Repubblica 1.11.17
Ma non è tutto uguale il film delle molestie
di Natalia Aspesi
ANTHONY
Rapp non è la sola vittima del caso Kevin Spacey, ai cui tentativi di
molestie, fanciullo coraggioso, riuscì a sfuggire: diciamo che, dopo 31
anni, anche lo stesso Spacey potrebbe essere cambiato, ravveduto: anche
il carcere lo consente. Ma gli tolgono l’Emmy meritato dal suo lavoro e
sospendono l’ultima serie di
House of Cards per quel tristo
episodio o perché si è dichiarato omosessuale come tutti sapevano (e ha
disinvoltamente abbracciato un brutto giovanotto in una puntata della
serie, senza scandalo)? E non siamo vittime pure noi? Noi che saremo
privati di una ennesima stagione di House of cards? Chi ci ricompenserà?
Pare
che in realtà la decisione sia stata presa prima del brutto casino
perché effettivamente la serie era ormai in affanno: ma certo i seguaci
di Trump, campione etero di sconsiderata aggressività verso le donne,
saranno contenti di legare la fine della fiction alle dichiarazioni del
molestato, per gettare fango sul solito divo purtroppo democratico. Che
ai tempi del disastro aveva 26 anni e non era nessuno, mentre il
quattordicenne Rapp aveva già recitato in teatro e sarebbe poi entrato
nel mondo del cinema ancora minorenne. Oggi a 46 anni, è un attore di
buon livello: da poco più di un mese è il tenente Paul Stamets nella
sesta stagione televisiva di Star Trek: Discovery, e chissà cosa gli ha
fatto ricordare quel brutto antico episodio. Più coraggioso, o meno
riservato di Spacey si è dichiarato da tempo «più queer che gay».
Comincia
però ad esserci qualcosa di inquietante in questa improvvisa valanga
femminile e maschile di denunce di molestie, abusi, assalti, violenze,
stupri: se ne parla come di un unico orrore, mentre non è così:
condannati tutti dalla legge, come è giusto, le molestie sono offesa,
mancanza di rispetto, prevaricazione, disprezzo, da cui mi pare ci si
possa sottrarre: lo stupro è un crimine che viola non solo il corpo ma
il cuore e la personalità, che può distruggere una vita, che è imposto
dalla forza fisica e non da uno scambio sia pure subito di dare e avere.
Una mano sul sedere è un’odiosa villanata, ai miei tempi, noi
sottomesse, si rideva del citrullo. E per esempio delle centinaia di
confessioni e denunce contro uno dei milioni di sporcaccioni di più o
meno potere, il solito Weinstein (ma quando aveva tempo per organizzare
tanti bei film?) si è fatta gran confusione: chi ha subito violenza
contro la propria volontà, chi ha accettato tanto non si sa mai anche
solo il tentativo di una mano sotto le gonne?
Questa confusione,
questo romanzaccio a puntate ambientato anche a Westminster, alla Bbc,
persino nel mondo della moda (il fotografo Terry Richardson è accusato
di mostrare troppo spesso e ovunque le sue pudenda), protagonisti
celebrità di persecutori e di perseguitate, mette in ombra le violenze,
gli stupri perpetrati da uomini qualsiasi su donne o ragazzi qualsiasi,
da sconosciuti, amici, mariti, superiori, ecclesiastici; a punizione di
una libertà vissuta come naturale dalle donne ma ancora difficile da
accettare per alcuni uomini. E nel caso dei bambini? Non so che dire.
È
anche probabile che ci siano maschi che dalla presenza femminile
diffusa si sentano minacciati, non solo nella carriera, ma proprio nella
loro virilità. E per esempio le donne americane rivendicano il loro
diritto a vestirsi come vogliono nel luogo di lavoro: e viene in mente
la deplorevole cancellazione delle donne negli uffici, quando decenni fa
solo loro, naturalmente, dovevano indossare l’asessuato grembiule nero.
Basta vedere su Netflix una serie come Suits che si svolge in un
immenso studio di avvocati, dove le donne avvocate, assistenti,
segretarie, non solo sono bellissime, ma abbigliate con abiti molto
aderenti, scollature, tacchi altissimi da cui si innalzano gambe
meravigliose, lunghi capelli sempre in movimento e un sedere che
ondeggia lentamente: è una fiction e i tanti affascinanti colleghi
troppo presi dal lavoro (circa 14 ore al giorno) neanche se ne
accorgono. Ma nella realtà forse da queste meraviglie, anche cattive e
vincenti, che per legge non solo non si possono sfiorare ma neppure dir
loro che carina, devono sentirsi sfidati, immiseriti, puniti.