lunedì 6 novembre 2017

Repubblica 6.11.17
Sfinite da abusi e torture la pista della procura sulla traversata calvario
(d. d. p.)

SALERNO. Come la traversata conclusa tragicamente nelle acque del Canale di Sicilia, è dalla Libia che parte l’inchiesta aperta dalla Procura di Salerno per far luce sulla strage delle ragazze annegate nel Mediterraneo. Gli inquirenti diretti dal procuratore Corrado Lembo indagano sulle organizzazioni di trafficanti di esseri umani che gestiscono il racket dell’immigrazione dalle coste del Paese un tempo governato da Gheddafi. I magistrati prendono in considerazione anche l’ipotesi che le 26 giovanissime vittime del naufragio possano aver subito abusi o addirittura torture. Sia prima della partenza per l’Italia, sia durante il viaggio.
Un sospetto fondato non solo sull’esperienza, ma anche sugli elementi già acquisiti in occasione di precedenti sbarchi avvenuti sul territorio salernitano, quando i sopravvissuti hanno riferito delle violenze subite in Libia ad opera dei trafficanti e spesso anche in mare per mano degli scafisti. Se questo è lo scenario, non può non far riflettere il dato di quelle 26 ragazze destinate ad essere sepolte a Salerno. Al momento il fascicolo è aperto contro ignoti per “morte come conseguenza di un altro reato”.
Le prime risposte potrebbero arrivare dalle autopsie. Un pool di otto medici legali, a partire da oggi, esaminerà i corpi per verificare eventuali segni di lesioni o possibili ulteriori elementi in grado di collegare la loro fine, oltre che all’annegamento, anche ad altre cause. Per tutta la giornata di ieri, la dirigente della squadra mobile, Lorena Antonia Cicciotti, ha raccolto le testimonianze dei sopravvissuti sbarcati dalla nave militare spagnola Cantabria. Cinque migranti, libici e nigeriani, sono stati condotti in questura e interrogati, la loro posizione è al vaglio.
Gli investigatori italiani hanno già a disposizione la ricostruzione effettuata a bordo della nave con l’ausilio di un ufficiale di collegamento del nostro Paese. Ma le prime versioni appaiono confuse, complice anche la fatica accumulata durante il viaggio, e il quadro sarà più nitido solo nelle prossime ore. Molti dei sopravvissuti hanno detto di aver perso familiari durante il naufragio, non è chiaro però se a bordo della nave vi fossero anche i congiunti delle ragazze. Chi vorrà, potrà vedere le salme e il loro eventuale riconoscimento potrebbe consentire di chiarire anche questo aspetto della tragedia. Di sicuro, non tutti i cadaveri sono stati restituiti dal mare e il bilancio reale della tragedia è molto probabilmente più pesante.
Sottolinea Matteo Marzano, della onlus L’Abbraccio che anche ieri ha preparato panini e pasti caldi per i migranti sbarcati a Salerno: «Le persone provenienti dall’Africa Subsahariana raccontano storie terribili. I silenzi delle donne, poi, dicono spesso molto più delle parole. La bugia non fa parte della loro cultura. È gente fiera, che affronta viaggi interminabili nella consapevolezza di rischiare la vita». I trafficanti chiedono in media seimila dollari per farli arrivare in Italia. Quando partono, spesso tengono i soldi nascosti nell’elastico degli slip, l’unico posto che ritengono sicuro. Quattromila dollari occorrono solo per raggiungere la Libia dai Paesi d’origine. «Chi si mette in cammino da Mali, Costa d’Avorio, Sierra Leone, può impiegare anche sette mesi prima di arrivare sulle coste libiche — dice Marzano — viaggiano quasi sempre di notte, stipati a bordo di furgoni per evitare di essere individuati dai satelliti-spia». In Libia si ritrovano scaraventati in un girone infernale, che può durare altri mesi. Gli altri duemila dollari occorrono per salire su un barcone e affrontare il mare. Come avevavo fatto quelle 26 ragazze che sognavano l’Italia, e hanno trovato la morte nel Mediterraneo.