ostia, il Pd sta vivendo uno psicodramma fatto di isolamento. Una condizione vissuta nell’ansia di non sapere cosa fare per invertire la tendenza al declino. Il presidente del partito, Orfini, dice che è bene costruire delle coalizioni, ma non a qualunque costo. Il che equivale quasi ad ammettere che il Pd oggi non ha alleati né è in grado di procurarseli. Si avverte uno stato d’animo fatto di nervosismo e di inquietudine, la sensazione di un disastro possibile, forse addirittura inevitabile. Quell’affermazione di Renzi («prenderemo il 40 per cento») sembra un tentativo non troppo riuscito di esorcizzare la paura dell’ignoto. Perché realmente il centrosinistra si trova davanti a prospettive inedite per una forza abituata a considerarsi l’asse del sistema. Oggi non è più così e la campagna elettorale potrebbe sancire giorno dopo giorno, in un percorso tormentato, questa nuova realtà.
A essere isolato è Matteo Renzi, s’intende, e in forme che rasentano lo psicodramma. Ma ormai il destino del segretario è un aspetto del problema più generale che riguarda l’intero Partito Democratico. La storia e persino le cronache recenti in Europa sono piene di esempi che raccontano il collasso inesorabile di forze che hanno perso in poco tempo il consenso e il ruolo pubblico. Viene subito alla mente il partito socialista francese di Hollande, ma anche l’omologo spagnolo. Senza dimenticare la sconfitta della socialdemocrazia tedesca e l’Austria in cui il prossimo governo nascerà dall’accordo fra un centrodestra e una destra propriamente detta.
E in Italia? Si direbbe che tutti siano alla finestra in attesa che si compia il destino di Renzi. Walter Veltroni dichiara di non essere interessato ad assumere responsabilità politiche; Enrico Letta insegna a Parigi; e Romano Prodi, da tanti invocato, è seduto sulla riva del fiume, come spiega Marco Damilano qui sopra. Ognuno aspetta, convinto in cuor suo che la prossima legislatura sarà breve e ingovernabile. Poi si vedrà.
L’attendismo è una tattica normale in politica, spesso foriera di successo. Tuttavia viviamo tempi particolari, per cui c’è da sperare che stavolta non si tratti di un calcolo sbagliato. Nella vecchia Prima Repubblica si poteva attendere che un rivale si cuocesse a fuoco lento: i conflitti politici si svolgevano dentro una cornice salda e i tempi lunghi erano la norma. Oggi il sistema scricchiola e la crisi potrebbe sfuggire di mano. Non è detto che la pera cada dall’albero giusto nelle mani di chi è seduto ad aspettare. Forse i Prodi, i Veltroni, i Letta farebbero meglio a farsi coinvolgere fin d’ora e a interrogarsi sulle sorti di un partito che in varie forme hanno contribuito a fondare e a costruire.
Non si tratta, è ovvio, di muovere guerra al leader. Ma fra il conflitto e il restare ai margini in modo ostentato esiste una terza via. C’è un progetto politico che ha bisogno di essere rinvigorito con l’apporto di tutte le energie disponibili. Certo, Renzi ha fatto di tutto per isolarsi e trasformare il Pd in un partito personale, secondo la celebre immagine di Ilvo Diamanti. E ancor oggi il segretario esita a rinunciare all’illusione di Palazzo Chigi, accettando a denti stretti e in forma ancora ambigua che l’uomo giusto sia Gentiloni. Tuttavia la situazione è talmente grave che nessuno può essere sicuro di salvarsi, e di ricominciare a tessere il filo della politica, se Renzi affonda trascinando con sé il partito.