Repubblica 29.11.17
Commercio
Nuova tratta per la Cina
Il treno che apre la (ferro)via della seta
Mortara, partito il primo merci per Chengdu In diciotto giorni porterà mobili e macchinari
di Ettore Livini,
MORTARA ( PAVIA)
Un
serpentone di metallo lungo 420 metri, carico di piastrelle, componenti
auto, mobili e macchinari ha cambiato ieri per sempre i rapporti tra
Italia e Cina accorciando di 17 giorni la distanza (commerciale) tra i
due paesi. Il fischio del capotreno è arrivato puntuale alle 11 al Polo
logistico di Mortara, tra le risaie della Lomellina. La locomotiva E483
ha scaricato i suoi 300 kilonewton di potenza sulle rotaie. Un
centimetro alla volta, con un cigolio di ferraglia, il convoglio numero
80174 — 34 container da 40 piedi, peso mille tonnellate — si è messo in
moto.
Destinazione: Chengdu, Cina.
«Mi sento un po’ Marco Polo» dice Shijiu Bo, presidente di Changjiu, regista dell’operazione. Esagerazione?
Nemmeno
troppo. Il viaggio del treno 80174 — durata 18 giorni, lunghezza 10.800
km — inaugura il servizio merci di linea su rotaia tra Italia e Cina.
Ed
è la prova su binari della rapidità con cui la nuova Via della seta, la
rivoluzione infrastrutturale da 140 miliardi voluta da Xi Jinping, sta
avvicinando Europa e Cina.
«Stasera alle 22.40 saremo a Tarvisio»
promette salutando dal finestrino il macchinista Carlo Morante.
«Partiamo con viaggio alla settimana, presto raddoppieremo a due»,
assicura Aldo Poli, presidente di Fondazione Banca Monte di Lombardia,
primo socio del centro di Mortara. L’obiettivo non è nemmeno troppo
ambizioso: il trasporto merci su rotaia da Pechino al Vecchio continente
è quintuplicato dal 2013 rubando centinaia di tonnellate alle stive
delle navi e ai cargo aerei. «I treni hanno un rapporto costi/benefici
migliore» spiega Gang Chen, di Changjiu Logistics. Spedire un container
da 9,6 tonnellate in jet costa 50mila dollari, su rotaia 8mila, via mare
3mila. Ma il viaggio in nave dura 35 giorni, 17 in più della ferrovia. E
per i prodotti che patiscono l’umidità, come i mobili in legno, il
binario è una scelta (quando c’è) obbligata.
Trovare la linea più
dritta tra Italia e Cina nella ragnatela di collegamenti ferroviari
mondiale non è stato facile: «Abbiamo dovuto dribblare il gelo sui
tratti in quota, le aree ad alta instabilità politica, i passi alpini
con gradienti di salita troppo elevati per carichi così pesanti»,
racconta Cheng. Non tutti i problemi però sono stati risolti: «In
Russia, Bielorussia e Kazakistan la distanza tra le rotaie sale dai
143,5 di Europa e Cina a 153,5 cm», dice Morante.
Risultato: il
viaggio del treno 80174 («velocità di crociera 100 km/h» garantisce
orgoglioso il macchinista) si spezzerà in tre: i container saranno
trasportati dalle gru a un convoglio a passo più largo in Polonia per
tornare su uno “normale” dopo Astana.
A complicare le cose
l’embargo alla Russia e le frizioni sull’asse Mosca-Pechino. «I treni
che partono da Mortara non potranno trasportare prodotti alimentari per
le sanzioni contro Putin», dice Cheng. E Xi Jinping — per cautela — ha
investito altri miliardi nella Baku-Tbilisi-Kars, linea “di scorta” che
taglia fuori la Russia via Azerbagian, Georgia e Turchia con due
traghetti per treni attraverso Mar Caspio e Dardanelli.
La lunga
marcia della nuova Via della Seta — oliata via mare, terra e aria dai
miliardi messi a disposizione dallo Stato — non si ferma del resto
davanti a nulla.
Mortara è la tredicesima destinazione europea su
strada ferrata. Scelta per la posizione strategica all’incrocio tra il
corridoio Genova-Kiev e il Genova-Rotterdam. «Se l’Italia farà squadra
ci sono grandi opportunità di crescita — garantisce il presidente del
polo Andrea Astolfi — anche perché la Cina ha appena ridotto i dazi
doganali». I container porteranno in Oriente farmaci, arredamento, vino,
birra whisky, abiti delle griffe, chimica e componentistica auto. Al
ritorno si riempiranno di iPad usciti dagli stabilimenti Foxconn, pc,
piante, prodotti per la casa, oggetti di cuoio. Un giorno, magari, ci
saranno pure scompartimenti per passeggeri.
«Trasportiamo merci e cultura come i cammelli e i cavalli di Marco Polo» filosofeggia Bo tagliando il nastro tricolore.
Intanto
ha obbligato l’organizzazione ad appiccicare sul muso verde-argento
della E483 una coccarda rossa. «Porta fortuna», dicono gli assistenti.
La
banda suona l’Inno di Mameli. I primi 34 container sono partiti per
Chengdu. E la Cina, vista oggi da Mortara, sembra davvero dietro
l’angolo.