martedì 14 novembre 2017

Repubblica 14.11.17
La mediazione di Fassino per il dialogo: sentirò tutti uno a uno. Gentiloni benedice la spinta di Renzi all’unità
Le due sinistre
Gli anti-dem avanti con Grasso
Franceschini: divisi perderemo
Una possibile carta estrema per favorire il riavvicinamento sarebbe l’approvazione delle leggi sullo Ius soli e sul biotestamento
di Tommaso Ciriaco

ROMA. Fiammella del dialogo, oppure il solito cerino che passa di mano tra fratelli coltelli? Toccherà a Piero Fassino dare una risposta e provare a ricucire le due sinistre, contro ogni legge di gravità. «Ma io sono tenace -assicura a sera l’ex sindaco ai big che lo contattano - Sentirò tutti i leader del centrosinistra, poi proverò a organizzare un tavolo per confrontarci ». Non sarà facile, anzi sembra un’impresa. Lo sa bene quel manipolo di pontieri spuntato fuori dal cilindro di Renzi.
La svolta arriva di buon mattino, durante un summit che anticipa la direzione del partito. «Per allargare la coalizione - detta la linea il leader - potremmo affidare a Lorenzo Guerini la gestione dei contatti informali con il centro, mentre a Fassino quelli con la sinistra…». Un po’ mossa del cavallo, un po’ sottilissimo gusto della provocazione, perché i rapporti tra Bersani e l’ex sindaco di Torino scontano le scorie del passato. «Ma non mi spavento certo davanti ai primi no», confida Fassino.
Il bersaglio grosso è naturalmente un’alleanza con Mdp, ma i bookmakers scommettono al massimo su un accordo con Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, Ap e i Verdi, nella migliore delle ipotesi con Giuliano Pisapia. Con i bersanian-dalemiani, invece, l’intesa sembra impossibile o quasi: «Avevamo detto al Pd di fermarsi prima del Rosatellum – sostiene Pierlugi Bersani di fronte all’apertura renziana– Roberto Speranza aveva spiegato che si trattava dell’ultima chance per riaprire un confronto sui contenuti. Ci hanno risposto con otto fiducie. È semplicemente troppo tardi».
Vada come vada, un primo successo è già in tasca a Renzi: dopo le promesse di fuoco e fiamme alla vigilia del voto siciliano, il partito è quasi unanimemente sulla linea del segretario. Michele Emiliano, per dire, approva l’ordine del giorno del Nazareno con uno slancio che imbarazza addirittura i renziani. È un risultato che l’ex premier strappa con le unghie e con diversi sms: «Restiamo uniti su questa linea di costruzione della coalizione – scrive ad Andrea Orlando e al governatore pugliese – Poi vi garantisco che tutte le anime del Pd saranno rappresentate». Significa che valorizzerà l’unità – almeno così promette – anche al momento delle stesura delle liste. Se si escludono i collegi destinati ai partner di coalizione e i posti riservati direttamente al leader, alle due minoranze toccherà più o meno il 15% dei futuri seggi.
In pochi, invece, pensano davvero che Matteo Renzi e Massimo D’Alema possano siglare un patto nei collegi uninominali. Eppure, il gruppo di pontieri ci proverà per davvero. Ci crede Fassino, giura di crederci Dario Franceschini, che agli amici confida: «Quella di Renzi è un’apertura vera. Ha rinunciato a parlare di premiership, ha aperto sul jobs act». L’obiettivo realistico è intanto quello di convincere Campo progressista, alle prese con un dilemma esistenziale. Il dualismo tra Laura Boldrini e Piero Grasso non promette nulla di buono, il gruppo parlamentare è spaccato tra la voglia di Pd di Bruno Tabacci e la tentazione di sinistra-sinistra degli ex vendoliani. «Noi – sorride Angelo Sanza, che aiuta proprio Tabacci a tessere la tela col Nazareno – andremo con Renzi. Non potremmo fare altrimenti, sarebbe contro la nostra storia. Per la stessa ragione, molti di quelli di Giuliano che arrivano da Sel finiranno con Grasso…». Alle latitudini bersaniane e dalemiane, invece, l’impressione è che si stia parlando del nulla. Con la candidatura a leader del Presidente del Senato le grandi manovre per il varo della sinistra antirenziana procedono speditamente. L’appuntamento è il 2 dicembre, quindi fino ad allora nessun vero dialogo con il Pd è anche solo proponibile. E anche dopo, sarò durissima: «E però - ragiona in privato Orlando, il più combattivo per allargare la coalizione - a me sembra che Matteo abbia cambiato radicalmente linea. Verifichiamo come procede la trattativa. E come risponderà Mdp: se non vogliono neanche sedersi al tavolo, allora c’è poco da fare…». Il destino delle due sinistre, insomma, sembra segnato. Fassino tenterà comunque di sedurre l’altra sinistra portando in dote lo ius soli e il biotestamento, due leggi buone sulla carta a riavvicinare i contendenti. Eppure, Massimo D’Alema continua a spingere sulla linea dello scontro finale con il segretario dem. Renzi immagina una coalizione «da Bonino a Pisapia», e tanto basta, mentre Paolo Gentiloni osserva le novità a debita distanza di sicurezza: «Bene la spinta di Renzi per l’unità», commenta.
Resta un’ultima, debole speranza ad alimentare il lavoro dei pontieri in campo. È la forza dei numeri, quella che continua a richiamare Franceschini: «Divisi perdiamo, tutti». Di fronte a sondaggi devestanti, le due sinistre potrebbero almeno valutare una desistenza. E ritrovarsi già apparecchiato un tavolo su cui trattare è sempre meglio di niente. Una fiammella flebile, certo. Ma sempre meglio del cerino.