Repubblica 5.11.17
David Rossi
Mps, un misterioso testimone e il giallo sulla morte di Rossi. "Ho sentito anche uno sparo"
David Rossi
Un imprenditore ha raccontato all'avvocato della famiglia del manager scomparso il retroscena di un mancato appuntamento
di Sergio Rizzo
PERCHÉ
l'avvocato Luca Goracci non abbia mai rivelato l'incontro misterioso,
lo spiega egli stesso: "Era la terza o la quarta persona che si
presentava millantando di sapere qualcosa sulla morte di David Rossi,
poi sparita nel nulla. E non avrei mai potuto provare niente". Certo è
che nell'episodio della fine violenta del capo della comunicazione del
Monte dei Paschi di Siena ogni particolare rischia di non essere
insignificante.
La morte, avvenuta mentre infuriava la bufera
giudiziaria sull'acquisizione della banca Antonveneta, la sera del 6
marzo 2013 in circostanze mai chiarite, è stata archiviata due volte
come suicidio. E ora è giunto il momento di raccontare anche questo
episodio, per assurdo che possa apparire. Ecco allora che cosa è
successo nei giorni tra la fine di febbraio e i primi di marzo del 2016
al legale che sta minuziosamente seguendo per la famiglia di Rossi
questa vicenda, ostinandosi a non credere alla versione ufficiale.
"Il
caso di David", rievoca Goracci, "era stato riaperto a novembre 2015. A
febbraio mi telefona un tizio dicendomi che mi deve parlare del caso
Rossi. Non vuole dare il numero di telefono, ma richiama sempre lui.
Dopo un appuntamento mancato ci incontriamo nel mio studio: doveva
essere l'inizio di marzo 2016. Sui quaranta, un metro e ottanta,
distinto.
Dice di essere un imprenditore che lavora nel mantovano.
Dice di conoscere Rossi e di farsi vivo solo ora dopo tre anni passati
all'estero, perché il caso era stato riaperto". Ma quale segreto ha da
rivelare? "Mi dice ", continua Goracci, "di aver fissato un incontro con
David alle ore 18 del 6 marzo 2013, giorno della sua morte. Però di
essere arrivato in ritardo di quasi due ore. Dice perfino di ricordare
che il suo orologio, quando si trova ai Ferri di San Francesco segna
dieci minuti alle otto". In quel momento David è già a terra nel vicolo.
"Il mio interlocutore dice di essere arrivato proprio lì e di aver
visto il corpo di Rossi. Fa per avvicinarsi, ma succede l'imprevedibile:
viene assalito alle spalle da tre o quattro persone. Dopo una breve
lotta si divincola e scappa, mentre sente esplodere un colpo d'arma da
fuoco", ricorda l'avvocato. A questo punto Goracci gli chiede il perché
di quell'appuntamento. "Ed è lì", spiega il legale della famiglia, "che
lui comincia a parlare di conti correnti aperti dalla banca con
l'intervento di alcuni dirigenti per i finanziamenti necessari alla sua
attività imprenditoriale a Brescia e Mantova". A Mantova anche Rossi si
recava spesso, visto che era vicepresidente del Centro Palazzo Te, una
Fondazione culturale comunale. Nel racconto affiorano altri particolari:
"Lì a Mantova, secondo il mio interlocutore, si frequentavano con
cadenze quasi settimanali. E un giorno, forse verso la fine del 2012,
lui si sarebbe recato con Rossi a Roma per incontrarsi con una persona
che avrebbe consegnato loro una valigetta, e poi David si sarebbe fatto
accompagnare all'Ospedale di Siena con quella valigetta". La storia
sembra sempre più sconclusionata. Ma Goracci, dopo l'incontro, ricorda
un curioso particolare riferitogli in un'occasione dal fratello di
David, Ranieri. E verifica quella circostanza: un giorno del 2012 David
si era effettivamente presentato in ospedale, dove il padre era
ricoverato, proprio con una valigetta.
