Repubblica 3.11.17
Intercettazioni
Di Matteo: “Svolta pericolosa per chi indaga e per le difese”
Il
pm anti-mafia: “Ci sono già le condizioni per punire gli abusi, il
provvedimento rischia di far perdere elementi di prova e di favorire
solo chi può permettersi i migliori avvocati”
Per privilegiare il diritto alla riservatezza si indebolisce quello all’informazione
di Liana Milella
UN
imbuto. Molte intercettazioni saranno registrate, ma assai poche, solo
quelle «essenziali e necessarie», finiranno in bottiglia. Cioè nei
provvedimenti dei giudici. Tantissime, probabilmente la maggior parte,
non saranno neppure trascritte. Niente bottiglia, neppure per loro. Con
un’immagine si può sintetizzare così la riforma di Andrea Orlando sulle
intercettazioni. Agognata da vent’anni. Ora realizzata.
La riforma
delle intercettazioni? «Rischia di far perdere importanti elementi di
prova e di compromettere anche il diritto alla difesa». Solo i brani
“essenziali” nelle misure dei giudici? «Una regola inutile, e alla fine
potenzialmente pericolosa». Parla Nino Di Matteo, il pm antimafia per
anni a Palermo e adesso alla procura nazionale Antimafia.
Ha letto il decreto? Che ne pensa?
«Sì,
ho letto il testo che mi ha suscitato alcune perplessità. Si è detto
che la riforma doveva contemperare esigenze di natura diverse. A mio
parere, nel tentativo di privilegiare il diritto alla riservatezza, si
rischia di compromettere valori in gioco altrettanto, se non più
importanti. Mi riferisco non solo al diritto all’informazione, ma ancora
più concretamente alle esigenze investigative da una parte, e alla
concreta e immediata efficacia del diritto di difesa dall’altra».
Un momento, Gentiloni e Orlando assicurano che non sono stati introdotti limiti alla possibilità di intercettare dei pm.
Lei che limiti vede?
«Ritengo
che la riforma possa comportare un depotenziamento investigativo
notevole con la dispersione definitiva di elementi di prova, anche
decisivi. È stata vietata la trascrizione, anche sommaria, delle
conversazioni che nell’immediatezza dell’ascolto appaiono irrilevanti. È
una norma che non tiene in nessun conto un dato di esperienza
assolutamente comune per tutti gli operatori del diritto, la rilevanza
di una conversazione, sia in senso accusatorio che difensivo, può
manifestarsi anche a distanza di molto tempo dalla registrazione ».
Per esempio?
«Potrei
fare decine di esempi noti. Ne faccio uno solo: a Palermo, nel processo
per l’omicidio dell’avvocato Fragalà, ucciso a colpi di bastone dai
suoi aggressori, gli inquirenti a distanza di molti mesi dal delitto,
monitorarono tutte le conversazioni che, in altre indagini e da forze di
polizia diverse, erano state registrate il giorno dell’aggressione. Da
una di queste, apparentemente del tutto irrilevante in quel momento,
venne fuori il riferimento a un soggetto che doveva consegnare a un
altro “un coso di legno”. Quella intercettazione venne considerata
decisiva per individuare gli autori dell’omicidio».
La materia è
tecnica ed è complessa. Il decreto vuole eliminare le registrazioni non
rilevanti ai fini della prova. Ma dà la possibilità di recuperarle in
seguito. Perché è comunque critico?
«Quella intercettazione, con
le nuove regole, non sarebbe mai stata trascritta, neppure per estrema
sintesi, poiché il decreto vieta anche la trascrizione sommaria,
precludendo di fatto l’efficacia di qualsiasi controllo successivo del
pm e con il rischio concreto di dispersione definitiva di una prova
acquisita legittimamente, ma di fatto scomparsa».
Oggi con i
brogliacci della polizia giudiziaria, le trascrizioni sintetiche dei
contenuti delle conversazioni, la ricerca è possibile. Domani come si
farà a trovare un testo come quello che lei ha descritto?
«Diventerebbe
concretamente impossibile perché le nuove norme precisano che la
polizia giudiziaria debba indicare nel verbale delle operazioni soltanto
la data, l’ora e il dispositivo di registrazione, quindi senza nessun
minimo accenno ai contenuti della conversazione».
Da tempo la
politica chiedeva una stretta sulle intercettazioni per via delle
conversazioni finite sui giornali. Gentiloni parla di «abusi». La
riforma impone nei provvedimenti solo conversazioni «necessarie» a fini
di prova.
«Personalmente trovo sbagliato inserire in un testo di
legge un concetto così ovvio che la normale professionalità di ogni
magistrato già garantisce. Temo che l’aggettivo “essenziale” finirà col
creare disorientamento e diversità di interpretazioni, che potrebbero
perfino indurre il giudice, in un’ottica di eccessiva prudenza, a non
inserire parti apparentemente non essenziali, ma concretamente utili a
comprendere il contesto nel quale determinate espressioni vengono
utilizzate».
Ritiene che ci siano stati abusi? Come le telefonate dei politici pubblicate, ma non rilevanti ai fini di prova?
«Non
so se il premier si riferisse ad abusi dei magistrati o dei
giornalisti, ma rimango convinto che, in ogni caso, già le regole in
vigore sarebbero sufficienti a individuare e punire entrambe le
ipotesi».
Orlando dice che la libertà di stampa è intatta, ma il
risultato è che di intercettazioni ce ne saranno di meno. Vantaggio o
svantaggio?
«Non credo che ci saranno meno intercettazioni, ma
temo che lo strumento di indagine venga di fatto depotenziato, che la
polizia giudiziaria che ascolta diventi sostanzialmente il vero dominus
nello stabilire quali conversazioni debbano essere trascritte e quali
“di fatto” nascoste e che venga compresso il sacrosanto diritto di
difesa di indagati e imputati. Penso, ad esempio, alla nuova norma che
stabilisce che il difensore può solo esaminare e non ottenere copia dei
verbali delle conversazioni intercettate. È vero che può chiedere
l’audio, ma già immagino la difficoltà di preparare con urgenza un
ricorso al tribunale del riesame dovendo ascoltare ore e ore di
intercettazione, senza poter usare la copia cartacea della
trascrizione».
Un regalo per gli avvocati ricchi… «… e una
possibile e ulteriore compressione del diritto di difesa per chi non ha
adeguati mezzi economici per difendersi».
I Trojan horse, i software spia, si potranno utilizzare con dei paletti. Sono eccessivi?
«Giudico
molto positivamente l’aver fissato regole per utilizzarli per i reati
di mafia e terrorismo. Personalmente avrei esteso in toto quella
disciplina anche ai reati di corruzione e a quelli più gravi contro la
pubblica amministrazione, senza i distinguo che invece il decreto
prevede».
«Personalmente» dice lei. Ma che farebbe se, come
raccontano le indiscrezioni, dovesse diventare il candidato di M5S per
dirigere il ministero della Giustizia?
«Io non rispondo. Fin qui
ho parlato da tecnico, preoccupato di possibili conseguenze negative
sull’efficacia dello strumento più importante in mano a magistrati e
avvocati per scoprire la verità».