sabato 18 novembre 2017

Repubblica 18.11.17
Dare un nome alle cose è il segreto per ripartire
L’ultimo libro di Michela Marzano “ L’amore che mi resta” (Einaudi) indaga il legame tra una madre e la figlia adottiva
di Michela Marzano

«LUISA, non ho scelto io di chiamarti così. Non ho nemmeno scelto di averti, per me sei solo la più dolorosa ferita che ho avuto a 18 anni». Sono poche e taglienti le parole che Luisa, alla ricerca da anni della madre biologica, si è vista recapitare su un biglietto anonimo da chi, al momento della nascita, aveva già deciso di restare anonima. Ma cosa cerca esattamente chi cerca di avere accesso alle proprie origini? Cosa si vuole riparare o sapere o capire? Che cosa manca esattamente quando manca la conoscenza della madre biologica?
Ovviamente, solo chi attraversa personalmente questo dramma può poi rispondere a questo tipo di domande — difficili, terribili, talvolta anche devastanti per chi, prima di essere stato adottato, ha subito il trauma dell’abbandono. Anche se tante volte, dietro il desiderio di accedere a quel nome che manca e a quel viso che si idealizza, c’è soprattutto il tentativo di trovare quel pezzo che manca per completare il puzzle della propria esistenza. Ci si interroga su cosa possa aver spinto la propria madre a non diventare madre. Ci si tormenta al pensiero di essere sbagliati, cattivi, inopportuni. Tante volte, si vorrebbe solo capire il perché di quell’iniziale abbandono, anche solo per liberarsi dal peso di un’ipotetica colpa. Ma quale colpa può mai avere un bambino appena nato? Quale colpa, al tempo stesso, può mai avere una ragazza di 18 anni che si ritrova incinta senza averlo voluto, magari in seguito ad una violenza o uno stupro?
La madre biologica di Luisa ha tutto il diritto di continuare a restare anonima. Soprattutto ora che il perché dell’abbandono alla nascita è venuto fuori e che Luisa, quel pezzo mancante del puzzle, in realtà lo ha trovato. Certo, è un pezzo che le è arrivato in faccia con violenza, come uno schiaffo. Perché è violento, e non può essere diversamente, scoprire di essere il frutto di una violenza e di un non-desiderio. Ma almeno la realtà dell’accaduto ha finalmente trovato un nome e, quando le cose riescono ad essere nominate, poi è anche possibile, pian piano, mettere ordine nella propria esistenza e diminuire la quantità di dolore che ci circonda.
L’ultimo libro di Michela Marzano “ L’amore che mi resta” (Einaudi) indaga il legame tra una madre e la figlia adottiva