Repubblica 14.11.17
I Democratici e la Sinistra
di Eugenio Scalfari
SE
DOBBIAMO dare un giudizio su quanto è avvenuto nella direzione del Pd
convocata dal segretario di quel partito, mi avvarrò per cominciare di
un sintetico scritto di de Maistre che nel suo libro Mélanges,
considerato un capolavoro da Baudelaire, dice: «La ragione non genera
che dispute, mentre l’uomo per comportarsi bene nel mondo non ha bisogno
di problemi bensì di ferme credenze».
Applico questa massima a
quanto è accaduto nella direzione del Pd: il discorso di Renzi l’ha
seguita e le sue «ferme credenze» sono state queste.
1. Nella situazione attuale occorre che tutta la sinistra sia unita e chi è uscito dal partito rientri.
2. Non parliamo di quanto è accaduto negli anni precedenti.
ALLORA
il partito era unito e ciascuno democraticamente esponeva le sue
opinioni e i suoi dissensi; la maggioranza sosteneva il presidente del
Consiglio e capo del partito e la minoranza esercitava un compito
importante e utile, del quale ho sempre tenuto conto nei limiti del
possibile.
3. Se in un momento difficile i dirigenti ritornano,
compiranno un atto molto utile non solo per il partito ma per l’Italia e
anche perfino per l’Europa.
4. Dal loro rientro in poi
discuteremo insieme la linea futura, la campagna elettorale che
condurremo nei prossimi mesi, quello che nel frattempo faremo e diremo.
5.
Non ci chiedano però l’abiura rispetto a quello che abbiamo fatto
finora. Avremo pur compiuto qualche errore perché la perfezione non
esiste nel mondo, ma sono stati errori marginali. Comunque d’ora in
avanti discuteremo la linea e l’attueremo insieme.
La notizia che
fuori discorso Renzi ha dato è una sua dimostrazione di buona fede e di
forte desiderio che il rientro dei dissidenti avvenga: è stato
incaricato Piero Fassino di trattare con loro le modalità del rientro e
il merito dei temi che saranno discussi e sui quali i rientrati avranno
il loro peso indipendentemente dal loro numero. Fassino è una
personalità primaria: a suo tempo fu segretario del partito che allora
si chiamava Ds, democratici di sinistra; poi fu un ottimo sindaco di
Torino e ora è una delle personalità più attive del Pd. Affidare a lui
la trattativa coi dissidenti è il segnale più evidente della serietà del
tentativo e delle garanzie che sono previste. Accetteranno? Capiscono
l’importanza d’un partito che a quel punto andrebbe da Bersani a
Franceschini, da Pisapia a Minniti, da D’Alema a Orlando? E tengono
conto dell’appello di Veltroni alla riunificazione? Walter è il padre
del Pd e ancora nelle ultime ore ha fatto un pubblico appello all’unità.
Se c’è una voce che merita d’essere ascoltata è la sua. È pessimista
che il suo appello sia accolto ed è anche critico verso certi
comportamenti renziani, ma conviene sul fatto che il partito debba
essere di nuovo unito e riscrivere tutta la carta di rifondazione d’una
sinistra moderna e antipopulista (perché è il populismo il vero nemico
in Italia e in Europa).
Voglio ora discutere un punto sul quale
l’errore della dissidenza di sinistra si manifestò pubblicamente: il
referendum costituzionale che mirava a costruire un assetto
sostanzialmente monocamerale. L’affluenza fu altissima e la votazione
dei No fu del 60 per cento di fronte al 40 dei Sì. I dissidenti
democratici, che ancora non erano usciti dal partito, votarono No o si
astennero dando pubblica notizia della loro astensione.
Ho
ricordato varie volte questo aspetto della questione: il grosso dei No
fu votato dal populismo ispirato dai grillini, dalla Lega di Salvini e
dai Fratelli d’Italia.
Mi chiedo: come è possibile che la
sinistra- sinistra non sapesse che tutti i Paesi europei sono
monocamerali? E perché l’Italia ha rifiutato quel sistema, tanto più che
l’intero mondo occidentale sta attraversando un’immensa crisi economica
e sociale e anche politica che rende il monocameralismo assolutamente
necessario in una situazione dove le decisioni da parte del governo e
del Parlamento debbono essere realizzate con la massima velocità?
Gli
uomini democratici debbono ricostruire la sinistra. Stiamo andando
incontro all’ingovernabilità. Le alleanze saranno indispensabili dalla
sinistra al centro. E voi, dissidenti, volete che il Pd non potendo
avere il vostro appoggio concentri con scarso successo la sua ricerca di
sostegno al centro, oppure capite che una sinistra forte e compatta può
ottenere dal centro ulteriori appoggi opportuni ma non indispensabili?
Mi
sembra assolutamente elementare quel poco che qui ho scritto, come sono
altrettanto consapevole dei difetti caratteriali di Renzi, che in
questo caso sembra però averli superati. L’appello di Veltroni e
l’incarico a Fassino vi sembrano poca cosa? Riflettete e poi decidete.
Guardate a Cuperlo: rappresenta esattamente quello che dovete fare nella
storia della democrazia italiana.
Debbo ora fare un’ultima
osservazione critica. Mi dispiace molto, anzi moltissimo perché riguarda
due persone con le quali ho da tempo rapporti di grande amicizia. Si
tratta del presidente del Senato, Grasso, e della presidente della
Camera, Boldrini. Grasso si sta proponendo come il nuovo leader della
sinistra-sinistra; Laura Boldrini è sulla medesima posizione: non
capisco bene come risolveranno il problema di presiedere in due un
partito per ora fatto di schegge che unite insieme arrivano a stento a
superare la soglia prevista per l’ingresso nelle Camere. Ma la mia
osservazione riguarda un altro punto della questione: i due presidenti
delle Camere sono ora impegnati in una delicatissima azione politica e
si oppongono entrambi alla riunificazione che si può fare soltanto a
condizione dell’abiura da parte dell’attuale segretario del Pd. La
questione che li riguarda è però che essi resteranno per altri sei mesi
se non anche di più presidenti delle Camere. Non sentono che un
presidente del Parlamento non può e non deve spendere gran parte del suo
tempo diventando leader d’un partito, grande o piccolo che sia? E si
preoccupano di sapere quale sia il giudizio che di questa loro
situazione dà l’opinione pubblica?
Personalmente entrai in
Parlamento quarant’anni fa e naturalmente mi dimisi dal giornale che
dirigevo ma ho sempre dichiarato, quando si votava su una qualunque
questione, che io non mi sarei conformato al vincolo di mandato e avrei
votato solo secondo coscienza come il mio partito o diversamente da
esso. Se fossi parlamentare in questa situazione mi alzerei all’inizio
di ogni seduta dichiarando di uscire dall’aula per non rientrarvi fino
al giorno dopo perché la presidenza potrebbe essere indotta a
comportamenti dettati dalla sua leadership di un partito.
La
verità è che se vogliono far politica in prima persona debbono lasciare
le cariche che ora stanno ricoprendo: chi presiede un’assemblea
parlamentare deve essere assolutamente neutrale. Loro pensano di esserlo
ed è una buona intenzione ma se ci fosse un contrasto politico non
resisterebbero. Perciò prima si dimettono e meglio è.