giovedì 30 novembre 2017

Repubblica 30.11.17
Intervista
Lo storico Gentile
“Simbologie prive di senso ma dietro c’è il disprezzo della democrazia”
di Simonetta Fiori

ROMA «Questi fenomeni sono la spia della grave crisi che colpisce la democrazia, in Italia e in tutto l’Occidente», dice Emilio Gentile, uno dei massimi studiosi dei totalitarismi fascista e nazista.
Professore, come interpreta questo rigurgito neofascista?
«Non lo vedo come una novità, piuttosto mi domando perché questa destra estrema abbia successo. Vuol dire che c’è qualcosa nella democrazia che suscita disgusto nelle nuove generazioni.
E questo disprezzo spinge i più giovani verso mitologie nordiche, naziste più che fasciste, che ormai sfuggono completamente a qualsiasi riferimento storico.
Sono simbologie prive di senso, che non hanno niente a che vedere con la storia concreta dei regimi di Mussolini e Hitler».
Perché non la convincono le analogie con il passato?
«Negli anni Venti i fascisti erano reduci di guerra che volevano difendere la patria dalla minaccia della rivoluzione russa internazionalista. Tutto questo oggi io non lo vedo.
A meno che i naziskin non intendano i “non popoli”, ossia gli immigrati, come truppe d’invasione: ma siamo alla farneticazione!».
Ma lo stesso termine, “non popoli”, non evoca il linguaggio violento dei fascismi?
«No, è solo ignoranza.
Il fascismo di Mussolini non ha mai liquidato gli arabi come un “non popolo”: erano considerati guerrieri da incorporare nell’esercito italiano».
Però la radice comune è quella del razzismo, largamente praticato dai colonizzatori italiani in Africa.
«Ma il razzismo ha una radice nella civiltà occidentale dell’Ottocento: il fascismo ha sviluppato nella propria ideologia e nella propria cultura quello che avevano già fatto le democrazie europee e americana. Francamente l’analogia storica non ci porta da nessuna parte».
Dove dobbiamo guardare?
«Alla crescente debolezza dei nostri assetti democratici. Io vado parlando da anni di “democrazia recitativa”, ossia di una finta rappresentazione dove il popolo non decide mai.
Oggi le minacce alla democrazia non arrivano dai naziskin, che sono gruppi minoritari, ma dalle stesse istituzioni democratiche che sembrano incapaci di mostrare una superiorità rispetto a ogni forma di prevaricazione.
Le democrazie si vanno indebolendo perché la gente non ha più fiducia in esse».
Una sfiducia che si può tradurre in indifferenza alla violenza.
«Certo. Si finisce per accettare ogni sorta di malattia infettiva, anche quelle che scatenano aggressività e violenza.
Il dramma è che è venuta meno la passione per la democrazia come forma di convivenza».