Repubblica 12.11.17
Con i militanti di Pd e Mdp a Torino: tra i
veti di chi non vuole tornare con i dem e l’amarezza di chi vede
sparire una storia politica
Ma nella base crescono i conflitti “Mai più con chi ci ha deriso”
PAOLO GRISERI
TORINO.
Ieri
mattina, sede del Mario Dravelli, a Moncalieri, periferia sud di
Torino. La riunione in quello che è stato dagli anni Cinquanta uno degli
storici circoli operai di Torino, è organizzata da Mdp. Si parla di
lavoro. In sala ci sono delegati e sindacalisti. Prende la parola
Pasquale: «Lavoro qui vicino in una fabbrica chimica». Si rivolge a
Giorgio Airaudo, deputato di Sinistra italiana: «Compagno Airaudo,
guarda che se tornate con il Pd io non vi voto. Capiamoci. Io ho scelto
Bersani sia alle primarie sia alle elezioni politiche. Ma non ho votato
per il Jobs Act e per l’abolizione dell’articolo 18. E oggi non voglio
tornare a votare lo stesso candidato del Pd, magari uno di quelli che ci
prendevano in giro perché dormivamo sui pullman per andare a Roma a
manifestare contro la riforma delle leggi sul lavoro».
Un mese fa,
Settimo Torinese, periferia Nord di Torino. Circolo del Pd, dopo la
fuoriuscita di una trentina di iscritti verso Mdp. Il segretario
provinciale, Mimmo Caretta, prova a ragionare sulla necessità di unire
la sinistra: «Da soli perdiamo tutti. Dovremo pensare a trovare un
accordo alle prossime elezioni ». Lo stesso Caretta racconta la
reazione: «C’è stata una levata di scudi. Un iscritto si è alzato e ha
urlato: ‘Con quelli io non ci torno. Piuttosto voto Forza Italia’ ».
Parole grosse. «Parole che io non condivido - dice il segretario - ma
che si spiegano con quel che è accaduto in questo anno. Ci sono episodi
che restano impressi. Se la notte del referendum che il Pd ha perso vedo
dei miei compagni di partito che vanno a festeggiare, penso a che cosa
succederebbe se il giorno del derby un gruppo di torinisti si mettesse a
esultare per un gol della Juventus».
In questa situazione né
Airaudo né Caretta, né gli altri dirigenti sembrano avere margini di
manovra. Sono generali prigionieri dei loro eserciti. Qualsiasi
tentativo di ricomporre una frattura che è arrivata alla base, che ha
rotto rapporti personali di decenni, verrebbe vissuto come un esercizio
di cinismo della politica, avrebbe l’effetto di allontanare
ulteriormente parti dell’elettorato di sinistra dalle urne.
Al
termine della riunione a Moncalieri Airaudo sembra pessimista: «Abbiamo
troppo poco tempo. Dovremmo accettare che ciascuno di noi azzeri la
propria biografia, altrimenti rischiamo di rinfacciarcela in eterno».
Nessuna possibilità di ricucitura? «Ci sono ormai poche settimane a
disposizione. Se si vota a marzo le liste vanno presentate entro
gennaio. Mi pare inevitabile che ciascuno vada al voto per conto suo.
Probabilmente si perde ma oggi la cosa più importante è ricostruire
l’identità della sinistra».
Un’operazione Corbyn, insomma:
consolidarsi per ripartire. Anche se così a Torino Pd e Mdp perderanno
probabilmente tutti i seggi nell’uninominale. Ipotesi che preoccupa il
senatore del Pd Stefano Esposito. Ma non è il suo cruccio principale:
«La mia preoccupazione è che il partito riesca a motivare chi è tuttora
iscritto. Invece può ancora capitare che siamo noi stessi a scoraggiare i
nostri. Com’è accaduto a Orbassano».
Orbassano, periferia sud
oves di Torino. La storia la racconta Gino Bianco, 66 anni, operaio alla
Fiat a 17, 47 anni di iscrizione al partito. «Ce ne siamo accorti una
mattina appena aperto il tesseramento. Normalmente noi abbiamo
un’ottantina di iscritti. Hanno cominciato ad arrivare persone malate.
Qualcuno addirittura con la bombola dell’ossigeno». La bombola
dell’ossigeno? «Certo. Abbiamo ricostruito dopo che erano i malati
curati da un medico di base della zona. Lui li curava e diceva: ‘Se
volete darmi una mano andate ad iscrivervi al Pd. Così mi candido in
politica’. Sono arrivati in 170 e si sono presi la sezione. Il medico
porta i voti a uno della Famiglia ». La Famiglia? «Io non faccio il nome
ma tutti sanno chi sono i signori delle tessere da queste parti. Ho
segnalato tutto al partito ma non è successo nulla. Perché io dovrei
rimanere? Chi me lo fa fare se la politica è diventata questo? Con altri
stiamo ragionando se restare o andarcene ». Dove volete andare?
«Qualcuno andrà in Mdp. Ma altri più semplicemente smetteranno di fare
politica».