Repubblica 6.11.17
Bankitalia e Consob il risparmio tradito
di Massimo Giannini
DAI
lavori della Commissione d’inchiesta sulle crisi bancarie emerge un
quadro sconfortante per il presente delle nostre istituzioni, e
inquietante per il futuro dei nostri risparmi. I partiti spargono veleni
a piene mani, in vista del voto del 2018. E se i “controllati” non
hanno certo esitato a usare i clienti come bancomat, i “controllori” non
hanno affatto brillato per severità e tempestività. Dalle prime
audizioni i responsabili della Vigilanza di Banca d’Italia e Consob
escono malconci.
Troppi buchi nella rete dei controlli. E siamo
solo ai due crac più recenti di Banca Popolare Vicenza e Veneto Banca.
Con i disastri di Montepaschi, Etruria, Marche, Carige, dove arriveremo?
Tra salvataggi pubblici, aumenti di capitale “bruciati”, aiuti
interbancari, depositi in fuga, questa crisi ci è costata 60 miliardi.
Meno dei 250 spesi dalla Germania. Ma pur sempre un salasso che avremmo
potuto evitare. Se non ci siamo riusciti, dipende dalle troppe falle del
sistema. Falle legislative, senz’altro. Ma anche falle operative. Che
chiamano in causa Ignazio Visco appena riconfermato, e Giuseppe Vegas in
scadenza di mandato.
Renzi ha sbagliato a incontrare Casini alla
Regione Toscana, “privatizzando” un organismo pubblico. Ma soprattutto
ha sbagliato i tempi e i modi del suo assalto a Palazzo Koch. Un
banchiere centrale non si sfiducia con una mozione. Meno che mai da
parte di un ex premier che in quasi tre anni ha gestito male la riforma
delle popolari e il decreto sul “bail in”, e ha avuto a disposizione
tutti gli strumenti per inchiodare alle sue responsabilità la Banca
d’Italia (dalla “moral suasion” al Cicr). E il Pd renziano, impegnato in
un goffo inseguimento dei Torquemada pentastellati, sta sbagliando
ancora a trasformare la commissione parlamentare in un tribunale del
popolo.
Ma premesso questo, non si possono non vedere le gravi
incongruenze nell’azione delle due Authority sulle banche venete. Il
capo della Vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, ha ammesso
che gli ispettori già nel 2001 e poi nel 2008 avevano rilevato anomalie
nella sopravvalutazione del prezzo delle azioni di Veneto Banca e
Popolare di Vicenza. Ma in quattordici anni nulla è accaduto. Le due
banche hanno continuato a lanciare aumenti di capitale, e i soci ignari a
sottoscriverli, rimettendoci 11 miliardi. Chi doveva intervenire, e non
l’ha fatto?
Le risposte del direttore generale della Consob
Angelo Apponi sono allarmanti: «Il fatto che Banca d’Italia andasse in
ispezione non significa che ribaltasse le informazioni su di noi. Nel
2013 riceviamo un’indicazione in cui si dice che stanno offrendo azioni.
Un prezzo troppo alto, che potrebbe compromettere il buon esito del
collocamento. Non c’è scritto che il prezzo è fatto secondo procedure
più o meno arbitrarie. Questo lo abbiamo saputo solo andando noi in
ispezione... Non mi risultano comunicazioni... noi non riceviamo i
verbali ispettivi di Bankitalia...». La “traduzione” dell’ex
viceministro Enrico Zanetti è folgorante: «Lei ci sta dicendo che ciò
che Bankitalia sapeva dal 2001 la Consob l’ha scoperto nel 2015, quando i
buoi non solo erano scappati ma erano morti di vecchiaia?».
Meglio
di così non si poteva dire. Ma peggio di come ha fatto Apponi non si
poteva replicare: «Certo che qualcosa non ha funzionato nella
collaborazione tra le due vigilanze. Abbiamo due culture diverse,
Bankitalia difende la riservatezza, noi la trasparenza...». Resta da
chiedersi chi difende i risparmiatori. E anche cosa succederà, quando si
apriranno gli altri dossier. Etruria, per esempio. Avranno davvero
l’impudenza di non convocare Maria Elena Boschi, figlia di papà
Pierluigi ex vicepresidente indagato per bancarotta? Proveranno davvero a
non audire Federico Ghizzoni, contattato — secondo il libro di
Ferruccio de Bortoli — dalla stessa Boschi per far comprare la banca
paterna da Unicredit?
E poi Mps. Sarà convocato Mario Draghi, come
ha annunciato Luigi Di Maio? E da governatore dell’epoca gli sarà
chiesto conto dell’indiscrezione di Bloomberg, secondo la quale
Bankitalia sapeva già dal settembre 2010 che la banca di Siena allora
guidata da Mussari e Vigni trafficava in derivati con Deutsche Bank per
occultare i 370 milioni di perdite dell’affare Santorini? Ed è vero che
aspettò solo il 2012 per sollecitare l’inchiesta della Procura? Anche
questa è “cultura della riservatezza”? O “spirito di sistema”, che anima
sempre i nostri organi di garanzia?
Visco, alla Giornata mondiale
del risparmio, ha fornito un dato che fa riflettere: il tasso di
risparmio delle famiglie italiane è crollato dal 19 all’8,6 per cento.
Forse non è solo colpa della Grande Recessione. «Del nostro operato — ha
poi concluso — non esitiamo a dare conto alle istituzioni e al Paese...
». Nessuno dubita della sua onestà e della sua buona fede, ma è
esattamente questo che ci si aspetta dal governatore. E se è vero che la
politica delinque a trattare la Banca d’Italia come fosse la Rai, è
altrettanto vero che la Banca d’Italia si deve meritare ogni giorno il
prestigio e il rispetto che gli è dovuto. Anatre zoppe, in via Nazionale
o in Consob, sono un lusso che non ci possiamo permettere.