mercoledì 1 novembre 2017

il manifesto 1.11.17
Kurz, il rottamatore «neofeschist» della politica austriaca
Intervista. Il futuro cancelliere «slimfit», che fa accordi con l’ultra destra, secondo Armin Thurnher, direttore del settimanale «Falter»
di Angela Mayr

VIENNA Un direttorio di 10 persone guidato da Sebastian Kurz e H.C. Strache, cinque aree tematiche suddivise in 25 sottogruppi che saranno fiancheggiati anche da esperti esterni, ecco l’apparato mastodontico che sta conducendo i negoziati avviati tre giorni fa per un comune programma di governo tra i «nuovi» popolari (Oevp) e il partito di ultradestra Fpoe. Dovrebbero concludersi entro natale. Per ora si è discusso solo dello stato delle finanze. A rischio, secondo indiscrezioni, le ultime misure in sostegno al mercato del lavoro approvate dal governo uscente e volute dai socialdemocratici (aiuto alle assunzioni di over 50enni e di disoccupati). Su un programma più preciso e concreto è ancora silenzio completo.
Intanto è polemica accesa su una parola, Neofeschist, con la e, contrazione tra fascista e fesch, traducibile in italiano sia con «fico» che «fighetto». Campeggiava sulla prima pagina del settimanale viennese Falter la settimana scorsa, affiancata alla foto di Sebastian Kurz. Armin Thurnher, editore e direttore del giornale più critico e anticonformista del panorama austriaco ha inventato il termine, spiegandolo in un lungo editoriale dedicato al nuovo enfant prodige della nazione. 
Armin-Thurnher
Giornalista pluripremiato e autore di numerosi libri, tra gli ultimi titoli Republik ohne Wuerde (Repubblica senza dignità, Zsolnay 2013) e Ach Oesterreich! Europaeische Lektionen aus der Alpenrepublik (Ahi, Austria! Lezioni europee dalla repubblica alpina, Zsolnay 2016), abbiamo incontrato Thurnher al centro di Vienna, nella redazione del suo giornale.
Parliamo di Neofeschist come ha chiamato Sebastian Kurz. Parola che non vuol dire neofascista, ma richiama quel concetto. Cosa ha di fascista Kurz?
Nulla. Ma mostra dei tratti autoritari, che emergono dalle sue continue affermazioni di voler cambiare tutto, di essere deciso a fare da guida. Con questo atteggiamento contrasta la sua non volontà di dire cosa di preciso vuole cambiare. Dà l’impressione di essere, più che il capo di un partito, il fuehrer di una setta. Durante la campagna elettorale il suo argomento principale è stato l’immigrazione. È un motivo classico della destra, che mette gli uni contro gli altri, gli «autoctoni» contro gli «stranieri». Kurz ha fatto la stessa cosa anche su scala europea argomentando costantemente contro la politica di Angela Merkel e facendo intendere un’altra linea più dura, quella della rinazionalizzazione.
Esisteva già il termine Feschist, che lei ha coniato per Joerg Haider nel 2000. Quali le somiglianze e differenze con Haider ?
Kurz rinuncia ad allusioni al nazionalsocialismo; proviene dall’ambiente cattolico. Il suo problema non è – (come lo era per Haider, nda) – dover prendere le distanze dai vecchi nazionalisti pangermanici, ma il fatto di dover formare una coalizione con loro. La sua gioventù e il suo appeal slimfit lo fanno diventare la figura di proiezione ideale per tutti i desideri di rottamazione del fiacco vecchio sistema. Il tutto rafforzato dall’estetica stile Riefenstahl dei suoi manifesti e dalle scenografie dei raduni di massa con i giovani seguaci in divisa t-shirt.
Per il successore di Haider, H.C. Strache, il termine Neofeschist pare meno adatto, meglio usare la a? Stavolta tra i deputati della Fpoe c’è un 40% di Burschenschafter (corporazioni studentesche combattenti). Il governo nero-azzurro II sarà più a destra del modello 2000?
La Fpoe si può definire un partito fascista. Molti criteri ne corrispondono. Il nazionalismo, l’orientamento antieuropeo, il suprematismo tedesco-nazionale, l’invocazione della purezza Voelkisch (etnica) solo per elencarne alcuni. Sì, il nuovo governo nero-azzurro sarà decisamente più a destra di quello del 2000, anche perché da allora la Fpo ha potuto consolidarsi e prepararsi meglio.
Tornando a Kurz. Lo descrive anche come «puer robustus», il guastafeste disturbatore dell’ordine sociale. Togliatti usò il termine per il Pci, riferendosi all’accezione di Rosseau, Lei si riferisce anche a Trump. Può spiegare meglio il concetto, quali le somiglianze tra Kurz e Trump?
Io cito il filosofo tedesco Dieter Thoma che indica Trump come variante egocentrica del disturbatore dell’ordine. Kurz corrisponde invece alla variante di Rosseau, del puer robustus nomocentrico, quello che rispetta la legge. Le due varianti hanno in comune il tratto autoritario e di rottura, Kurz e Trump promettono entrambi la resa dei conti con un sistema logoro. Suona attraente, se il concetto viene applicato alla stanca palude della politica istituzionale; in Austria però l’obiettivo da colpire è lo stato sociale che ha portato al paese, pur con segni di stanchezza, delle cose infinitamente più buone che cattive.
Solo 10 mesi fa Alexander van der Bellen ha vinto le presidenziali in Austria, grazie a un’ampia coalizione di centro sinistra. Dov’è andata a finire? L’idea di un presidente Hofer spaventava, quella di un ministro degli interni Strache sembra di no.
Van der Bellen ha saputo mobilitare un movimento di resistenza. La maggioranza non vuole politici della Fpoe in posizioni di responsabilità. Kurz ha saputo passare sopra questa cosa affascinando il suo elettorato conservatore con la promessa di conquistare la maggioranza. Che insieme a lui sarebbe arrivata anche la coalizione nero-azzurra è stato accettato o rimosso. Tra l’altro, lo sforzo di far vincere Van der Bellen con le tre tornate elettorali è costato ai Verdi la loro presenza in parlamento, una cosa per me vergognosa. Ironia della sorte, non bella, a Van der Bellen toccherà nominare una squadra di politici della Fpoe.
L’Austria è stata più volte in procinto di alzare muri o mandare panzer al Brennero. Crede che ora si farà sul serio?
La posizione della Fpoe verso il Sudtirolo è notoriamente problematica. Si vedrà fino a che punto Austria si allontanerà dall’occidente europeo, o se erano solo chiacchiere. Che la Fpoe faccia sul serio non è da escludere, ma se Kurz la segue è tutto da capire. In fondo i suoi finanziatori sono l’industria e le banche i loro interessi sono in occidente. L’occidente però attraversa una grave crisi di cui la vittoria elettorale di Kurz è, non per ultimo, il sintomo.
Kurz e Strache nei duelli televisivi litigavano su chi era più vicino a Orbán. Come si può fermare l’orbanizzazione dell’Austria?
Credo che la società civile austriaca sia molto più forte di quella ungherese. Orbanizzazione significherebbe un parziale cambiamento della costituzione, l’abolizione della libertà di stampa eccetera. Un cambiamento del sistema austriaco avverrà in forma più o meno blanda, per esempio come attacco alla concertazione sociale o come scalata al potere della radio-televisione pubblica. Già queste misure dovranno fare i conti con una certa resistenza, qualunque cosa vada oltre sveglierà persino la sonnolenta società austriaca. Almeno lo spero.