Repubblica 9.11.17
Roma
Simbolo del femminismo la sede ha 800mila euro di arretrati L’appello: “Salvate 30 anni di storia”
“Pagate i debiti o fuori” ora la sindaca sfratta la Casa delle Donne
di Alessandra Longo
ROMA.
«Vi concediamo un mese di tempo per gli arretrati». Con il linguaggio
caldo che può avere un ufficio del Patrimonio, il Comune di Roma di
fatto decreta lo sfratto della Casa Internazionale delle Donne, da 30
anni un centro di elaborazione politica e culturale del femminismo,
cuore pulsante dell’associazionismo femminile a Trastevere. Un progetto
unico al mondo, ospitato nel palazzo monumentale del Buon Pastore,
restaurato dalle giunte Rutelli-Veltroni, arioso con i suoi laboratori
d’arte, solidale con i suoi centri di assistenza legale, psicologica,
antiviolenza, gioioso con il suo giardino d’estate attorno alla corte
seicentesca, contenitore di spettacoli ed eventi. Tutto per le donne e
con le donne. Impresa certo ambiziosa, e perciò piegata da debiti
difficili da ripianare. Sono 833 mila euro, dice il Campidoglio
attraverso l’assessora Rosalba Castiglione: «Ma è un sollecito, sono
pronta a un incontro».
Già Ignazio Marino aveva cercato un
percorso di regolarizzazione con la Casa delle Donne e altre realtà
convenzionate e in sofferenza. Poi la giunta era caduta e le trattative
sono riprese con i 5Stelle. Sembrava ci fossero degli impegni già presi
in sede istituzionale per non far morire una storia così lunga e
intensa. E invece, poche ore fa, la doccia fredda.
Raccomandata
con avviso di pagamento. O paghi (cosa impossibile nei tempi dati) o, in
sostanza, te ne vai. C’è chi ha notato, e non per ossessione di genere,
che lo «sfratto» alle donne arriva dalla prima sindaca donna della
capitale. Le consigliere del Campidoglio parlano di «umiliazione della
città» e chiedono a Virginia Raggi di manifestarsi: «Intende o no far
qualcosa per salvaguardare un’esperienza che appartiene alla memoria
collettiva delle donne e offre ancora oggi servizi importanti? ».
L’incontro con la sindaca è stato chiesto ma, nel frattempo, è arrivata
quella raccomandata. Lo stesso stile usato per l’inquilino abusivo, il
negozio o l’azienda morosa. «Ma questo è un luogo che profuma di libertà
- dice Monica Cirinnà, che l’ha visto nascere - il luogo delle donne,
della cultura, dell’elaborazione. Il Comune non può trattare la Casa
delle Donne come fa con gli occupanti abusivi. A Trastevere si fa
politica bella, che aiuta le persone. Il debito è sempre stato un
problema. Quando ero presidente della Commissione delle Elette,
all’epoca di Veltroni, già c’era il problema del rosso. Non a caso
avevamo concesso alla Casa delle Donne il canone agevolato per gli spazi
sociali... Questa raccomandata rivela invece un approccio devastante,
per di più a firma di una donna che forse non sa che al Buon Pastore
sono passate generazioni di donne che hanno inseguito e promosso un
sogno collettivo di libertà, di autonomia ».
Come dire: i debiti
vanno pagati, magari a rate e con una trattativa seria. Ma non si può
trattare un luogo di aggregazione ed elaborazione culturale come un covo
di antagonisti. Possibile che non ci siano alternative alla messa in
mora? Possibile, dicono dal Buon Pastore, che non possa essere
riconosciuto il valore sociale dei servizi che offriamo? Già in altre
occasioni la giunta Raggi non sembra aver messo in campo distinzioni di
alcun tipo. Ha mandato sfratti alla scuola di musica popolare di
Testaccio, si è intestardita sull’asilo multiculturale Celio Azzurro, ha
fatto sloggiare da sedi storiche il Pd e la destra.
La direzione
della Casa delle Donne, incassata la botta, si è chiusa a riccio. Oggi
uscirà un comunicato, il 13 novembre ci sarà un’assemblea delle 40
associazioni ospiti della Casa nella quale saranno discusse le
iniziative a difesa del mondo che ruota intorno al Palazzo di
Trastevere. Il 14 novembre Laura Puppato (Pd) è ospite annunciata di un
evento sul disegno di legge che alza le pene a chi sfigura le donne.
Commenta la raccomandata: «Sono dei barbari, non si può agire così».