Repubblica 21.11.17
La Lega rischia di essere molto più aggressiva
Se Roma resta senza l’ombrello di Angela
di Stefano Folli
LA
NAVE tedesca è entrata in acque inesplorate » ha scritto la
corrispondente di Repubblica, Tonia Mastrobuoni. Immagine che descrive
bene lo scenario senza precedenti in tempi moderni che sta consegnando
la Germania all’incertezza. Un sentiero già percorso da altri: in primo
luogo la Spagna e il Belgio. In Italia — un’Italia sconfitta e
mortificata proprio ieri nella gara per l’Agenzia europea del farmaco —
l’appello al senso di responsabilità lanciato dal presidente Steinmeier
ha evocato subito qualcosa di familiare. In primo luogo colpisce il
ruolo istituzionale assunto dal capo dello Stato tedesco in una
situazione bloccata, come peraltro è del tutto logico. Ma in Italia
siamo abituati al Quirinale come baricentro del sistema, in Germania
invece è un evento davvero inusuale, tanto è preponderante la figura del
Cancelliere. Anche questo, per una volta, avvicina Berlino a Roma.
Ma
c’è di più. Se si trattasse dell’Italia e non della Germania, diremmo
che Steinmeier sta gettando le basi per un “governo del presidente”,
secondo il lessico a cui siamo abituati. Viceversa non si arriverà a
questo punto: il costume è diverso e sotto il profilo costituzionale i
poteri del loro capo dello Stato sono più limitati. Tuttavia è vero che
l’appello alla concordia, se fosse accolto, aprirebbe la strada a una
coalizione di governo fondata su un patto più istituzionale che
politico. Finora le alleanze, compresa la Grande Coalizione Cdu-Csu-Spd,
sono sempre nate sulla base di un accordo molto preciso e quindi molto
politico. Un accordo stilato punto per punto dal candidato Cancelliere e
dagli altri capi partitici. La situazione attuale vedrebbe invece
un’intesa di “salute pubblica” in cui la funzione del Cancelliere
risulterebbe per forza di cose appannata. Anche in questo caso si
avvertirebbe a Berlino un’atmosfera italiana. E non sorprende quindi che
Angela Merkel preferisca senz’altro nuove elezioni.
Quello che
deve preoccupare Roma, in ogni caso, sono i risvolti e le cause della
crisi tedesca. Ha preso forma il fantasma sempre temuto dalla
Cancelliera: la nascita di una forza destabilizzante, anti- sistema
diremmo noi, capace di innescare uno squilibrio del sistema. Quello che
in Italia è il M5S, in Germania — con tutte le differenze del caso — è
il partito dell’Alternativa, euroscettico e nazionalista (“sovranista”
secondo il termine in uso oggi). Le proposte di questa formazione, che
ha ottenuto un risultato elettorale clamoroso, influenzano sia i
conservatori della bavarese Csu sia i liberali che hanno fatto saltare
il banco. I temi del contendere riguardano fra l’altro le politiche per
l’immigrazione e i rapporti con l’Unione: temi per loro natura si
prestano poco ai compromessi.
In Austria una crisi per certi versi
simile ha spinto verso un accordo con l’estrema destra. Se dopo nuove
elezioni accadesse qualcosa di analogo in Germania, le conseguenze
sarebbero significative, in Italia più che altrove. La Banca centrale di
Draghi non avrebbe più i margini di manovra che in questi anni, sia
pure a fatica, sono stati garantiti dal pragmatismo della Merkel. E sul
piano delle politiche nazionali, è facile prevedere che le spinte
anti-tedesche e anti- Unione riprenderebbero il sopravvento. Se al
momento Berlusconi riesce a tenere a bada Salvini dentro la cornice
dell’alleanza di centrodestra, è soprattutto perché fino a ieri era
aperto a Berlino l’ombrello di Angela Merkel. Se dovesse chiudersi, quel
parapioggia, anche la Lega diventerebbe più aggressiva. Sarebbe strano
il contrario, visto che in Germania e in Austria sono le destre a
conquistare terreno. E c’è da credere che i Cinque Stelle non vorrebbero
restare indietro.
Lo scenario peggiore è quello di nuove elezioni
tedesche tali da spingere a destra il paese, cancellando l’impronta di
Angela Merkel, e al tempo stesso di un’Italia che in primavera esce
dalle urne del tutto ingovernabile. Purtroppo non è un’ipotesi così
remota. Forse anche di questo parleranno a Parigi Macron e Renzi.