lunedì 13 novembre 2017

Repubblica 13.11.17
Ritorna Berlusconi l’alleato necessario
di Ilvo Diamanti

IL successo di Nello Musumeci alle Regionali in Sicilia ha posto in evidenza la debolezza del Centrosinistra. Ma anche, ovviamente, la capacità competitiva del Centrodestra. Il diverso rendimento dei due poli si spiega con la differente capacità di coalizione. Prima causa della sconfitta del M5s, irriducibile a ogni alleanza. Mentre sull’altro versante, l’accordo fra il Pd e le diverse formazioni di Sinistra è risultato impossibile. Questa situazione non appare condizionata da specifici fattori territoriali.
MA DETTATA, piuttosto, da difficoltà sostanziali, che riguardano i rapporti tra i leader e le forze politiche di quest’area. Anche il centrodestra appare segnato da rilevanti differenze interne: di progetto e di strategie. Eppure, le distanze tra FI, Lega (NcS: Noi con Salvini), FdI e la stessa UdC, per quanto profonde, non hanno prodotto fratture insuperabili. Da ciò il successo del centrodestra. Che costituisce un precedente significativo. Perché delinea uno scenario che potrebbe riprodursi altrove, soprattutto nel Nord, alle prossime elezioni politiche. Tanto più quando entrerà in vigore la nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum (bis), che prevede la possibilità di presentare candidati di coalizione nei collegi uninominali. Diventa, così, probabile l’eventualità che il modello siciliano si riproponga altrove. Nei collegi e in prospettiva nazionale. Con effetti analoghi. Per gli analoghi tipi di relazione fra i partiti. Sulla diversa capacità di coalizione gravano diverse cause. Politiche, ma anche “personali”. Che hanno favorito, fin qui, e potrebbero avvantaggiare - ancora soprattutto - il centrodestra. Fra le altre, vale la pena di sottolinearne una, particolarmente evidente e influente. Il ruolo e la presenza di Silvio Berlusconi.
È infatti lui, il Cavaliere, il principale artefice dell’intesa in Sicilia. E del progetto di coagulare gli altri principali pezzi della destra, ma anche del centro. Per prima: la Lega. Quindi i FdI di Giorgia Meloni. Ma anche l’Udc. Mentre lo stesso Alfano tenta di accodarsi alla compagnia, per non rimanere appiedato – ed escluso – nella prossima legislatura. Silvio Berlusconi, peraltro, è anche l’interlocutore “necessario” per il PdR, il Pd di Renzi. Nella prospettiva di confermare e allargare il programma di riforme avviato negli ultimi anni dal governo. Con il sostegno essenziale di Berlusconi. A partire dal gennaio 2014, quando proprio Renzi e Berlusconi siglarono il Patto del Nazareno. Spezzato e concluso, nel febbraio 2015, dall’elezione di Sergio Mattarella. Ma oggi, meglio: domani, quell’intesa potrebbe divenire nuovamente necessaria. Nella prospettiva – molto realistica - di un Parlamento senza alcuna maggioranza possibile. Perché nessun Partito, nessun Non-partito, nessun Polo (e Non-Polo) pare in grado di affermarsi, alle prossime elezioni. Da solo. E soprattutto di governare. Da solo.
Così, Berlusconi diventa l’alleato necessario, seppure non gradito, per fare le riforme. Istituzionali, ma, ancor prima, economiche, necessarie al Paese per “rimanere in Europa”. L’unico in grado di “coalizzare” – quantomeno, “aggregare” - il centrodestra. O, se si preferisce, le destre di diverso orientamento. Per cercare l’intesa con il centrosinistra e, anzitutto, con il PdR.
La centralità ritrovata – ma, in fondo, mai perduta – di Berlusconi può apparire singolare. Perché il suo partito, FI, attualmente è stimato circa il 14%. Un paio di punti sopra, rispetto a un anno fa. Ma quasi 3 in meno, rispetto alle europee del 2014. E oltre 7, rispetto alle politiche del 2013. Senza risalire al periodo 2008-2009, quando il Pdl si attestò intorno al 35-37%. Mentre Berlusconi stesso, ha visto la fiducia nei suoi confronti, come leader, attestarsi al 30%. In risalita dopo l’uscita dal governo, nel 2011. Ma sostanzialmente stabile, negli ultimi anni.
In altri termini, Silvio Berlusconi si è imposto come tessitore politico proprio mentre lui, “personalmente”, ma soprattutto il suo partito “personale” appaiono deboli. Comunque e sicuramente: “più” deboli che in passato.
Tuttavia, la coincidenza fra i due dati non appare “casuale”. Anzi, in qualche misura è “causale”. Berlusconi, in altri termini, diventa un alleato possibile anche per gli altri, gli avversari politici, perché è più debole che in passato. Personalmente e politicamente.
Perché lui, per primo, ha bisogno di contare, sulle scelte di governo. Per ragioni politiche, personali. E per interessi aziendali. In secondo luogo, nessun soggetto politico, conviene ripeterlo, è in grado di governare da solo. Ma l’area di Centro-Destra, dove si collocano, FI, Udc, Lega e FdI, oggi appare il Polo che attrae maggiori consensi. Oltre un terzo dei voti. È, inoltre, il accreditato nella competizione per conquistare i collegi del Nord.
Ma Berlusconi è, sicuramente, l’unico a poterlo tenere insieme. L’unico in grado di trasformarlo da un’area confusa in un Polo effettivo. Non per caso, intercetta le simpatie dei due terzi degli elettori che si collocano a Centro- destra. Ma convince anche la maggioranza di quelli che si dicono di Destra. Senza “mezzi termini”. Berlusconi, infine, negli ultimi anni, ha visto crescere la fiducia nei suoi confronti presso gli elettori di Centro, ma anche di Centrosinistra.
Per questo oggi si propone, e può agire, come un “mediatore”. Mentre ieri era la bandiera di una “parte”, più che di un partito. E ciò segna un passaggio e un cambiamento significativo, rispetto alla nostra storia recente, segnata dalla sua presenza. Perché, dal 1994 fino a ieri, egli ha segnato la principale frattura del nostro sistema politico. Di più: del sentimento politico del nostro Paese. L’alternativa fra berlusconismo e anti- berlusconismo, infatti, ha rimpiazzato – in parte assorbito – il muro dell’anti-comunismo. Oggi neppure Berlusconi è in grado di erigere muri, intorno a sé. Per volontà e/o debolezza propria. E degli altri. Non importa. Ma il suo muro è divenuto una tela. Così, un’epoca della nostra storia è finita. E non è chiaro cosa ci attenda domani.
Anzi: oggi stesso.