Era il 7 novembre. "La
narrazione prende poi una piega strana, il tizio comincia a parlare di
denaro in nero che veniva dalle fatture di operazioni immobiliari a
Mantova. Pare tutto assurdo. Ci salutiamo a finisce lì. Non l'ho più
visto né sentito. Ma ricordo bene che si era presentato come Antonio
Muto".
Quando si pronuncia quel nome, a Mantova è automatico
associarlo a quello dell'Antonio Muto processato e assolto, tanto in
primo quanto in secondo grado, dall'imputazione di contiguità con le
cosche mafiose che in quella zona controllano affari, politica e
appalti. Oggi ha 55 anni: quando è arrivato da Cutro, nella provincia
calabrese di Crotone, era appena un ragazzo che faceva il muratore.
Adesso, come lo descrive la giornalista della Gazzetta di Mantova
Rossella Canadè nel suo libro inchiesta "Fuoco criminale - La
'ndrangheta nelle terre del Po", è "il costruttore più noto e più
chiacchierato della città". A giugno scorso è finito ancora in manette
con l'accusa di aver distratto fondi dalla sua società impegnata in una
grande iniziativa immobiliare nel centralissimo piazzale Mondadori, poi
fallita, in favore di una seconda società creata per una gigantesca
speculazione nell'area vincolata di Lagocastello. Operazione che a sua
volta ha originato un'inchiesta su presunte pressioni che a dire dei
magistrati sarebbero state esercitate su Consiglio di Stato e ministero
dei Beni culturali per far cadere quel vincolo. E l'11 dicembre il gip
di Roma dovrà decidere se mandare a processo Muto insieme ad alcuni
personaggi di primo piano come l'ex senatore democristiano ed ex
consigliere della Finmeccanica Franco Bonferroni, l'ex presidente della
Commissione Lavori pubblici del Senato Luigi Grillo e l'ex presidente
del Tar Lazio Pasquale De Lise. Ma anche l'ex sindaco forzista di
Mantova Nicola Sodano, architetto di origini crotonesi che gli
inquirenti ritengono cointeressato con Muto nella vicenda Lagocastello.
Domanda d'obbligo: che c'entra la banca senese in una vicenda così
torbida? Nelle carte dell'inchiesta sulla 'ndrangheta c'è un pentito il
quale riferisce ai magistrati di aver appreso da Muto che "a Siena c'era
un altissimo funzionario che sboccava i movimenti, anche se poi voleva
la sua parte". Non è un pentito qualsiasi, ma il commercialista della
cosca. Vero o falso che sia, è un fatto che i soldi per piazzale
Mondadori, 27 milioni e mezzo, siano arrivati proprio dal gruppo Monte
dei Paschi. A Siena Muto, accompagnato da Bonferroni, ha incontrato a
più riprese alcuni dirigenti: una volta pure l'ex amministratore
delegato Fabrizio Viola. Quanto a Rossi, anche lui è effettivamente di
casa a Mantova, dove il Monte ha rilevato molti anni prima la Banca
agricola mantovana. Come detto, David è stato designato nel 2011 alla
vicepresidenza del Centro Palazzo Te in rappresentanza della banca
senese: lo stesso giorno in cui il sindaco Sodano ne è stato nominato
presidente.
Le sorprese, però, non sono finite. Quindici giorni
dopo quella misteriosa visita del sedicente imprenditore mantovano
all'avvocato Goracci, il giornalista Paolo Mondani che sta conducendo
un'inchiesta sui grandi debitori delle banche italiane intervista per
Report su Rai3 proprio Antonio Muto. E ci manca poco che l'avvocato
Goracci, davanti al teleschermo, caschi dalla sedia: "Non era la stessa
persona che avevo incontrato. Decisamente un altro". Qual è allora
l'identità del misterioso visitatore? Forse quella di un omonimo?
"Antonio Muto costruttori edili fra Mantova e Provincia saremmo una
quindicina ", dice l'intervistato a Mondani. Abbiamo controllato. Di
Antonio Muto iscritti al registro delle imprese ce ne sono 44, e di
questi 4 operano in provincia di Mantova: due sono di Cutro, il terzo di
Crotone. Quanti di loro affidati dal Monte dei Paschi?