Repubblica 10.11.17
Eiti della seduzione e il diritto di dire no
di Michela Marzano
C’È
CHI dice che lo scandalo Weinstein abbia finalmente permesso a tante
donne di denunciare le molestie subite e, conseguentemente, alla parola
femminile di liberarsi senza più remore, senza più sensi di colpa, senza
più vergogna. Ma c’è anche chi dice che, ormai, non sarà più possibile
evitare che si scateni una vera e propria guerra dei sessi: niente più
seduzione, niente più corteggiamenti, niente più possibilità di
lasciarsi andare all’inevitabile gioco dei ruoli che, nonostante le
ambivalenze e le contraddizioni, permette di fatto di entrare in
relazione con l’alterità altrui.
Nel giro di alcuni giorni i
dibattiti, soprattutto in Italia, si sono polarizzati ( e sclerotizzati)
tra coloro che, talvolta mischiando tutto, hanno preteso che non ci
fosse alcuna differenza tra stupro, molestie sessuali e seduzione, e
coloro che, mischiando anche loro tutto, hanno rinfacciato alle donne di
aver parlato troppo tardi, di non aver avuto il coraggio di farlo al
momento giusto, di strumentalizzare la situazione per rincorrere la
celebrità. E se in Italia, ancora una volta, si stesse perdendo
l’occasione per fare un po’ di chiarezza? E se, invece di interrogarsi
su ciò che rivela veramente questo scandalo, ci si stesse limitando a
cavalcare l’onda delle emozioni senza capire che il vero problema che
sta emergendo è quello dell’abuso di potere che inquina, da ormai troppo
tempo, le relazioni umane?
Sono passati quasi tre secoli da
quando Montesquieu, in L’esprit des lois, spiegava che, siccome chiunque
detiene il potere è portato ad abusarne, occorre che «per la
disposizione delle cose il potere freni il potere » . Senza limiti,
cioè, ognuno avrebbe tendenza ad abusare del potere che esercita o
possiede, sia esso politico, economico, sociale o simbolico. Eppure c’è
chi dimentica la lezione del grande filosofo francese e continua a
immaginare che le relazioni umane siano perfettamente simmetriche, che
la parola di ognuno abbia la stessa rilevanza e lo stesso peso, che
chiunque possa sempre e comunque avere la possibilità di dire “no” o
“sì” liberamente. Che “potere contrattuale” può però avere una giovane
donna ( ma anche un giovane uomo) di fronte al capufficio, al
professore, all’agente, al direttore, al ministro e via di seguito
quando costui (o costei), approfittando del proprio ruolo o della
propria posizione, chiede o pretende servizi, prestazioni, gesti o
parole? Perché passare sotto silenzio le minacce esplicite o implicite
di fronte alle quali ci si può trovare quando si è in una situazione di
dipendenza o di fragilità, indipendentemente dal fatto che si parli del
mondo dello spettacolo o di quello universitario, dell’universo politico
o di quello aziendale?
Chi detiene il potere, scriveva
Montesquieu, è portato ad abusarne se non incontra dei limiti. E il
limite, quando si ha voglia di sedurre qualcuno, non può che essere il
rispetto: rispetto di chi ci è di fronte e della sua alterità; rispetto
del suo desiderio, ma anche della sua paura o della sua vergogna;
rispetto dell’altro e della sua posizione necessariamente subalterna.
Non si stratta di smetterla di cercare di sedurre, sterilizzando il
desiderio e separando gli uomini dalle donne, gli eterosessuali dagli
omosessuali, i giovani dai vecchi. Ma di tornare a dare un senso al
rispetto di chi ci sta di fronte quando il posto da lei/ lui occupato è
per definizione subordinato.
Certo, il limite tra la molestia e la
seduzione è la presenza del consenso. Chi acconsente può poi
difficilmente giustificare una denuncia o pretendere che la propria
parola sia presa sul serio da tutti. Ma cosa vuol dire esattamente “
consentire”?
Consente forse chi non ha la forza o il coraggio di
dire esplicitamente “ no”, perché ha paura, si vergogna, non ce la fa,
non ha gli strumenti adeguati, si sente letteralmente “ inadeguato” e
immagina che il proprio valore dipenda sempre e solo dal giudizio degli
altri, soprattutto se occupano un ruolo o una funzione superiore? Se
nessuno ci ha permesso di acquisire pian piano la consapevolezza del
nostro valore, è quasi impossibile anche solo immaginare di poter dire
di “ no” a chi, occupando una posizione di potere, ci fa capire che è
solo quella la strada che si apre a noi per immaginare di “valere”. Come
quella studentessa che, chiedendomi recentemente un appuntamento, mi
racconta delle avances del collega, dicendomi che è senz’altro colpa
sua, che c’è qualcosa in lei che non va bene, che vorrebbe non andarci
più in quello studio, «ma come faccio professoressa? E se poi
quest’esame non riesco a passarlo?» Lo ripeto, non si tratta di
cancellare la seduzione. Al contrario. Si tratta di riconoscere la
bellezza della sfida che comporta ogni seduzione quando si cerca una
risposta al proprio desiderio. Ma questo è possibile solo in caso di
simmetria nelle relazioni. In caso di asimmetria, c’è solo abuso di
potere. Con tutta la tristezza che l’abuso porta con sé, oltre che la
sofferenza di chi è stato abusato.