venerdì 24 novembre 2017

Repubblica 24.11.17
La tecnologia
Algoritmi da maestro
“Datemi un tratto e riconoscerò Picasso”
I ricercatori hanno creato un “critico d’arte” con una rete neurale Sa distinguere in un attimo le opere originali dalle imitazioni
di Giuliano Aluffi

ROMA Datemi una sola linea e vi riconoscerò un Picasso» dice Ahmed Elgammal, e ad essere curiosa non è solo l’affermazione ma il fatto che Elgammal non è un critico d’arte. Tutt’altro: è il direttore del laboratorio d’intelligenza artificiale alla Rutgers University, nel New Jersey.
Così, a identificare i grandi artisti da un solo tratto di pennello, matita o carboncino non è Elgammal in prima persona, ma un software da lui sviluppato e che promette di non lasciarsi sviare dai trucchi che fino a oggi l’hanno fatta passare liscia a grandi falsari come Eric Hebborn.
«Da quando ho realizzato la prima versione del programma per riconoscere lo stile dei grandi pittori, due anni fa, mi sono arrivate molte richieste da musei e gallerie per un software che potesse riconoscere i falsi.
Quel software non ne era ancora in grado: un falsario che avesse dipinto un quadro con lo stile di Van Gogh l’avrebbe ingannato» spiega Elgammal.
«Così ho coinvolto nel nuovo progetto Milko Den Leeuw, esperto autenticatore dell’Atelier for Restoration of Paintings dell’Aja. Lui ha suggerito di usare il metodo della pictologia, una sorta di grafologia dell’immagine, ideato negli anni Trenta da Maurits van Dantzig. Per Dantzig i singoli tratti di matita, pennello o carboncino che un pittore lascia sul foglio o sulla tela, la loro lunghezza, i loro angoli sono come una vera e propria firma che contraddistingue l’autore anche quando, nel corso degli anni, cambia stile o soggetti e scene da ritrarre».
Una firma molto difficile da falsificare, perché inconscia, non mediata dalla ragione e legata soprattutto alla naturalezza del gesto: quello che per Picasso è stato un movimento del braccio naturale quanto il respirare, per un falsario che cerca di imitarlo diventa un calvario di continue esitazioni e artifici che lasciano sulla tela tracce troppo piccole per l’occhio umano. Ma non per il software, che ha memorizzato le forme di decine e centinaia di migliaia di tratti per ogni pittore.
«Questo è il motivo per cui la pictologia non ha realmente mai attecchito presso gli esperti. È arduo per l’occhio umano caratterizzare i singoli tratti di un artista: un dipinto può averne migliaia. E poi l’esperto dovrebbe prima aver fatto la stessa minuziosa analisi per centinaia di opere note di ogni pittore: cosa improponibile. Invece per un computer è facile e immediato analizzare queste grandi quantità di dati minuscoli e sfuggenti» spiega Elgammal. «Il nostro software scompone l’opera da valutare in tutti i suoi tratti, e li analizza uno per uno.
Assegnando una probabilità vero/falso a ogni tratto e poi giudicando il disegno nel suo insieme».
La precisione è notevole: gli originali vengono riconosciuti come tali in più dell’80 per cento dei casi, mentre i falsi d’autore – Elgammal ha commissionato la loro realizzazione a quattro artisti – sono stati smascherati nel 100 per cento dei casi.
«Oggi per distinguere tra falsi e originali si usano soprattutto tecniche come l’analisi chimica della superficie del dipinto o della tela, con spettroscopie o datazione tramite gli isotopi» spiega Elgammal. «Ma non sono sistemi a prova di truffatore».
Basta pensare a come il grande falsario Eric Hebborn – che, mai smascherato da altri, per assurgere alla fama dovette autodenunciarsi pubblicando nel 1997 un Manuale del falsario – riuscì a prendersi gioco del mondo. Hebborn usava a suo vantaggio la logica: fingeva di trovare schizzi preparatori delle opere dei grandi maestri.
Disegni che nessuno aveva mai visto, ma che si sapeva per certo fossero stati realizzati: l’esistenza delle opere finali lo provava.
Alla sua straordinaria maestria nel disegno, Hebborn univa sapienza chimica: se voleva realizzare un falso schizzo di Rembrandt, usava come supporto una pagina bianca strappata da un libro del Seicento. E così anche il microscopio era gabbato.
Il software di Elgammal invece – indifferente all’estetica, alla logica e alla chimica ma brutalmente efficiente – non gli avrebbe lasciato scampo.