mercoledì 15 novembre 2017

Repubblica 15.11.17
“Migranti all’asta come schiavi” Libia, ecco l’ultimo video shock
Inchiesta della Cnn. L’Onu attacca la Ue: “Un patto disumano con Tripoli”
di Alessandra Ziniti

I  MIGRANTI sono schierati in fila, tutti uomini giovani, neri, alti e forti. Uno alla volta vengono avanti mentre una voce fuori campo declama le loro qualità. «Questo è uno scavatore, un grande e forte uomo». Da una piccola folla schierata di fronte si alzano le mani: «Offro 500, 550, 600, 650 dinari…». Aggiudicato per 400 euro circa. Il prossimo è un «grande ragazzo forte per lavoro agricolo». In questo caso la cifra sale un po’ di più.
L’ultimo orrore dalla Libia arriva da un filmato della Cnn, una sconvolgente testimonianza del commercio di “merce” umana che avviene quotidianamente nei dintorni di Tripoli, con gli schiavi del terzo millennio venduti all’asta per poche centinaia di euro. Poco di più di quanto, stando ai racconti di altri migrati, gli stessi trafficanti di uomini ricavano dalla “vendita” di migliaia di giovani donne migranti, che arrivano in Libia con il sogno di imbarcarsi su un barcone diretto in Italia e finiscono, dopo mesi di torture, nelle mani delle organizzazioni che gestiscono il grande business della prostituzione.
Nuovi agghiaccianti immagini e racconti che vanno ad aggiungersi a una lunghissima teoria di denunce di violenze, abusi, torture riscontrati dagli osservatori dell’Onu che ieri hanno portato l’alto commissariato delle Nazioni unite a definire «disumana la politica della Ue che consiste nell’aiutare la guardia costiera libica ed intercettare e respingere i migranti». Una fortissima presa di posizione alla quale una portavoce della Ue ha subito risposto sollecitando la chiusura dei campi di detenzione in Libia «dove la situazione è inaccettabile » e assicurando che la Ue «si confronta regolarmente con le autorità locali perché usino centri che rispettino gli standard umanitari». E oggi il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani dovrebbe ufficializzare la prossima missione di una delegazione di parlamentari in Libia per «verificare la situazione ».
Ma è il video shock pubblicato dalla Cnn a destare grande impressione e a rivelare che oltre al business delle partenze, le decine di migliaia di migranti che arrivano in Libia dai paesi dell’Africa subsahariana alimentano anche un nuovo schiavismo. L’asta documentata con telecamere nascoste è avvenuta in una proprietà privata nella cintura di Tripoli. In poco più di cinque minuti una decina di uomini-schiavi viene venduta e consegnata ai padroni. «Alla fine dell’asta abbiamo avvicinato i ragazzi venduti – raccontano i due giornalisti autori del servizio – ma erano talmente terrorizzati che non riuscivano a parlare». Il filmato è stato consegnato alle autorità libiche che hanno promesso l’avvio di un’indagine. «La situazione è davvero terribile – dice Mohammed Abdiker, direttore delle operazioni d’emergenza dell’Oim – le ultime relazioni sui mercati degli schiavi possono essere aggiunti alla lunga lista degli orrori».
Un trattamento disumano come i tanti riscontrati dagli osservatori dell’Onu che «sono rimasti scioccati da ciò che hanno visto: migliaia di uomini denutriti e traumatizzati, donne e bambini ammassati gli uni sugli altri, rinchiusi dentro capannoni senza la possibilità di accedere ai servizi più basilari», è la forte denuncia dell’Alto commissario Zeid Raad Al Hussein che punta l’indice contro l’Europa accusandola di «non aver fatto nulla per ridurre gli abusi perpetrati sui migranti».
Durissime le sue conclusioni che chiamano in causa direttamente l’Italia per l’accordo con la Libia: «La politica della Ue che consiste nell’aiutare la guardia costiera libica e intercettare e respingere i migranti è disumana. La comunità internazionale non può continuare a chiudere gli occhi sugli inimmaginabili orrori vissuti dai migranti in Libia e sostenere che la situazione non può essere risolta che migliorando le condizioni di detenzione. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità».