mercoledì 22 novembre 2017

La Stampa TuttoScienze 22.11.17
Un gigante ghiacciato sta rincorrendo i neutrini di Majorana
Nei laboratori del Gran Sasso al via l’esperimento per capire perché la materia è più dell’antimateria
di Valentina Arcovio

Geniale e misterioso come chi l’ha concepito. Il neutrino di Majorana, la particella che coincide con la sua antiparticella, fa impazzire i ricercatori da quasi un secolo. Cioè da quando, 80 anni fa, Ettore Majorana pubblicò la celebre «Teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone».
L’articolo venne diffuso un anno prima della sua scomparsa, un giallo ancora oggi irrisolto. E un alone di mistero avvolge il suo elusivo neutrino: nessuno è riuscito a scovare alcuna traccia di questa particella. Eppure, la teoria della sua esistenza è convincente ed è riuscita a scalzare quella rivale di un altro genio, Paul Dirac. Il fisico inglese, attorno al 1930, nella sua teoria relativistica dell’elettrone predisse l’esistenza del positrone, che ha stessa massa, ma carica elettrica opposta. E i teorici pensarono che fosse questo il modo in cui devono - o dovrebbero - stare le cose: che per ogni particella dell’Universo ci debba essere un’antiparticella.
«Majorana, invece, capì che poteva esistere una particella elettricamente neutra, che sarebbe al tempo stesso la sua propria antiparticella», spiega Oliviero Cremonesi, ricercatore dell’Infn, l’Istituto nazionale di fisica nucleare, e responsabile dell’esperimento «Cuore» nei Laboratori del Gran Sasso. «Se si provasse che ciò è possibile per qualche neutrino, ci troveremmo di fronte a un risultato molto importante, che cambierebbe la nostra comprensione sull’Universo».
Il neutrino di Majorana, infatti, servirebbe a spiegare molte delle cose che possono o non possono accadere. Gioca un ruolo centrale nel funzionamento delle stelle, nell’esplosione delle supernovae e nella formazione degli elementi al momento del Big Bang. E cosa forse più importante di tutte: spiegherebbe l’asimmetria tra materia e antimateria. «Vale a dire il perché nell’Universo c’è - sottolinea Cremonesi - più materia che antimateria. E di conseguenza perché gli esseri umani, così come le stelle, sono fatti così come sono».
Nel caso ci fossero neutrini come quelli descritti da Majorana dovrebbe esistere un processo particolare: il decadimento doppio beta senza emissione di neutrini, una realtà che oltrepassa il Modello Standard delle particelle elementari e che non è mai stato osservato. «Il doppio decadimento beta - spiega Cremonesi - è un processo nel quale, all’interno di un nucleo, due neutroni si trasformano in due protoni, emettendo due elettroni e due antineutrini. Nel doppio decadimento beta senza emissione di neutrini non vi è invece emissione di neutrini, grazie al fatto che uno degli antineutrini si è trasformato in neutrino. È noto che le particelle dotate di carica elettrica non possono subire questa trasformazione, perché ciò implicherebbe la violazione di uno dei principi base che descrivono il comportamento delle particelle elementari». Ma i neutrini - aggiunge - potrebbero essere particelle davvero speciali. «Se, come ipotizzato da Majorana, i neutrini e gli antineutrini fossero due manifestazioni della stessa particella, come le facce di una stessa moneta, allora la transizione tra materia e antimateria risulterebbe possibile». Il fenomeno, seppur raro, potrebbe essere stato frequente nell’Universo primordiale e avere determinato la prevalenza - decisiva - della materia sull’antimateria.
Tuttavia, la caccia al neutrino è tutt’altro che semplice. «Nonostante il nostro corpo sia attraversato da decine di migliaia di miliardi di neutrini ogni secondo, le interazioni sono così deboli che occorrono tecnologie estremamente sensibili per rilevarli», precisa Cremonesi. «Cuore» è l’ennesimo tentativo di afferrarli e si spera che sia quello decisivo. E cioè che ci sveli se quel genio di Majorana aveva visto davvero, in prodigioso anticipo sui tempi, la verità.