il manifesto 1.11.17
Kurz, il rottamatore «neofeschist» della politica austriaca
Intervista.
Il futuro cancelliere «slimfit», che fa accordi con l’ultra destra,
secondo Armin Thurnher, direttore del settimanale «Falter»
di Angela Mayr
VIENNA
Un direttorio di 10 persone guidato da Sebastian Kurz e H.C. Strache,
cinque aree tematiche suddivise in 25 sottogruppi che saranno
fiancheggiati anche da esperti esterni, ecco l’apparato mastodontico che
sta conducendo i negoziati avviati tre giorni fa per un comune
programma di governo tra i «nuovi» popolari (Oevp) e il partito di
ultradestra Fpoe. Dovrebbero concludersi entro natale. Per ora si è
discusso solo dello stato delle finanze. A rischio, secondo
indiscrezioni, le ultime misure in sostegno al mercato del lavoro
approvate dal governo uscente e volute dai socialdemocratici (aiuto alle
assunzioni di over 50enni e di disoccupati). Su un programma più
preciso e concreto è ancora silenzio completo.
Intanto è polemica
accesa su una parola, Neofeschist, con la e, contrazione tra fascista e
fesch, traducibile in italiano sia con «fico» che «fighetto».
Campeggiava sulla prima pagina del settimanale viennese Falter la
settimana scorsa, affiancata alla foto di Sebastian Kurz. Armin
Thurnher, editore e direttore del giornale più critico e anticonformista
del panorama austriaco ha inventato il termine, spiegandolo in un lungo
editoriale dedicato al nuovo enfant prodige della nazione.
Armin-Thurnher
Giornalista
pluripremiato e autore di numerosi libri, tra gli ultimi titoli
Republik ohne Wuerde (Repubblica senza dignità, Zsolnay 2013) e Ach
Oesterreich! Europaeische Lektionen aus der Alpenrepublik (Ahi, Austria!
Lezioni europee dalla repubblica alpina, Zsolnay 2016), abbiamo
incontrato Thurnher al centro di Vienna, nella redazione del suo
giornale.
Parliamo di Neofeschist come ha chiamato Sebastian Kurz.
Parola che non vuol dire neofascista, ma richiama quel concetto. Cosa
ha di fascista Kurz?
Nulla. Ma mostra dei tratti autoritari, che
emergono dalle sue continue affermazioni di voler cambiare tutto, di
essere deciso a fare da guida. Con questo atteggiamento contrasta la sua
non volontà di dire cosa di preciso vuole cambiare. Dà l’impressione di
essere, più che il capo di un partito, il fuehrer di una setta. Durante
la campagna elettorale il suo argomento principale è stato
l’immigrazione. È un motivo classico della destra, che mette gli uni
contro gli altri, gli «autoctoni» contro gli «stranieri». Kurz ha fatto
la stessa cosa anche su scala europea argomentando costantemente contro
la politica di Angela Merkel e facendo intendere un’altra linea più
dura, quella della rinazionalizzazione.
Esisteva già il termine Feschist, che lei ha coniato per Joerg Haider nel 2000. Quali le somiglianze e differenze con Haider ?
Kurz
rinuncia ad allusioni al nazionalsocialismo; proviene dall’ambiente
cattolico. Il suo problema non è – (come lo era per Haider, nda) – dover
prendere le distanze dai vecchi nazionalisti pangermanici, ma il fatto
di dover formare una coalizione con loro. La sua gioventù e il suo
appeal slimfit lo fanno diventare la figura di proiezione ideale per
tutti i desideri di rottamazione del fiacco vecchio sistema. Il tutto
rafforzato dall’estetica stile Riefenstahl dei suoi manifesti e dalle
scenografie dei raduni di massa con i giovani seguaci in divisa t-shirt.
