Repubblica 9.11.17
La storica / Eva Cantarella
“Lo studio degli antichi ci salva dal razzismo”
di Cristina Nadotti
ROMA. «Ha sempre senso fare il classico!» garantisce categorica la storica dell’antichità Eva Cantarella.
Perché, professoressa?
«Rispondo
con una frase di Arnaldo Momigliano: “Là dove la civiltà è minacciata,
la conoscenza delle radici della civiltà è essenziale. Non avere
contezza del passato del mondo è come essere ammalati di Alzheimer, si
perde coscienza di sé, si va a tentoni».
Ma per conoscere la storia è indispensabile imparare la grammatica greca?
«Metto
insieme greco e latino e le dico che sono un dono in più che ci fa il
classico. Inoltre la conoscenza di queste lingue arricchisce il nostro
lessico e aiuta a penetrare nel pensiero degli antichi. Sforzarsi di
capire cosa e come pensavano i nostri antenati è avvicinarsi alla
diversità e in un’epoca come la nostra è un baluardo contro il
razzismo».
Eppure obiezione diffusa per non scegliere il classico è che le lingue morte non servano.
«Perché
la nostra società è permeata dall’idea dell’utilità pecunaria. È lecito
sperare di trovare un lavoro grazie ai propri studi, ma la scuola non
serve soltanto a questo, serve a formare la persona. Cancellare i
classici è un appiattimento sul presente che non aiuta a progettare il
futuro. In più, le dirò che i classici sono un investimento per il
futuro: in tarda età ritornare ai classici dà grandissima gioia e
soddisfazione».
Però spesso ci viene rimproverato di essere ignoranti in ambito scientifico.
«Per
fortuna ora i licei classici curano anche le materie scientifiche. Io
stessa rimpiango di aver imparato male matematica e fisica».