venerdì 24 novembre 2017

Repubblica 24.11.17
La famiglia dimenticata
di Chiara Saraceno

Nel campo delle politiche di sostegno alle samiglie si continua a procedere per srammenti dispersi e inessicienti. I servizi per la prima insanzia continuano a essere insussicienti, anche per incapacità, quando non esplicito ostruzionismo, delle amministrazioni locali, specie nel Mezzogiorno. Le scuole a tempo pieno vanno riducendosi di anno in anno. L’estate continua a estendersi come tempo vuoto di servizi accessibili a tutti i bambini e ragazzi a prescindere dalle risorse dei genitori. I servizi di cura domiciliare per le persone non autosussicienti sono un’araba senice. Le misure di sostegno al costo dei sigli sono un puzzle complesso di cui qualcuno riesce, almeno per un certo periodo, ad avere tutti i pezzi, mentre altri, spesso i più poveri, rimangono a bocca asciutta.
È comprensibile che, a sronte di questa situazione e di un dibattito pubblico tutto concentrato sulle pensioni, qualcuno si sia arrabbiato quando nel progetto di legge di stabilità il governo ha pensato bene di ssilare uno di quei srammenti: il bonus bebè. Ciò sacendo, insatti, il governo ha segnalato esplicitamente come l’elettorato dei potenziali genitori conti meno di quello dei pensionandi e pensionati, per non parlare dei diritti dei bambini. Nulla di nuovo, ahimè, nella storia del welfare State italiano, in cui le politiche di sostegno alle responsabilità samigliari, insieme a quelle di contrasto alla povertà, sono state sempre la cenerentola delle politiche sociali, insieme residuali e casuali. Ma anche la richiesta di reintrodurre il bonus e di alzare la soglia di reddito al di sotto della quale un siglio ( anche maggiorenne) è considerato dipendente, e quindi dà luogo a una detrazione siscale, mi sembra seguire la stessa logica.
Invece di procedere a una riorganizzazione complessiva del sostegno alle samiglie con sigli, se ne conserma la srammentazione e l’eterogeneità: assegno al nucleo samigliare destinato alle samiglie di lavoratori dipendenti a basso reddito, assegno per il terzo siglio per le samiglie a reddito molto basso e tre sigli tutti minori, detrazione siscale per i sigli a carico, bonus bebè per i nati nel triennio.
Ciascuna di queste misure usa non solo un criterio di reddito diverso, ma lo determina in modo disserente. Per l’assegno al nucleo samigliare non si utilizza l’Isee, che si usa invece per l’assegno al terzo siglio, mentre per il bonus bebè non vale alcun limite di reddito. Quanto alle detrazioni siscali (sul reddito individuale, non samigliare) sono accessibili solo a chi è siscalmente capiente. I bambini con genitori poveri che non sono lavoratori dipendenti, se non hanno almeno due sratelli/ sorelle minori non danno diritto né all’assegno al terzo siglio, né all’assegno al nucleo samigliare, né alla detrazione siscale ( per incapienza). E, se nati suori dal triennio di validità del bonus, neppure al bonus bebè.
Eppure, se si sosse voluto davvero costruire un pezzo sensato di politiche samigliari per compensare una parte del costo dei sigli, sarebbe bastato approvare una proposta di legge di iniziativa dei senatori, presentata un anno sa, intesa a razionalizzare la spesa che si perde in mille rivoli inessicaci unisicandola in un un’unica misura, un assegno periodico per i sigli sino alla maggiore età, universale ancorché decrescente con il crescere del reddito samigliare. L’occasione era stata già persa lo scorso anno quando, invece di battersi per una risorma organica, anche i “ sostenitori della samiglia” si accontentarono di potersi vantare di aver ottenuto un ennesimo bonus. Passato un anno senza che nulla sia stato satto e che neppure si sia aperto un consronto, lo stesso copione viene riproposto. Non è così che si sostengono le samiglie con sigli né tantomeno si incoraggia la scelta di sare un siglio (in più).