Per
il successore di Haider, H.C. Strache, il termine Neofeschist pare meno
adatto, meglio usare la a? Stavolta tra i deputati della Fpoe c’è un
40% di Burschenschafter (corporazioni studentesche combattenti). Il
governo nero-azzurro II sarà più a destra del modello 2000?
La
Fpoe si può definire un partito fascista. Molti criteri ne
corrispondono. Il nazionalismo, l’orientamento antieuropeo, il
suprematismo tedesco-nazionale, l’invocazione della purezza Voelkisch
(etnica) solo per elencarne alcuni. Sì, il nuovo governo nero-azzurro
sarà decisamente più a destra di quello del 2000, anche perché da allora
la Fpo ha potuto consolidarsi e prepararsi meglio.
Tornando a
Kurz. Lo descrive anche come «puer robustus», il guastafeste
disturbatore dell’ordine sociale. Togliatti usò il termine per il Pci,
riferendosi all’accezione di Rosseau, Lei si riferisce anche a Trump.
Può spiegare meglio il concetto, quali le somiglianze tra Kurz e Trump?
Io
cito il filosofo tedesco Dieter Thoma che indica Trump come variante
egocentrica del disturbatore dell’ordine. Kurz corrisponde invece alla
variante di Rosseau, del puer robustus nomocentrico, quello che rispetta
la legge. Le due varianti hanno in comune il tratto autoritario e di
rottura, Kurz e Trump promettono entrambi la resa dei conti con un
sistema logoro. Suona attraente, se il concetto viene applicato alla
stanca palude della politica istituzionale; in Austria però l’obiettivo
da colpire è lo stato sociale che ha portato al paese, pur con segni di
stanchezza, delle cose infinitamente più buone che cattive.
Solo
10 mesi fa Alexander van der Bellen ha vinto le presidenziali in
Austria, grazie a un’ampia coalizione di centro sinistra. Dov’è andata a
finire? L’idea di un presidente Hofer spaventava, quella di un ministro
degli interni Strache sembra di no.
Van der Bellen ha saputo
mobilitare un movimento di resistenza. La maggioranza non vuole politici
della Fpoe in posizioni di responsabilità. Kurz ha saputo passare sopra
questa cosa affascinando il suo elettorato conservatore con la promessa
di conquistare la maggioranza. Che insieme a lui sarebbe arrivata anche
la coalizione nero-azzurra è stato accettato o rimosso. Tra l’altro, lo
sforzo di far vincere Van der Bellen con le tre tornate elettorali è
costato ai Verdi la loro presenza in parlamento, una cosa per me
vergognosa. Ironia della sorte, non bella, a Van der Bellen toccherà
nominare una squadra di politici della Fpoe.
L’Austria è stata più volte in procinto di alzare muri o mandare panzer al Brennero. Crede che ora si farà sul serio?
La
posizione della Fpoe verso il Sudtirolo è notoriamente problematica. Si
vedrà fino a che punto Austria si allontanerà dall’occidente europeo, o
se erano solo chiacchiere. Che la Fpoe faccia sul serio non è da
escludere, ma se Kurz la segue è tutto da capire. In fondo i suoi
finanziatori sono l’industria e le banche i loro interessi sono in
occidente. L’occidente però attraversa una grave crisi di cui la
vittoria elettorale di Kurz è, non per ultimo, il sintomo.
Kurz e
Strache nei duelli televisivi litigavano su chi era più vicino a Orbán.
Come si può fermare l’orbanizzazione dell’Austria?
Credo che la
società civile austriaca sia molto più forte di quella ungherese.
Orbanizzazione significherebbe un parziale cambiamento della
costituzione, l’abolizione della libertà di stampa eccetera. Un
cambiamento del sistema austriaco avverrà in forma più o meno blanda,
per esempio come attacco alla concertazione sociale o come scalata al
potere della radio-televisione pubblica. Già queste misure dovranno fare
i conti con una certa resistenza, qualunque cosa vada oltre sveglierà
persino la sonnolenta società austriaca. Almeno lo spero.