lunedì 6 novembre 2017

Repubblica 6.11.17
Dopo Las Vegas è toccato al Texas più Texas che ci sia, dove sette cittadini su dieci possiedono pistole o fucili
La strage di massa nella vita quotidiana l’eterno ritorno dell’incubo americano
Oltre 30 mila uccisi ogni anno da armi da fuoco, eppure nulla riesce a smuovere la politica
di Vittorio Zucconi

IL BLITZ. A POCO più di un mese dal mattatoio umano di Las Vegas, in una piccola chiesa battista del Texas l’America celebra un altro sacrificio umano sull’altare del culto delle armi da fuoco. Dall’Asia, Trump invia inutili «pensieri e preghiere» per le vittime, l’Fbi e lo sceriffo di contea indagano, l’obitorio conta i morti, forse più di venti secondo la polizia citata dal quotidiano locale, il San Antonio Express, e il risultato di questa ennesima strage sarà lo stesso prodotto da Las Vegas, dal massacro dei bambini nella scuola di Sandy Hook nel Connecticut e di centinaia di casi come questi: niente. Assolutamente niente.
Otto sventurati innocenti in bici falciati da un demente uzbeko a Manhattan scatenano, giustamente, reazioni, indignazioni, incubi, misure straordinarie di sicurezza, richieste di deportazione e di blocchi alle frontiere e la fantasia sanguinaria del terrorismo jihadista giustifica prudenza, prevenzione e repressione. Ma la strage periodica, puntuale di altri cittadini colpevoli soltanto di essere andati a un concerto in Nevada o alla funzione domenicale in chiesa provocano una breve increspatura dell’acqua. Nessuno, certamente non i repubblicani legati mani, piedi e soldi alla lobby delle armi da fuoco personali e neppure i Democratici, che temono di alienarsi l’ala più conservatrice del proprio elettorato, osa dire che la principale minaccia alla sicurezza degli americani è già fra di loro. Gli oltre 30 mila uccisi ogni anni da pistole e fucili sono una cifra che il terrorismo di matrice esterna neppure osa sognare.
«Ho incontrato il nemico e il nemico siamo noi», disse il personaggio di un celebre cartoon, Pogo, parafrasando la frase dell’ammiraglio Oliver Perry nella guerra del 1812, e anno dopo anno, legge permissiva dopo legge permissiva, la battuta si dimostra tragicamente realista. Non ci sono più limiti all’acquisizione di armi e di munizione, ora che sono stati tolti anche i divieti ai sofferenti di malattie psichiatriche e le increspature di sdegno si placano nell’indifferenza, nella formidabile propaganda della lobby armata e nella pretesa che la Costituzione garantisca a tutti il diritto di possedere e portare armi. La resa della politica e dell’opinione pubblica è totale, nonostante anche un giudice conservatore come il fu Antonin Scalia avesse avvertito, certificando dalla Corte suprema il diritto ad armarsi, che il governo ha il dovere di regolare commercio e possesso di questi strumenti di morte.
Resiste e si rafforza l’illusione che essere armati sia una garanzia di sicurezza per individui e famiglie e che rappresenti un ostacolo insormontabile a chi volesse imporre regimi dittatoriali. Crescono come mai prima milizie paramilitari, ma la cronaca smentisce crudelmente la finzione della protezione personale a mano armata. In quella chiesa di Sutherland Springs, alle porte di San Antonio, nel Texas piùTexas dove sette adulti su dieci hanno armi, lo stragista è entrato tranquillamente in chiesa, ha potuto sparare a lungo, ha ucciso a volontà e nessuno lo ha potuto fermare come nessuno avrebbe potuto abbattere neppure con un bazooka l’islamista uzbeko “prima” che falciasse i ciclisti. Anche questa volta raccontiamo una storia già vista e che vedremo ancora. Perché il nemico è forte, è implacabile, è armato. Perché il nemico non sono “loro”, siamo noi.