Repubblica 15.11.17
Grasso e Boldrini contro gli attacchi Pd “Noi imparziali, basta vederci in aula”
Polemica
sulla discesa in politica dei due presidenti. Rosato: “La seconda
carica dello Stato deve essere super partes”. Orlando: “È un passaggio
all’opposizione senza precedenti”
Mdp: “È una strana idea della democrazia pensare ai loro ruoli come esercizio notarile”
di Tommaso Ciriaco
ROMA.
Una campagna elettorale, due Presidenti delle Camere, mille scintille
tra le sinistre pronte alla guerra. Nell’aria, quel profumo di elezioni
che amplifica lo scontro. «Il duplice impegno di Grasso e Boldrini –
ragiona nel cuore della Camera Ettore Rosato, potente capogruppo
renziano - è oggettivamente una novità. E in un certo senso “scopre” le
istituzioni. Non chiediamo le dimissioni, né penso che non possano fare
politica. Rilevo però che esiste una differenza enorme tra la seconda e
la terza carica dello Stato, perché il Presidente del Senato può
trovarsi a ricoprire temporaneamente l’incarico di Capo dello Stato. Per
questo deve essere super partes».
Quanto può stare stretta la
casacca istituzionale a chi ha deciso di guidare un partito alle
prossime elezioni, ecco il dilemma. E soprattutto: imboccare il sentiero
della leadership politica non consiglia le dimissioni? È il tema
sollevato ieri su Repubblica da Eugenio Scalfari, ed è al centro del
dibattito tra le due sinistre.
Per Grasso, il nodo semplicemente
non esiste. Preferisce «non entrare nella polemica», fanno sapere
ambienti della Presidenza, anche perché l’unico metro di giudizio è
l’imparzialità nella gestione dell’Aula, non certo la neutralità
assoluta. E però, ricordano, non è certo il primo Presidente del Senato a
fare politica. Per il resto - dicono - parlano i risultati, ad esempio
l’unanimità con cui ieri la giunta presieduta da Grasso ha licenziato il
testo di riforma del regolamento.
L’altra sponda è occupata da
Boldrini. Che reagisce così, ufficiosamente: «Non è certo la prima volta
che i Presidenti delle Camere fanno incursioni nel politico, pur in un
quadro di riconosciuta terzietà. È sempre successo, almeno negli ultimi
quindici anni». C’è chi ricorda che nel passato i suoi predecessori
erano però anche leader di partito. «È vero - sostiene - ma il diverso
curriculum non può diventare una ragione per non intervenire nel
dibattito pubblico». E poi c’è sempre il richiamo alla gestione
dell’Aula: «Ho sempre garantito terzietà. Si potrebbero fare tanti
esempi, ma bastano quelli delle ultime caldissime settimane, quando di
fronte alla richiesta avanzata da sinistra di non far porre la fiducia
sulla legge elettorale, la scelta è stata quella di non opporsi alla
decisione del governo, anche facendosi carico delle polemiche che sono
seguite».
Non esiste un “manuale del Presidente”, certo. E però il
nodo resta, e fa discutere: non si è più liberi lasciando lo scranno
istituzionale? Il Pd di Matteo Renzi non sembra intenzionato a chiedere
un passo indietro dei due Presidenti. Pesano ragionamenti e precedenti. E
pesa, confessata sotto voce alle latitudini del Nazareno, anche la
voglia di spendere l’arma polemica della partigianeria istituzionale
contro i probabili “avversari in casa” della prossima campagna
elettorale. Giorni fa, per dire, il braccio destro renziano Matteo
Richetti ha stroncato le «fesserie» anti-Grasso di alcuni renziani dopo
le elezioni siciliane. Ciononostante, segnala un problema: «Come ho già
ricordato in un post, ho fatto il Presidente del “parlamento regionale”
dell’Emilia Romagna e per il mio modo di concepire il ruolo di garanzia e
super partes che viene affidato a questi incarichi, non mi sarei mai
permesso di dire “non c’è più” a nessuna forza politica ». Si riferisce
all’affondo di Grasso contro il Pd che «non esiste più», essendosi
fermato a «quello di Bersani e di Sel». A sinistra l’aria che tira è
esattamente questa, cordialmente ricambiata. «Immaginare che il ruolo di
presidente delle due Camere si debba limitare a un esercizio notarile
di quella funzione - attacca l’Mdp Francesco Laforgia - è una strana
idea della democrazia».
Per paradosso, però, sono i pontieri dem
che lavorano davvero alla coalizione di centrosinistra a vivere come un
ostacolo all’unità l’attivismo di Grasso e Boldrini. Sentite Andrea
Orlando a Radio Radicale: «L’assenza di una proposta politica chiara
sostiene - ha creato spazi che hanno prodotto tentazioni e un effetto
collaterale di distorsione degli equilibri istituzionali. Non trovo un
precedente storico rispetto a un passaggio all’opposizione di tutti e
due i Presidenti in una forma così esplicita e forte».
Se la
sinistra si lacera, a destra si sorride di uno strappo che Piero Fassino
proverà a ricucire contro ogni legge della fisica. E certo, il
vicepresidente del Senato Roberto Calderoli apprezza per davvero
l’operato di Grasso, ma forse soffia anche un briciolo sul fuoco dello
scontro a sinistra quando assicura: «Gli attacchi contro il Presidente
sono gratuiti e inopportuni. Mai come ora sta dimostrando la sua
terzietà».