Repubblica 16.11.17
C’era una volta Chiaromonte intellettuale straniero in patria
di Francesco Erbani
Cesare
Panizza ricostruisce la biografia del filosofo antifascista fondatore
di riviste liberal negli Stati Uniti e direttore di “Tempo presente”
In
apertura della biografia che gli dedica, Cesare Panizza accosta Nicola
Chiaromonte ad Antigone. E gli interrogativi sono conseguenti
all’assimilazione dell’eroina di Sofocle al direttore di Tempo presente,
intellettuale cosmopolita e senza parrocchia, straniero in patria, ma
al centro di una rete cui partecipano Albert Camus e Hannah Arendt,
artefice di riviste liberal negli Stati Uniti, fautore di una sinistra
fuori dalle gabbie dello stalinismo. E dunque: può la politica
prescindere dalla morale? Ci sono principi osservando i quali ci si
sottrae alle leggi della politica? Questo filo percorre l’attraente
volume di Panizza ( Nicola Chiaromonte, Donzelli).
Chiaromonte,
che nasce a Rapolla, in Basilicata, nel 1905, è ritratto come un
“maestro segreto”, che dunque ambisce «a vivere nascosto». Eppure spicca
il suo nome negli anni Cinquanta e Sessanta nel fronte
dell’anticomunismo democratico (celebre il suo Il tempo della malafede).
Su
Tempo presente Chiaromonte denuncia il totalitarismo sovietico, ne
racconta l’irriformabilità e ne anticipa il collasso. Al suo fianco è
Gustaw Herling, lo scrittore polacco di Un mondo a parte.
Contemporaneamente Chiaromonte tiene la rubrica di critica teatrale
prima sul
Mondo, poi su Sipario e sull’Espresso.
Nella
biografia definiscono il profilo di Chiaromonte sia i materiali della
riflessione culturale, sia gli elementi caratteriali. Il suo, si legge, è
un temperamento «facilmente portato alla malinconia e soggetto a
cicliche crisi depressive». Di grande importanza è il carteggio che
intrattiene dal 1957 fino alla morte con la poetessa Melanie von Nagel,
che poi diventa “sister Jerome” in un convento benedettino del
Connecticut.
L’antifascismo di Chiaromonte matura negli anni
universitari e trova riscontro nell’amicizia di Paolo Milano, di Alberto
Moravia, e poi, fra gli altri, di Carlo Levi, Corrado Alvaro, Alberto
Carocci. Collabora al Mondo di Alberto Cianca. Scrive su Solaria e su
Oggi. Ma presto l’antifascismo si precisa e dall’iniziale adesione a
Giustizia e Libertà prende una strada a tratti isolata, ma ricca di
spunti. La sua attenzione è sul rapporto fra la moderna società di massa
e il regime. Lo impressiona la passività di fronte al fascismo di
quella «poltiglia indefinibile, fatale prodotto della decomposizione
della vecchia società sottoposta al lavorio dello Stato moderno e
dell’industrialismo». Per Chiaromonte il fascismo è stato capace, scrive
Panizza, di sublimare «in un’ideologia nazionalista e statolatrica
quella “tragica assenza di libertà”, tipica della società di massa».
Dalla
metà degli anni Trenta Chiaromonte è in Francia, bollato come
cospiratore dal Tribunale speciale. I suoi orizzonti culturali si
dilatano e allo scoppio della Seconda guerra mondiale vola negli Stati
Uniti. Oltreoceano si sente spaesato. Entra però in contatto con Gaetano
Salvemini, ma soprattutto con la Partisan Review, organo liberal.
Insieme a due esponenti del mondo radicale, la scrittrice Mary McCarthy e
Dwight Macdonald, dà vita nel 1943 alla rivista politics e conosce
Hannah Arendt. L’irrequietezza culturale è la cifra del gruppo, che si
propone una riforma del pensiero socialista, sganciato dal marxismo che
nell’Urss ha soggiogato l’essere umano. Nel frattempo assume un peso
decisivo Camus, che agli occhi di Chiaromonte (rientrato a Parigi nel
1947) appare alternativo al modello di engagement proposto dagli
intellettuali comunisti. La guerra fredda cinge d’assedio la riflessione
etica e culturale. Il filo di un socialismo libertario si riannoda in
Tempo presente, che nasce nel 1956. Firmano per la rivista, di cui è
direttore anche Ignazio Silone, Leonardo Sciascia e Alberto Arbasino,
Furio Colombo, Vittorio Gorresio ed Enzo Bettiza. Enzo Forcella pubblica
Millecinquecento lettori, la spietata analisi di un giornalismo che si
svolge a circuito chiuso. La rivista si schiera contro l’arresto di
Danilo Dolci e, anni dopo, a fianco del foglio studentesco La zanzara.
Inoltre
sulle proteste giovanili Chiaromonte manifesta quell’interesse, condito
da critiche, di cui non c’è tanto riscontro altrove.
Ma su Tempo
presente si abbattono nel 1966 le rivelazioni sui finanziamenti della
Cia al Congresso per la libertà della cultura, che a sua volta finanzia
la rivista. La genuinità di una sinistra antitotalitaria viene
macchiata. Panizza propende per la buona fede di Chiaromonte, che nulla
avrebbe saputo sulla provenienza di quei soldi e i cui riferimenti
politici e culturali hanno antiche origini. Inoltre Chiaromonte non tace
il dissenso nei confronti dell’intervento americano in Vietnam. In ogni
caso per Tempo presente la vita si fa precaria. L’ultimo numero esce
nel dicembre del 1968. Poco dopo, nel 1972, Chiaromonte si spegne. IL
LIBRO Panizza, Nicola Chiaromonte
(Donzelli, nella collana “ Italiani dall’esilio” sostenuta da Paolo Marzotto, pagg. 322, euro 29)