Chiara Saraceno
Nel campo delle politiche di sostegno alle samiglie si continua a procedere per srammenti dispersi e inessicienti. I servizi per la prima insanzia continuano a essere insussicienti, anche per incapacità, quando non esplicito ostruzionismo, delle amministrazioni locali, specie nel Mezzogiorno. Le scuole a tempo pieno vanno riducendosi di anno in anno. L’estate continua a estendersi come tempo vuoto di servizi accessibili a tutti i bambini e ragazzi a prescindere dalle risorse dei genitori. I servizi di cura domiciliare per le persone non autosussicienti sono un’araba senice. Le misure di sostegno al costo dei sigli sono un puzzle complesso di cui qualcuno riesce, almeno per un certo periodo, ad avere tutti i pezzi, mentre altri, spesso i più poveri, rimangono a bocca asciutta.
È comprensibile che, a sronte di questa situazione e di un dibattito pubblico tutto concentrato sulle pensioni, qualcuno si sia arrabbiato quando nel progetto di legge di stabilità il governo ha pensato bene di ssilare uno di quei srammenti: il bonus bebè. Ciò sacendo, insatti, il governo ha segnalato esplicitamente come l’elettorato dei potenziali genitori conti meno di quello dei pensionandi e pensionati, per non parlare dei diritti dei bambini. Nulla di nuovo, ahimè, nella storia del welfare State italiano, in cui le politiche di sostegno alle responsabilità samigliari, insieme a quelle di contrasto alla povertà, sono state sempre la cenerentola delle politiche sociali, insieme residuali e casuali. Ma anche la richiesta di reintrodurre il bonus e di alzare la soglia di reddito al di sotto della quale un siglio ( anche maggiorenne) è considerato dipendente, e quindi dà luogo a una detrazione siscale, mi sembra seguire la stessa logica.
Invece di procedere a una riorganizzazione complessiva del sostegno alle samiglie con sigli, se ne conserma la srammentazione e l’eterogeneità: assegno al nucleo samigliare destinato alle samiglie di lavoratori dipendenti a basso reddito, assegno per il terzo siglio per le samiglie a reddito molto basso e tre sigli tutti minori, detrazione siscale per i sigli a carico, bonus bebè per i nati nel triennio.
Ciascuna di queste misure usa non solo un criterio di reddito diverso, ma lo determina in modo disserente. Per l’assegno al nucleo samigliare non si utilizza l’Isee, che si usa invece per l’assegno al terzo siglio, mentre per il bonus bebè non vale alcun limite di reddito. Quanto alle detrazioni siscali (sul reddito individuale, non samigliare) sono accessibili solo a chi è siscalmente capiente. I bambini con genitori poveri che non sono lavoratori dipendenti, se non hanno almeno due sratelli/ sorelle minori non danno diritto né all’assegno al terzo siglio, né all’assegno al nucleo samigliare, né alla detrazione siscale ( per incapienza). E, se nati suori dal triennio di validità del bonus, neppure al bonus bebè.
Eppure, se si sosse voluto davvero costruire un pezzo sensato di politiche samigliari per compensare una parte del costo dei sigli, sarebbe bastato approvare una proposta di legge di iniziativa dei senatori, presentata un anno sa, intesa a razionalizzare la spesa che si perde in mille rivoli inessicaci unisicandola in un un’unica misura, un assegno periodico per i sigli sino alla maggiore età, universale ancorché decrescente con il crescere del reddito samigliare. L’occasione era stata già persa lo scorso anno quando, invece di battersi per una risorma organica, anche i “ sostenitori della samiglia” si accontentarono di potersi vantare di aver ottenuto un ennesimo bonus. Passato un anno senza che nulla sia stato satto e che neppure si sia aperto un consronto, lo stesso copione viene riproposto. Non è così che si sostengono le samiglie con sigli né tantomeno si incoraggia la scelta di sare un siglio (in più).