Repubblica 12.11.17
Prima del voto, le leggi utili
Dal biotestamento alla nuova cittadinanza sarebbe saggio approfittare di quest’ultima finestra temporale
di Michele Ainis
AMEN,
la messa è finita. O no? O c’è invece spazio per qualche altro scampolo
di legislatura, dopo l’approvazione della legge di bilancio? L’ultimo
dubbio che accompagna questo finale di partita ne investe difatti la
durata, il calcolo dei tempi regolamentari. Siccome vari giocatori in
campo li considerano esauriti, siccome alcuni aggiungono che ogni
prolungamento truccherebbe il gioco democratico, urge chiedere soccorso a
un ragioniere, magari potrà aiutarci a ragionare.
Perché è
questione di numeri, di date. E perché le date aprono un problema di
matematica costituzionale. Che si presenta con un ambo: 60 e 61. Due
norme iscritte nella Costituzione, due cerchi in rosso nel nostro
calendario collettivo. La prima stabilisce la durata della legislatura: 5
anni, prolungabili soltanto in caso di guerra. La seconda prescrive
l’elezione delle nuove Camere entro 70 giorni dalla fine delle
precedenti. A questo punto ci aiuta a far di conto il ragioniere. La
XVII legislatura ha avuto inizio il 15 marzo 2013, dunque la sua
scadenza naturale si consuma il 14 marzo 2018. E dunque il prossimo
turno elettorale dovrebbe cadere nei 70 giorni successivi, fra il 15
marzo e il 23 maggio 2018. Tuttavia, poiché si vota di domenica, la
finestra temporale si restringe: la prima domenica utile coincide con il
18 marzo, l’ultima con il 20 maggio.
Però questa è la regola, la
norma. In Italia, viceversa, è normale l’anormalità, il trionfo
dell’eccezione sulla regola. E infatti, nelle 16 legislature trascorse,
abbiamo rispettato puntualmente la data di scadenza una volta soltanto,
nel 1968. Negli altri 15 casi o è intervenuto uno scioglimento
anticipato delle Camere (8 volte), oppure uno scioglimento tecnico,
magari di qualche settimana. Successe, per esempio, nel 2001, allo scopo
d’evitare una consultazione elettorale in piena estate. Oppure nel
2006, per superare l’«ingorgo istituzionale» con l’elezione del capo
dello Stato. O altrimenti è successo per qualche accordo strampalato fra
i partiti, perché alle nostre latitudini la puntualità è sempre fonte
di sconcerto, perché per gli italiani la Costituzione non è mai troppo
vincolante, come i consigli della suocera. Accadeva, del resto, anche
quando al Quirinale c’era un re, anziché un signore in doppiopetto: dal
1848 al 1926, fino all’avvento del fascismo, gli scioglimenti anticipati
delle Camere furono in tutto 26, ogni due anni e mezzo.
Insomma,
siamo alle prese (tanto per cambiare) con una doppia legalità, con una
regola scritta e una regola non scritta; ma nella storia patria la
seconda ha sempre prevalso sulla prima. Sarà per questo che adesso
giunge al presidente Mattarella un altolà: guai a tirarla per le lunghe,
un altro paio di mesi e stop, liberi tutti. Ma quali poteri ha il
presidente? Nessuno, dicevano i costituzionalisti quando la Repubblica
era ai suoi primi vagiti: la decisione è tutta del governo. Però questa
dottrina non trova più discepoli, sicché adesso le tesi in campo sono
due. Una minoritaria (Barile, Cheli, Guarino), secondo cui il capo dello
Stato decide in solitudine; e l’interpretazione prevalente (Mortati,
Elia, Martines, Crisafulli, Carlassare e molti altri), che configura lo
scioglimento delle Camere come un potere diviso, esercitato in
condominio dal presidente e dalla maggioranza di governo. Se infatti
quest’ultima sceglie le elezioni anticipate, se non sorregge più
l’esecutivo in carica, prima o poi il capo dello Stato dovrà arrendersi,
mica può votarla lui la fiducia in Parlamento.
Da qui la
responsabilità delle forze politiche, da qui l’irresponsabilità di chi
reclama un colpo d’acceleratore nella corsa al voto. Con l’aria che
tira, la prossima legislatura rischia di celebrare la paralisi, lo
stallo; sarebbe perciò saggio profittare di quest’ultima finestra
temporale per mettere un timbro su qualche altro provvedimento
normativo. Dal biotestamento alla nuova cittadinanza, dalla riforma del
processo civile al testo sugli orfani di femminicidio, al riordino delle
professioni sanitarie, ai vitalizi, alle aree protette, sono fin troppe
le leggi in dirittura d’arrivo, che lo scioglimento anticipato
riporterebbe ai nastri di partenza. Per metterle in salvo, tuttavia,
dovremmo rispettare il calendario delle urne, dovremmo salvare la regola
legale, a scapito di quella materiale. In Italia capita di rado.