La Stampa 9.11.17
Racket di case popolari, usura e intimidazioni
Il litorale ostaggio dei boss
Così la criminalità controlla la periferia di Roma
di Federico Capurso
A
Ostia la chiamano solo «la Piazza». Le case popolari, fitte, l’una
sull’altra, creano un muro di mattoni rossi che circonda il cuore del
regno del clan Spada, piazzale Lorenzo Gasparri. Le persiane sono quasi
tutte chiuse. Solo qualche spiraglio, a intermittenza, si apre dai piani
più alti che affacciano sul mare di Roma.
Gli Spada sono
cresciuti all’ombra del clan Fasciani, vero mammasantissima del
litorale. E lo hanno fatto in fretta, togliendo spazio all’altro clan,
quello dei Triassi, legato a Cosa Nostra tramite la cosca
Caruana–Cuntera, di Agrigento. Tra Spada e Triassi, adesso, sembrerebbe
sia stato stretto una sorta di patto di non belligeranza, benedetto dai
Fasciani, e che nonostante qualche fibrillazione continua a reggere
grazie agli interessi economici in gioco.
Ma la famiglia Spada non
nasce dal nulla. Dietro di loro c’è l’appoggio dei cugini, i
Casamonica, con cui condivide le origini rom. Il clan dei Casamonica,
considerato uno dei più potenti di Roma, con i suoi oltre mille
affiliati controlla il quadrante Est della Capitale, dalla periferia
fino ai Castelli Romani. E grazie agli Spada, proteggendone la crescita,
ha trovato uno sbocco sul mare e l’affermazione del proprio potere
criminale.
Queste sono due settimane importanti per le famiglie
mafiose di Ostia. Il nervosismo è alto perché il futuro degli affari
dipenderà, in parte, dal risultato elettorale che il prossimo 19
novembre vedrà affrontarsi al ballottaggio le candidate del M5S,
Giuliana Di Pillo, e della coalizione di centrodestra, Monica Picca. Uno
dei punti più importanti, per i progetti del clan Spada, riguarda
proprio il business degli alloggi popolari. Poche settimane fa il
tribunale di Roma ha condannato in primo grado sette esponenti della
famiglia a sette anni di carcere per il reato di estorsione, con
l’aggravante del metodo mafioso, proprio per il racket degli alloggi
popolari. Una gestione – secondo quanto emerge dalla prima sentenza di
condanna - fatta di vere e proprie torture, dai tendini della mano
tagliati lentamente ai pestaggi in piazza. E dalle intercettazioni
emerge persino l’utilizzo, dal forte sapore medioevale, dell’«untore»:
un ragazzo sieropositivo inviato per minacciare con il proprio sangue
infetto chi non volesse piegarsi alle richieste del clan. «Ma qui
nessuno parla mai di mafia», si ripete, a bassa voce, nel quartiere.
È
il lato di ponente del litorale. Ostia Nuova, la chiamano, come se nel
nuovo dovesse nascondersi una speranza. E invece è la periferia della
periferia, dove i ragazzi con le creste o i capelli rasati corrono
veloci, sugli scooter, dalle palestre di boxe ai bar illuminati fino a
notte fonda. Ronde chiassose, con le marmitte bucate e le felpe
sgargianti, simboli di controllo del territorio. E poi c’è l’altro mondo
del clan, quello dei social. Lì, i legami e gli intrecci tra famiglie –
sembra quasi con noncuranza – vengono portati alla luce del sole.
Spada, Casamonica, De Silvio, la vita privata dei componenti più giovani
dei clan è online. Le foto dei salotti con i grandi troni dorati, le tv
al plasma, gli abiti griffati, i video delle feste sfarzose e degli
incontri di boxe, le simpatie vecchie per i Cinque Stelle e quelle nuove
per l’estrema destra di CasaPound.