Repubblica 19.11.17
Un partito democratico e aperto per fermare i populismi
di Eugenio Scalfari
IL
SOCIALISMO democratico è in decadenza in tutta Europa e in tutto il
mondo occidentale, compresi l’Inghilterra, gli Stati Uniti e le due
Americhe del Centro e del Sud. Resta da capire il perché, ma occorre
anche comprendere che cos’è la democrazia socialista.
Quando
trionfò in quasi tutto il mondo il comunismo bolscevico, il socialismo
di fatto aveva cessato di esistere. Quel poco che ancora sopravviveva
era una sorta di piccola appendice del comunismo bolscevico. Parlando
della situazione italiana fu tipico, da questo punto di vista, il
partito d’Azione con il suo slogan “Giustizia e Libertà”.
La
decadenza attuale ha varie cause. La più importante è quella che
identifica i liberali con il capitalismo, che usa la libertà ma assai
poco la giustizia.
Una motivazione altrettanto importante è
l’ondata di immigrazione che proviene soprattutto dall’Africa e ha
l’Europa come principale meta da raggiungere.
La terza infine è la
pessima distribuzione della ricchezza e per conseguenza l’aumento della
diseguaglianza economica e sociale. Quest’ultima in teoria dovrebbe
favorire la crescita nei ceti più deboli ma ha invece generato un
fenomeno relativamente nuovo cui gli studiosi di scienze sociali hanno
dato il nome di populismo: il popolo è una massa che si ribella a tutto
ma al tempo stesso ha bisogno di un capo che la guidi.
QUINDI la
situazione è un’anarchia con tendenze dittatoriali che rischiano in
tempo breve di trasformarsi in una vera e propria dittatura.
Anche
le dittature possono avere forme diverse l’una dall’altra. Nell’America
del Sud e in particolare in Argentina ci fu la dittatura peronista:
Peron le dette un ampio impulso a sfondo sociale e dopo la sua morte la
vedova lo portò avanti con ancora maggior vigore.
Nel Centro
America trionfò dopo lunghe battaglie la dittatura comunista di Fidel
Castro a Cuba e il castrismo, declinato in varie forme e movimenti,
oltre che a Cuba si diffuse in gran parte dell’America del Sud,
dall’Uruguay al Cile al Venezuela e alla Colombia. Questo è il quadro
generale del populismo.
Se vogliamo approfondire la situazione
italiana, anche da noi nacque il populismo che risale al fascismo di
Benito Mussolini. All’inizio della sua carriera politica era un
socialista rivoluzionario, poi divenne guerrafondaio e incitò dal suo
giornale Il Popolo d’Italia all’intervento italiano nella prima guerra
mondiale dove avemmo come nemici tradizionali l’Austria e la Germania.
Alla fine di quella guerra, gli ex combattenti che erano centinaia di
migliaia fondarono un’associazione per rivendicare un particolare
riguardo economico: molti avevano subito profonde ferite la cui
guarigione era stata tuttavia parziale. Il sostegno economico doveva
essere rivolto ai mutilati in particolare e a tutti gli ex combattenti
in generale. Mussolini si appoggiò molto agli ex combattenti e spronò il
popolo a sostenerli e ad aderire al fascismo che per l’appunto aveva
fatto di loro la sua base principale. I Fasci, fondati nel 1919, erano
decisamente anticomunisti e proprio per questa ragione furono anche
finanziati dal capitalismo delle grandi imprese a cominciare dalla Fiat e
non soltanto: anche dalle associazioni degli Agrari particolarmente
forti nell’Italia adriatica. Mussolini metteva soprattutto in rilievo
gli interessi dei reduci e dei Fasci di combattimento, che volevano la
Repubblica. Si allearono invece con i nazionalisti che misero come
condizione il mantenimento della monarchia. Tutto ciò venne fuori al
congresso a Napoli del Partito fascista nel 1922. È inutile ricordare
cosa avvenne dopo: la marcia su Roma, la conquista dell’Etiopia e
dell’Albania, il Re imperatore e Mussolini il Duce.
La domanda da
farsi è: come mai quando cadde il fascismo tutti gli italiani si
proclamarono antifascisti? Era il populismo che aveva sostenuto prima il
fascismo e poi quando cadde in massa lo sconfessò.
E adesso siamo
ancora populisti? E come e con chi? *** L’Italia d’oggi è affetta da un
populismo dilagante ma di nature profondamente differenti. C’è un
populismo motivato dall’immigrazione che ispira soprattutto la Lega di
Salvini. Il populismo di Berlusconi riflette invece il fascino con il
quale lui ha incantato una notevole quantità di persone. In che modo? La
politica di Berlusconi somiglia molto al gioco delle tre carte che
attrae e raduna molta gente; il capo del banco a volte fa vincere
qualcuno della folla che si addensa attorno al suo tavolo ma il vero
risultato è che intasca tutto lui. Non parlo qui di denaro, parlo di
seguito elettorale. Lui è un attore e autore contemporaneamente, non ama
la dittatura: ama vincere come tutti i giocatori.
