venerdì 24 novembre 2017

Repubblica 24.11.17
Il biotestamento è una scelta di libertà
di Corrado Augias

Gentile Augias, nel 1981 andai in Canada per partecipare a uno dei primi congressi sulle cure palliative. Mi colpì, visitando una struttura per malati terminali nel Queen Elizabeth Hospital della McGill University di Montreal, il motto all’ingresso: « To care when there is no cure » . Sono un sostenitore dell’italiano, ma dovetti notare quanto i termini “ care” e “ cure” fossero pregnanti nella rispettiva accezione di “ prendersi cura” e “ guarire”. Per entrare nel dibattito ravvivato dalle parole del Santo Padre sulla possibilità e/ o dovere in certe circostanze d’interrompere le cure, mi sembra importante che si chiarisca il significato di “ cura”, che in italiano fa riferimento pure alla possibilità di “ curare per guarire”, inesistente per un malato “ inguaribile”. Da ciò, la necessità di specificare che, in caso di patologie non guaribili, non sono le cure che potrebbero essere sospese, ma eventuali terapie sproporzionate o futili. Così si aderirebbe a uno dei più antichi doveri del medico, che, come viene ricordato dallo storico della medicina Giorgio Cosmacini, « deve saper palliare ove il guarir non ha luogo » .
— Giorgio Di Mola — Milano
Tra dibattere a freddo, cioè con razionalità e in teoria, su quale trattamento sia preferibile per un malato terminale e dover invece fronteggiare in concreto la stessa situazione per una persona cara o per sé, corre un divario quasi incolmabile. Non cambiano solo le misure o la prospettiva, cambia la qualità profonda delle reazioni e dei gesti, dei sentimenti e delle decisioni. Su argomenti di tale delicatezza le leggi devono essere “leggere”, toccare il meno possibile la sostanza, soprattutto evitare di essere ispirate da un’ideologia. Credo che molti ricordino che cosa fu l’orrore della legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Prevedeva una tale serie di divieti da rasentare la disumanità. Era una legge oscurantista, nata nel periodo del berlusconismo trionfante, che per fortuna i tribunali hanno via via smantellato. Conviene riportarla alla memoria davanti all’apparente bonarietà del Berlusconi di oggi, della quale diffido.
Il riferimento alla legge 40 non era una divagazione. La legge detta del testamento biologico in discussione non ripete gli stessi errori. Già approvata dalla Camera, attende da mesi l’approvazione del Senato. Non dà prescrizioni e non impone divieti, concede solo una facoltà della quale qualsiasi maggiorenne può avvalersi se, e solo se, vuole. Si dichiara ora per allora (come dicono gli avvocati) di voler rinunciare ad alcune terapie in caso di malattia inguaribile. Tra le terapie, questo è il punto cruciale, sono comprese nutrizione e idratazione artificiali che alcuni considerano invece non terapia ma sostegno vitale. Migliaia di emendamenti ostacolano la legge. Per lo più sono pretesti, ostacoli strumentali segnati dalla diffidenza nei confronti della facoltà degli individui di decidere sulla propria vita. Compresa la possibilità di cambiare idea e di scegliere nonostante tutto di continuare a vivere. Liberamente però.