mercoledì 1 novembre 2017

Repubblica 1.11.17
Milena Gabanelli
“Mi costringono a lasciare il posto in cui ho lavorato, non potevo stare a bagnomaria”
“Mille scuse per fermarmi rimanere era impossibile”
di Aldo Fontanarosa

ROMA. Come sempre nelle giornate più buie, Milena Gabanelli fa tappa alla redazione di
Report, la sua creatura per vent’anni, provando a riordinare le idee e a curare le ferite. È andata così anche ieri. Ed è lì che, al primo abbraccio con i colleghi più cari, Milena comincia a sfogarsi, arrabbiata: «Per tenersi Fabio Fazio, la Rai è andata contro le leggi di gravità.. Ha svuotato Rai 3 e intanto, su Rai1, Fazio non sta certo facendo il botto, pur costando tanti soldi. Nel 2010 qualcuno temeva che emigrassi verso La7 (non era vero e io non l’ho mai detto), e la rete mi propose un aumento di compenso (il mio era ed è tuttora uno dei più bassi in rapporto al risultato prodotto). Io lo rifiutai e chiesi però di alzare lo stipendio dei miei collaboratori, tutti freelance ».
«Ho ceduto il marchio Report all’azienda. Se si è affermato - ho sempre pensato - è grazie agli investimenti di Viale Mazzini, quindi è giusto che resti alla Rai. Tutti i conduttori che si sono inventati un marchio, loro se lo sono tenuti ben stretto, da Fazio a Vespa, e possono portarselo dove vogliono ».
«Da quando esiste il Qualitel, la sottoscritta viene sempre indicata come il volto che incarna in assoluto il senso del servizio pubblico e Report come il programma di informazione che lo rappresenta meglio. Qualcuno dirà che sono costata tanto per via delle tante querele e citazioni. Ma io finora non ho perso una sola causa, penale o civile».
«Il Cda di oggi ritiene che io debba essere tenuta a bagnomaria. I consiglieri e la presidente hanno perfino sollevato dei dubbi, a gennaio, sulla legittimità della mia assunzione come vicedirettore. Sta scritto sui verbali del Cda e piovvero dichiarazioni del consigliere Mazurca o come si chiama, di Diagonale o come si chiama, e compagnia. La scusa (perché è una scusa) è che non si può varare una nuova testata se non se ne chiudono prima delle altre. Non riescono ad accorpare al Tg1 una testata inutile (con tutto il personale dedicato) come è Tg Parlamento, e per questo bloccano una testata online degna del servizio pubblico. Dicono di no, nonostante i profitti che ne deriverebbero. Un portale graficamente pronto e sviluppato, per effetto delle tante risorse investite, sta lì fermo».
«Nell’attesa del famoso piano di riorganizzazione dell’informazione, ho proposto di utilizzare il lavoro fin qui fatto con una squadra di data journalism (tutta di giornalisti Rai distaccati da altre redazioni) per portare in onda un evento al giorno in 4 minuti. Un evento raccontato per numeri, in coda al Tg1. La decisione di dare corso a questa innovazione non passa dal Cda; il via libera può arrivare in autonomia dal direttore generale Mario Orfeo». Lui, Orfeo, ha fatto un’obiezione tecnica a questa idea. Non si cambia un palinsesto dei programmi già deciso, prima di giugno 2018. Ma Gabanelli non accetta le ragioni del dg perché - dice - il Tg1 dura quattro minuti in più del dovuto e andrebbe contenuto; perché il programma che segue, I soliti ignoti, “può essere accorciato di 4 minuti senza togliergli nulla, visto che è registrato».
Ancora Gabanelli: «Mi viene proposto di ritornare a Report, senza manco dirlo a Ranucci. Come se qualcuno mi avesse mandato via, e così non è. Inoltre la proposta è una grave dichiarazione di sfiducia verso Ranucci, l’attuale conduttore, che sta andando benissimo. E ancora: mi propongono la condirezione di RaiNews come se fosse un avanzamento di carriera. Il direttore responsabile sarebbe pur sempre Di Bella, mentre la condirezione non vuol dire nulla, se non un aumento di stipendio. Ho rinunciato. L’azienda è piena di dirigenti pagati come top manager ma che non fanno nulla,».
«Alla fine mi costringono a lasciare, dopo 30 anni, l’unico posto in cui ho sempre lavorato. Impossibile restare».