Repubblica 1.11.17
Jhumpa Lahiri
La scrittrice Usa di
origini indiane vive fra Roma e Princeton: “Sono sconvolta dal razzismo.
La xenofobia dei giovani mi fa paura”
“Stranieri picchiati e insulti agli ebrei è il nuovo fascismo”
di Francesca Caferri
«SONO
sconvolta. Senza parole. Triste». L’italiano perfetto di Jhumpa Lahiri
cerca mille sfumature per raccontare lo sconcerto che si legge sul suo
volto. La scrittrice americana Premio Pulitzer ha da tempo scelto Roma
come sua seconda casa: anche quando si trova a Princeton, dove insegna,
segue con attenzione quello che accade in Italia.
L’identità,
all’appartenenza a due mondi, la vita di chi arriva da un Paese per
vivere in un altro sono i temi dei libri che l’hanno resa una delle
scrittrici più amate della sua generazione. Anche per questo l’ennesimo
episodio di razzismo e di violenza avvenuto a Roma l’ha toccata tanto: e
anche perché è avvenuto in un luogo molto speciale per lei. Per questo,
mentre il sole tramonta sui colli della città, sente il bisogno
profondo di dire la sua su quello che, da lontano e da vicino, ha visto
accadere in Italia in queste settimane.
Signora Lahiri, perché l’aggressione avvenuta qualche giorno fa a Roma la tocca così tanto?
«Ci
sono molti elementi. Ho scoperto Roma in questa stagione, nel 2003,
quando affittai un appartamento in via Arenula, poco lontano dal luogo
dell’aggressione. Mi innamorai della città in quel luogo e dissi subito a
mio marito che volevo vivere qui: almeno per un po’. Ora lo faccio:
vado in America e torno qui, nella mia casa. Ogni volta sono colpita
dall’affetto di questa città: non solo per me, ma in generale, da quello
che si respira nelle vostre piazze, così diverso da quello che c’è in
America. Ma due giorni fa ero a via Arenula e una giornalista che non
sapeva chi fossi si è avvicinata per chiedermi cosa pensavo di quello
che era accaduto. Non sapevo niente, ero appena arrivata: ma capire mi
ha sconvolta. Sto facendo studiare ai miei studenti a Princeton Primo
Levi. E improvvisamente le sue parole mi sono tornate in mente».
In che modo?
«L’atmosfera
che descrive ne “Il sistema periodico”, il razzismo crescente,
l’intolleranza. Il luogo: un’aggressione razzista a pochi metri dai
palazzi dove tante famiglie ebree vennero deportate. Ho capito: che
questo è l’inizio di qualcosa. Soltanto l’inizio spero, di qualcosa che
dobbiamo arginare. Per questo sento il bisogno di parlare».
L’inizio di cosa?
«Di
un nuovo fascismo. Siamo di fronte a qualcosa di inammissibile:
picchiare qualcuno che sta tornando a casa dopo aver lavorato chissà
quante ore, una persona che vive in modo regolare in questa città, ma ha
la colpa di essere straniero. Questo vuol dire una cosa sola. Io sono
cresciuta negli Stati Uniti: da piccola avevo paura di quello che poteva
accadere a chi aveva la pelle scura come me, come la mia famiglia. Fino
a due giorni fa a Roma sarei tornata a piedi da una cena: forse non
alle tre del mattino, ma di certo a mezzanotte. Ora sono qui e ho paura.
La xenofobia fuori controllo di certi giovani mi fa paura. Il richiamo a
personaggi che hanno precipitato questo Paese nell’orrore mi fa paura.
Anna Frank negli stadi mi fa paura. Vorrei sentire parole più dure dal
mondo della politica, vorrei condanne più chiare».
Parlando di
politica: so che Lei ha seguito da vicino il dibattito sullo Ius soli.
L’appartenere a due mondi, l’identità, lo smarrimento di chi si sente
straniero sono i temi portanti dei suoi libri… «Ha ragione. Quando la
legge è stata bloccata è stato un momento davvero triste per me. Vorrei
che l’Italia capisse che un’Italia mista, aperta, è l’unica soluzione,
l’unica speranza per questo Paese. Sarebbe la sua forza. È tutto
collegato: la violenza, lo Ius soli, dare sempre la colpa allo
straniero. Dove vogliamo arrivare? Togliere gli stranieri dal quadro per
purificare l’Italia: è questa la soluzione? Siamo di fronte a una
costellazione di eventi. È come se qualcuno dicesse: facciamo un altro
giro? Ma davvero quello che è accaduto con il fascismo non è bastato? ».
E quindi?
«E
quindi bisogna intervenire in modo netto. La legge sullo Ius soli è
fondamentale, è disumano non farla passare. L’incapacità della politica
di agire, reagire e gestire di fronte a quello che è accaduto a Roma
lascia senza parole. Per questo ho voluto parlare: dobbiamo dire
qualcosa se vogliamo fermare tutto questo».