I grillini (non
sopportano di venire chiamati così ma questo è il nome con cui sono
nati e tale rimane) sono i populisti per eccellenza: raccolgono gran
parte di quelli che odiano non solo i politici ma la politica, non fanno
alleanze con nessuno, i loro obiettivi sono la distruzione di tutti gli
altri partiti o quanto meno la loro sonora sconfitta elettorale. Se
andranno al governo dopo aver realizzato l’obiettivo numero uno, che è
appunto la messa in mora della forma partito, decideranno (lo dicono sin
d’ora) di corrispondere un aiuto economico a tutti i cittadini dei ceti
popolari più bassi e medio-bassi imponendo un’imposta patrimoniale sui
ceti molto ricchi, con la quale finanziare l’aiuto agli altri.
Ci
sono poi coloro che si astengono dal voto. L’astensione definita
naturale è quella che riguarda le persone anziane o indisposte o quelle
già maggiorenni ma ancora troppo giovani per essere interessate alla
politica. In termini numerici l’astensione naturale è valutata al 20 per
cento del corpo elettorale ma noi siamo al 40-45 per cento il che
significa che il 20-25 per cento è un’astensione a sfondo populista:
cittadini che forse militavano in un partito che poi li ha delusi. Non
avendo un altro partito che li attraesse si sono rifugiati
nell’astensione o nel grillismo. I due flussi si equivalgono come
intendimento, solo che gli astenuti furono delusi da un partito che
amavano e la storia del costume ci insegna che chi è deluso da un amore
assai difficilmente ci ritorna. E Renzi? *** Il Pd non è populista,
qualche passo sulla buona strada l’ha effettuato: Renzi ha escluso ogni
abiura del suo passato di leader, ma nel futuro che comincia da subito e
diventa quindi anche presente è disposto ed anzi desideroso di aprire
il Partito ai dissidenti usciti dal partito. È desideroso che rientrino
ed ha proposto che, una volta rientrati, si apra con loro una
discussione sui temi di maggiore attualità sociale ed economica ed essi,
anche se relativamente pochi di numero, avranno un peso particolare
nelle decisioni da prendere. Carta bianca da scrivere insieme: questa è
la proposta. Ed ha incaricato Piero Fassino — uomo di particolare
impegno e autorevolezza — di consultare uno per uno i dissidenti che
hanno a loro volta formato piccoli gruppi politici avversari del Pd, nel
quale avevano lungamente militato ma che con il suo arrivo, a loro
avviso, era diventato politicamente invivibile.
Fassino ha
cominciato con l’incontrare i presidenti delle due Camere e Grasso in
particolare, il quale sta per essere eletto Capo dei dissidenti. Poi
Fassino ha proseguito nel suo giro e ormai ha incontrato quasi tutti ma i
soli che hanno in qualche modo aperto alla discussione sono Pisapia ed i
suoi seguaci. Almeno per ora c’è una chiusura netta da parte di tutti
gli altri. Pisapia a sua volta ha posto una condizione che, almeno a
quanto abbiamo capito, consiste nella creazione da parte del Pd di una
nuova carica il cui nome potrebbe essere quello di moderatore, o almeno
qualche cosa di simile. Il compito del moderatore sarebbe quello di
presiedere le discussioni tra Renzi da un lato e gli ex dissidenti
rientrati nel partito dall’altro. Il moderatore sarebbe dunque una
figura di notevole importanza, necessaria secondo Pisapia per guidare la
discussione, nella quale Renzi è una parte in causa e che quindi non
può presiedere. Sono stati anche formulati i nomi dei possibili
moderatori: Veltroni, Prodi, o addirittura Gentiloni con l’autorità che
gli deriva dall’essere presidente del Consiglio di un governo in gran
parte formato con ministri provenienti dal Pd. Resta da vedere se Renzi
accetterà. La proposta di Pisapia, a nostro avviso, è decisamente
accettabile e non intacca affatto la carica di segretario del partito
cui Renzi fu eletto con le Primarie.
Debbo fare un’ultima
osservazione che ritorna su quanto già scrissi domenica scorsa. Riguarda
la permanenza dei presidenti del Senato e della Camera indicati anche
come i nuovi leader dei gruppi della sinistra dissidente.
Il
parere che ho espresso domenica scorsa è che le due cariche parlamentari
sono incompatibili con la guida di movimenti politici molto combattivi
nei confronti del partito di provenienza.
Questo mio parere è
stato in parte preso in considerazione da Luciano Violante, il quale è
un costituzionalista e un politico di grande esperienza. In
un’intervista su Repubblica Violante ha detto che se quanto sta
avvenendo si fosse verificato a metà legislatura, Grasso e Boldrini
avrebbero certamente dovuto dimettersi, ma poiché è avvenuto a
legislatura pressoché terminata, la loro posizione è accettabile.
Mi
fa piacere che Violante abbia previsto la necessità di dimissioni se ci
trovassimo a metà legislatura, ma a differenza di quello che lui
sostiene, il finale legislatura avverrà tra sei mesi e forse anche tra
sette, e le dimissioni sono ancora più necessarie. Gli ultimi sei mesi
saranno di piena campagna elettorale e quindi l’incompatibilità tra le
due cariche diventerà ancora maggiore. Mi auguro che queste dimissioni
ci siano, in realtà avrebbero dovuto già averle date. Se le daranno
avranno le felicitazioni di molte e molte persone alle quali mi
permetterò di aggiungere anche le mie.