Repubblica 24.11.17
Il futuro delle pensioni
Giovani o anziani il dilemma che divide l’Europa
Le scadenze elettorali in tutto il continente impongono scelte su chi salvaguardare
di Marco Ruffolo
ROMA
Aiutiamo i giovani a trovare lavoro. Ma aiutiamo anche gli attuali
pensionati. E diamo una mano a chi, a due passi dalla pensione, vede
slittare la propria uscita dal lavoro di 5 mesi. Lo spettro di
rivendicazioni che la Cgil porterà in piazza il 2 dicembre si è via via
ampliato. E le ragioni dei pensionandi hanno finito per rappresentare il
nodo più delicato. Quello cruciale. Lo stesso è accaduto ai programmi
delle forze politiche a sinistra del Pd, a cominciare da Mdp: nelle loro
proposte, le esigenze dei giovani disoccupati o precari si legano
indistricabilmente a quelle dei pensionandi, in un anelito
rappresentativo che si fa sempre più ampio. Lo stesso Pd, prima di
adeguarsi alla linea di rigore del governo, si era schierato a favore di
un blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile, che nel 2019 salirà a
67 anni.
Giovani e anziani. Si vorrebbero accogliere tutte le
loro rivendicazioni, spesso senza preoccuparsi se smontare la riforma
pensionistica non comporti un costo insopportabile proprio per quei
ragazzi disoccupati, precari e non garantiti che si vorrebbero aiutare.
Eppure era stata proprio la “causa giovanile” a fare nascere, non solo
in Italia, una nuova sinistra, in conflitto con la socialdemocrazia e
con il blairismo, ossia con le correnti meno attente all’universo dei
non garantiti, impigrite nella difesa degli stipendiati e dei
pensionati, spesso succubi del neo-liberismo dominante.
Così sono
nati personaggi come Corbyn in Inghilterra, Mélenchon in Francia,
Sanders in America. Così sono cresciute formazioni come Syriza in Grecia
o come Podemos in Spagna. Uomini e partiti molti diversi tra loro, ma
che avevano e hanno nelle rivendicazioni del mondo giovanile la loro
principale ragion d’essere. Quel mondo, chi più chi meno, hanno saputo
conquistarlo in nome di un nuovo welfare inclusivo. E’ la stessa
battaglia che in Italia vuole combattere la sinistra radicale.
E
tuttavia, man mano che queste formazioni politiche si avvicinano agli
appuntamenti elettorali, o nel momento in cui mettono nero su bianco i
loro programmi, quell’impronta originaria comincia a stemperarsi, lo
spettro della rappresentanza sociale si allarga, e insieme ad essa i
miliardi necessari per accontentare tutti. Ecco allora Corbyn che
promette incentivi ai giovani ma anche adeguamenti delle pensioni, con
un forte aumento della spesa sociale. Ecco la sinistra francese
scagliarsi contro l’aumento dell’imposta sulle pensioni dal 6,6 all’8,3%
deciso da Macron per aiutare le assunzioni di giovani. La stessa Spd di
Schulz in Germania cerca di salvare capre e cavoli proponendo misure a
tutela dei precari ma avvertendo il governo che non tollererà un aumento
dell’età pensionabile.
In Italia sta succedendo qualcosa di
simile. Almeno inizialmente, una delle principali battaglie della
sinistra radicale e della stessa Cgil era quella di dare una pensione
minima di garanzia ai giovani con carriere lavorative piene di buchi.
Ora invece in testa alle loro rivendicazioni c’è la richiesta di
bloccare l’aumento dell’età pensionabile legato alla speranza di vita. E
non ritengono sufficiente la controproposta del governo di limitare il
blocco a 15 categorie di lavori gravosi. Poco importa che Inps e
Ragioneria stimino che senza l’adeguamento dell’età, il sistema
pensionistico dei prossimi decenni andrebbe in rosso per 140 miliardi.
Con questo debito sulla testa, è evidente che neppure un euro potrebbe
essere destinato alle future pensioni dei giovani.
Capire i motivi
di questo interesse a non penalizzare le classi demografiche di età più
avanzata, non è difficile. «Più le nostre società invecchiano –
commenta Massimo Cacciari – più le forze politiche sono attente alle
esigenze dei pensionati o pensionandi.
Intendiamoci, è doveroso
intervenire su pensioni che per tre quarti sono da fame o quasi nel
nostro Paese, e in questo caso non c’è nessun ragionamento strumentale.
Ma per altri versi è anche una questione di voti. I giovani, invece –
continua Cacciari – restano massacrati, e questo è il segno più evidente
della decadenza in cui siamo precipitati. L’unica cosa da fare è una
grande redistribuzione dei redditi. Ma allora le forze della sinistra,
invece di promettere tutto a tutti, ci dicano chi vogliono rappresentare
e contro chi vogliono andare. Non solo con slogan generici ma con
programmi operativi».
Investire sui giovani, dunque.
«Un
investimento che oggi manca – dice l’economista Enrico Giovannini – sul
piano della formazione e dell’educazione. Ecco perché parlare di età
pensionabile da bloccare equivale oggi a discutere di problemi
tutt’altro che centrali. Anche il ragionamento secondo cui un
pensionamento anticipato aprirebbe la strada all’assunzione dei giovani,
è falso. Basta vedere come sono finiti i tentativi di attuare la
staffetta intergenerazionale.
Mettiamoci in testa una cosa: con le
previsioni di bassa crescita per i paesi industrializzati delle
principali organizzazioni internazionali, il sistema che ha regolato la
vita di chi oggi è vicino alla pensione dovrà essere completamente
ripensato».