venerdì 24 novembre 2017

La Stampa 24.11.17
Alta tensione fra Pd e Campo progressista
E Bonino dice no a una lista con Pisapia
Tabacci insiste su Prodi garante della coalizione, Renzi freddo
di Carlo Bertini

Se con Mdp non c’è più partita, per il Pd non è che le cose vadano a perfezione con Pisapia e la Bonino. Anzi. Il termometro dello stato dei rapporti segna «brutto», almeno a sentire i report dei vari incontri di ieri. Campo progressista non si fida di Renzi e fa sapere che sarà in piazza con la Cgil il 2 dicembre per presidiare il terreno della sinistra. Mentre i suoi delegati, Tabacci, Manconi e Ferrara ne cantano quattro a Fassino e Martina sull’atteggiamento del loro segretario.
La riunione comincia male, Ferrara sventola a Fassino il retroscena de La Stampa su Renzi che si lamenta di aver perso sei punti parlando di coalizioni. «Se Renzi non ci crede, come si fa a fare un’alleanza?», si inalbera Tabacci. E quando poi i tre si accorgono che i due diplomatici renziani glissano sul «garante» della coalizione, il clima peggiora e si sfiora l’incidente. Poi ricomposto con le rassicurazioni di Fassino che si tradurranno in un investimento pubblico sulle alleanze che verrà fatto da Renzi domenica alla Leopolda. Anche se il segretario, con i sondaggi che fotografano un Pd al 24% ai minimi storici, non nasconde il fastidio per tutto questo tempo dedicato parlare di alleanze invece che di «cose concrete» che interessano i cittadini.
«Avrei avuto tante ragioni di risentimento personale per non impegnarmi nella ricerca di una alleanza di centro sinistra, ma prima del risentimento personale uno statista guarda al suo Paese», dice dalla Gruber. Pure se ritiene possibile un risultato dal 30 al 40%, si vede che non gradisce questa fase di sforzi profusi per convincere recalcitranti possibili alleati. I quali non gli fanno sconti e non sono disposti a mollare la presa tanto facilmente. Solo per dirne una, la Bonino risponde un «no» secco, quando le si chiede se stia per fare un accordo con Pisapia. Il che significa che non ci sarà un unico rassemblement e che la lista «Più Europa» lanciata ieri dalla leader radicale con Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova dovrà raccogliere le firme per correre da sola: operazione «impossibile» a detta di un’esperta come la Bonino, che confida in un intervento del governo.
Pisapia per parte sua non si presenta all’incontro con Fassino e lascia gestire la partita ai suoi: che chiedono «pari dignità», impegni su Ius soli, fine vita e pensioni e fatti concreti sul superticket in manovra. Ma non solo: Tabacci insiste sulla figura di garante, che vorrebbe fosse Prodi, «deve guidare il percorso delle liste e della campagna elettorale della coalizione» Un ruolo che, al di là del nome del Professore, a Renzi non va giù. «Un preside pronto a bacchettare questo o quello per ogni uscita in campagna elettorale che senso ha?», obiettano i renziani dopo che Delrio aveva avvisato che Renzi non è tipo da farsi commissariare.
Ad accrescere la tensione c’è poi lo Ius soli. La legge sulla cittadinanza alla riunione dei capigruppo di martedì 28, sarà infilata dal Pd nel calendario di dicembre. Malgrado alcuni tra i dem la pensino diversamente, nel quartier generale renziano nutrono molti dubbi che su quella legge vi sia una maggioranza. Il governo dunque potrebbe cadere sulla fiducia. Gentiloni salirebbe al Colle, ma fino al voto finale della manovra il 22 dicembre nel Pd sono convinti che non succederà nulla.
Il governo sarebbe battuto con la legge di bilancio ancora aperta e si dimetterebbe dopo il suo varo. E ciò - è uno dei vantaggi nell’ottica di Renzi - chiuderebbe qualunque ragionamento sul voto posticipato a maggio. E verrebbe rispettato l’impegno assunto con Pisapia e compagni di provare ad approvare lo Ius soli.