Repubblica 8.11.17
Sicilia, prove per il Nord
di Ilvo Diamanti
LA
SICILIA non è l’Italia. Storicamente e politicamente, è un contesto
specifico. È difficile leggerlo come riassunto delle tendenze che si
affermano nel Paese. Tuttavia, è difficile non valutare il voto di
domenica in questa prospettiva.
PERCHÉ, in Italia, non esiste un
voto che non abbia riflessi politici “nazionali”. Tanto più se mancano
pochi mesi alle elezioni politiche “nazionali”. Quando tutte le elezioni
diventano passaggi cruciali della campagna elettorale. In particolare
quelle siciliane. Dove 5 anni fa si era affermato Rosario Crocetta,
candidato del Centrosinistra. Davanti a Nello Musumeci, a capo del
Centro-destra. E a Giancarlo Cancelleri, candidato del Movimento 5
Stelle. Il primo importante successo del “partito di Grillo” (per citare
un recente libro del Mulino, curato da Piergiorgio Corbetta) in una
elezione di rilievo nazionale.
Cinque anni dopo, i soggetti
politici concorrenti sono simili, se non gli stessi. Come alcuni dei
principali candidati. Quel che è, sicuramente, cambiato è il risultato.
Ma anche il ruolo — e il peso — dei concorrenti. Il Centrosinistra, in
particolare: ha perso. Nettamente. Mentre ha vinto il Centro-destra,
guidato, come cinque anni prima, da Musumeci. Un leader di “destra”, più
che di Centro. Formatosi nel Msi. Cancelleri, come cinque anni prima,
esce sconfitto. Anche se il M5s è sempre il primo partito in Sicilia. In
particolare, nelle province occidentali. Il vero sconfitto, in Sicilia,
è, dunque, il Centrosinistra, guidato da Fabrizio Micari. Il Pd. Ma
anche Mdp, che non ha aggiunto molto al bacino elettorale di Claudio
Fava. D’altronde Micari e Fava, insieme, non avrebbero raggiunto il 25%.
Ben lontani dalla Destra e dal M5s. L’intesa con Alfano, in questo
caso, non ha portato molti benefici. A conferma di una tendenza non solo
siciliana. Il declino dei progetti e dei soggetti “moderati”. Le
elezioni in Sicilia offrono, al proposito, indicazioni interessanti
sulle prospettive del Centro-Destra. Meglio: della Destra. Vista
l’impronta specifica del nuovo presidente. Micari, invece, ha una
biografia poco politica. E molto universitaria. Anche per questo ha
perduto. Anche per questo, al contrario, ha vinto Musumeci. Dopo il
passaggio a vuoto delle precedenti elezioni. Quando il Centro- destra
aveva perso, per la prima e unica volta, nel corso della Seconda
Repubblica. Perché interpretava la Destra senza il Centro. Vista la
divisione con le liste collegate a Forza Italia. Guidate da Micciché.
Così, il Centrosinistra, guidato da Crocetta si affermò. Grazie alla
presenza, in coalizione, dell’Udc. Determinante (come rammenta il Centro
italiano studi elettorali della Luiss), perché veicolò l’11% dei voti
validi. Sul 30% totale. Nel 2017 il Centrodestra è tornato a marciare
unito, dall’Udc a FI, fino ai Fratelli d’Italia e a Noi con Salvini. E
la sfida tra i due blocchi tradizionali del bipolarismo italiano non ha
avuto storia. Così, Nello Musumeci è divenuto il nuovo presidente della
Regione siciliana, con circa il 40% dei consensi. Oltre il doppio,
rispetto al rivale di Centrosinistra, Fabrizio Micari. Ha superato di 5
punti Giancarlo Cancelleri, candidato del M5s. Grande favorito fino a
qualche tempo fa. Paga i limiti del M5s nelle elezioni amministrative.
Quando entra in gioco il rapporto con il territorio. Con gli interessi e
i sistemi locali. Come in Sicilia, appunto. Dove Musumeci e il
Centro-destra hanno schierato 350 candidati, che hanno attratto, nelle
liste di sostegno, il 42% dei voti.
Ma il M5s è, dichiaratamente,
un Non-Partito. Evita ed esorcizza ogni coalizione. Mentre il Centro-
Destra è riuscito, in questo caso, a formare una coalizione. A
canalizzare voti ed elettori di provenienza diversa. Attorno a una
figura riconosciuta. Dal profilo marcato. In grado di rispondere
all’insoddisfazione sociale ed economica degli elettori. È lecito
sostenere, per questo, come ha fatto il Cise della Luiss, che il voto di
preferenza-scambio ha battuto il voto di opinione e di protesta. Perché
il peso del “voto di protesta” aumenta in rapporto diretto con la
partecipazione elettorale. Mentre quando la partecipazione si riduce,
come in questa occasione, cresce l’importanza delle reti di relazioni
personali e locali. Il peso del “voto di scambio”.
Il voto in
Sicilia, per quanto specifico, offre, comunque, indicazioni
interessanti, per delineare — e immaginare — il futuro del
Centro-destra.
Sottolinea, anzitutto, l’importanza di riuscire a
coalizzare tutto. Quel che sta al di là dei (post)comunisti. Un marchio
che Berlusconi ha usato, con successo, fin dai tempi della sua “discesa
in campo”. Nel 1994. Quando ha mobilitato e aggregato, contro il Nemico,
tutto e tutti. Dai cosiddetti moderati fino alla destra post (e, perché
no?, neo) fascista. Perché divisi si perde. E, comunque, dare
rappresentanza ai ri-sentimenti più estremi è utile. In tempi di disagio
sociale, economico. E democratico. Per affermarsi contro la Sinistra,
più o meno moderata, bisogna rivolgersi anche alle frazioni della Destra
ultrà. Soprattutto nei contesti metropolitani. Come mostrano i
risultati ottenuti da CasaPound nelle elezioni a Ostia. Ostentare un
volto duro serve, inoltre, ad attirare gli elettori impauriti. Dalla
crisi, dagli altri che ci invadono. Dal mondo che ci assedia. Così la
Destra può sfidare la Sinistra, senza mèta e senza identità, descritta
ieri, con efficacia, da Ezio Mauro. Ma può, al tempo stesso, sfidare il
Non-Partito sul suo stesso terreno.
Unico, serio problema: la
leadership. Il Capo. Su base locale, trovare accordi è possibile.
Diverso quando si sale di scala. Fino all’ambito nazionale. Berlusconi:
ha fatto il suo tempo. Un altro come lui: non c’è.
Le elezioni
siciliane, infine, sono utili se proiettate sulle prossime elezioni. Ai
tempi di Rosatellum. Perché, per vincere, nei collegi uninominali, serve
radicamento. Ma anche capacità di coalizione. Come ha dimostrato il
Centrodestra, guidato dalla Destra, in Sicilia. Uno scenario che si può
riprodurre anche a Nord, sulla spinta dei Forza-leghisti.
Mentre a Centro-sinistra, oggi, l’Unità è solo un (bel) ricordo…