giovedì 2 novembre 2017

Repubblica 2.11.17
Da Edipo a Mosè quant’è difficile essere bambini
di Massimo Ammaniti

Le nuove ricerche sull’universo infantile al convegno mondiale che si terrà a Roma
Oggi la mortalità infantile si è enormemente ridotta, perlomeno nei paesi occidentali, anche se permangono grandi differenze fra le varie classi sociali. Ma nonostante il miglioramento delle condizioni infantili sono ancora presenti molte insidie che spesso non vengono neppure alla luce, come ha recentemente denunciato l’associazione Terre des Hommes. Sono più di cinquemila i bambini e i ragazzi, soprattutto bambine, riconosciuti vittime di abusi fisici e sessuali in Italia nel 2016, anche se la maggior parte dei casi non vengono neppure denunciati, coperti dall’omertà familiare. Un’altra piaga è quella dei bambini migranti, su cui ha puntato l’indice papa Francesco, che giungono in Italia senza genitori, costretti a subire ogni forma di violenza che lascerà segni indelebili. Saranno questi alcuni temi che verranno affrontati nel Congresso che si terrà a Roma nel maggio 2018 organizzato dalla World Association for Infant Mental Health (Associazione Mondiale per la Salute Mentale Infantile).
Fin dall’alba dei tempi la nascita e la crescita dei bambini sono state raccontate da miti delle origini e da testi sacri, nei quali bambini predestinati, i messia, venivano al mondo per far trionfare la giustizia e sconfiggere i nemici, come è stato profetizzato dalle religioni cristiana, ebraica e islamica. Ma se i bambini rappresentavano una speranza e un’opportunità di rinnovamento per la comunità sociale, oltre che per la famiglia, costituivano anche un pericolo perché venivano a turbare l’ordine costituito, che per mantenere il potere ricorreva anche alla violenza e all’infanticidio.
È il dramma di Edipo che Sigmund Freud racconta ne L’interpretazione dei sogni, riprendendo l’antica versione di Sofocle: Edipo al momento della nascita fu abbandonato sul Monte Citerone dai genitori Laio e Giocasta che regnavano a Tebe, perché gli oracoli avevano predetto che, una volta divenuto adulto, avrebbe provocato la rovina della famiglia. Questo dramma si sarebbe profondamente sedimentato nella psiche umana, soprattutto a livello inconscio, anche se Freud ha messo in luce maggiormente il conflitto intrapsichico che contrappone Edipo ai suoi genitori, sottacendo invece il crimine dei genitori che abbandonano il figlio condannandolo a morire. Ma questa è una storia che si ripete nei secoli, lo stesso Mosè che poi divenne la guida illuminata del popolo ebraico fu lasciato durante l’infanzia dalla madre in una giuncaia del Nilo per sottrarlo alla persecuzione degli ebrei da parte del faraone. Anche Romolo e Remo ebbero lo stesso destino, furono abbandonati in una cesta nel fiume per ordine dello zio Amulio per cancellare la stirpe materna. Forse per questo motivo la psicoanalista Melanie Klein ipotizzò che ogni neonato possa vivere delle angosce persecutorie, che fanno parte della storia della specie umana.
Indubbiamente la nascita rappresenta il grande evento in cui la vita umana si schiude al mondo, ma già durante la gravidanza inizia a costruirsi la relazionalità umana, come le ricerche degli ultimi anni, che sicuramente verranno presentate al congresso che si terrà a Roma, hanno messo in luce. Una recente ricerca italiana ha studiato con l’ecografia i comportamenti dei feti gemelli in gravidanza, scoprendo che manifestano differenti programmi motori a seconda che tocchino se stessi, la parete uterina o il gemello. La cinematica motoria cambia, quando viene toccato il gemello il movimento diventa più lento e più orientato. Molte altre evidenze fanno pensare a una cognizione motoria già in gravidanza, come prima forma di azione sociale legata al corpo con cui si entra in rapporto con gli altri, come viene ulteriormente confermato dal comportamento del neonato, subito dopo la nascita, che è in grado di imitare le espressioni dell’adulto che interagisce con lui. Naturalmente questo non avviene solo durante l’infanzia, l’intercorporeità — come è stata definita dal neurobiologo Vittorio Gallese — rappresenta un modo fondamentale di interagire e comprendere gli altri, anche quando si diventa adulti.
Ma per tornare alla nascita della relazionalità umana questa non solo si sviluppa al momento della nascita ma già nella vita fetale, e quest’ultima aveva suscitato fin da allora l’interesse di Leonardo da Vinci, che nelle sue famose tavole anatomiche aveva studiato la posizione del feto nell’utero materno, convinto come era che nel bambino fosse già presente l’uomo, “in puero homo”.
IL MAESTRO Sigmund Freud (1856- 1939)