Repubblica 18.11.17
A Padova si inaugura oggi una mostra sul
padre del metodo sperimentale: l’inventore, il letterato ma anche l’uomo
che ha cambiato la visione dell’universo
L’altro Galileo, scienza e arte
Dipinti,
video, oggetti e disegni in un viaggio lungo sette secoli Dopo di lui
il cielo non fu più lo stesso, passammo dagli astrologi agli astronomi
di Raffaella De Santis
C’è
stato un momento a partire dal quale il cielo non è stato più lo
stesso. La Luna, i pianeti, la via Lattea, il Sole sono cambiati da
quando Galileo Galilei ha puntato il suo cannocchiale in alto e li ha
guardati in un altro modo. In quell’esatto momento il cielo è passato
dagli astrologi agli astronomi, dalle narrazioni simboliche
all’osservazione scientifica. A Padova si inaugura oggi una mostra
interamente dedicata a Galileo Galilei, curata da Giovanni Carlo
Federico Villa e Stefan Weppelmann (“Rivoluzione Galileo. L’arte
incontra la scienza”, Palazzo del Monte di Pietà, fino al 18 marzo), che
ha al centro proprio il rapporto tra uomo e universo. La mostra è un
viaggio nella storia dell’arte su Galileo, scienziato e letterato,
matematico e artista, amante degli astri e di Ariosto. Dice Villa:
«Galilei è l’ultimo degli uomini del Rinascimento e il primo della
modernità». L’ingresso è affidato ai versi di Primo Levi dedicati al
Sidereus Nuncius di Galilei: «Ho visto Venere bicorne / Navigare soave
nel sereno / Ho visto valli e monti sulla Luna / E Saturno trigemino /
Io, Galileo, primo fra gli umani…».
Il Sidereus Nuncius, che
aprirà lo scontro con la Chiesa, era stato pubblicato nel 1610. Galileo,
allora professore di matematica a Padova, dove insegnò per 18 anni, era
stato il primo ad osservare con un cannocchiale da lui costruito la
Luna. Per un anno aveva puntato il suo strumento sul cielo, scoprendo,
tra le altre cose, che la Luna aveva monti, valli, asprezze, che la
rendevano simile alla Terra.
La mostra è un percorso concettuale
ed estetico dal cielo prima di Galileo al cielo dopo Galileo, dai testi
astrologici di Igino e Sacrobosco ai disegni astronomici di Leonardo,
dall’Origine della via Lattea di Rubens, in cui la galassia alla quale
appartiene il sistema solare è ancora mitologicamente avvinta al seno di
Era, agli acquerelli e agli schizzi dello stesso Galilei. È esposto per
la prima volta anche il ritratto dello scienziato dipinto da Santi di
Tito. Dopo aver puntato un cannocchiale sulla superficie lunare è
difficile dipingere il satellite come si faceva prima. Con il passare
del tempo pittori come Gaetano Previati ( La danza delle ore), Pellizza
Da Volpedo ( Il sole nascente) o Giacomo Balla ( Mercurio passa davanti
al sole) tentano di rendere con le immagini quello che aveva studiato
Galileo. «Anche la scomposizione della luce attraverso la tecnica
pittorica divisionista ha alle spalle l’osservazione scientifica
galileiana», spiega Villa, professore di storia dell’arte a Bergamo e
curatore negli anni di grandi mostre, tra le quali quelle su Antonello
da Messina, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Tintoretto e Tiziano.
La
mostra però non si ferma alle suggestioni del passato, ma spinge il
gioco delle corrispondenze fino ai tempi più recenti, ai fumetti di
Tintìn ( Objectif Lune e On a marché sur la lune) o al cortometraggio
protofantascientifico del 1902 di Georges Mèliès intitolato Il viaggio
nella Luna ( Le voyage dans la Lune), ispirato a Jules Verne, a
H.G.Wells e alle incisioni con cui Gustavo Dorè nel 1868 aveva
illustrato Le avventure del barone di Munchausen. Per arrivare infine al
film Hugo Cabret di Martin Scorsese, in cui compare come personaggio lo
stesso Méliès. E poi ci sono le opere di artisti contemporanei, da
quelle spaziali di Anish Kapoor e Thomas Ruff fino all’americano Trevor
Plagen, che fotografa scie luminose di rifiuti cosmici e ai video del
tedesco Michael Najjar, tra cui Spacewalk, in cui un astronauta nuota
nello spazio.
«Dopo Galileo anche lo spazio diventa sempre più
prossimo, a portata di mano e noi ci scopriamo una piccola parte
dell’universo. Oggi non siamo più noi ad osservare il cosmo, ma è il
cosmo che osserva noi», dice Weppelmann, studioso ed esperto di arte
italiana, che ha seguito da vicino la curatela della parte contemporanea
della mostra. Non c’è da stupirsi. Dopo lo sbarco sulla Luna nel 1969,
Italo Calvino, che considerava Galileo il più grande scrittore della
letteratura italiana di ogni secolo, scrisse: “Il fatto che siamo
obbligati a ripensare la Luna in un modo nuovo ci porterà a ripensare in
modo nuovo tante cose”. Parole che potrebbero fare da epigrafe alla
mostra padovana.