mercoledì 1 novembre 2017

La Stampa TuttoScienze 1.11.17
Il segreto delle mummie dei grandi tra Quattro e Cinquecento
«Soffrivano delle malattie della modernità»
di Eugenia Tognotti

Tre potenti personaggi nell’Italia spagnola, accomunati dal fatto di essere morti di diverse forme di cancro, tra il XV e il XVII secolo, hanno trovato spazio in «Lancet Oncology»: Ferrante I di Aragona, re di Napoli ( 1431-1494), Ferdinando Orsini, Duca di Gravina in Puglia (1490-1549), il principe Luigi Carafa (1511-1576).
Il perché dell’attenzione della prestigiosa rivista di oncologia è giustificato dall’interesse per la ricerca effettuata dal paleopatologo Gino Fornaciari, già ordinario di Storia della Medicina all’Università di Pisa, su un gruppo di mummie di principi e nobili aragonesi custodite nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli. Il primo elemento interessante - che sembra smentire l’idea che il cancro fosse raro nel passato - è dato dal fatto che, su 11 adulti esaminati, siano stati trovati ben tre casi di cancro nella classe di età 55 -71 anni, per una percentuale del 27,7%, vicina all’incidenza attuale della malattia, che rappresenta in Occidente la seconda causa di morte. L’affermazione che in passato il cancro fosse molto raro è quindi da rimettere in discussione, pur tenendo conto dell’esiguo numero delle mummie esaminate: tra coloro che riuscivano ad arrivare ai 50-60 anni, e in particolare tra gli esponenti dell’aristocrazia e dell’élite, esisteva un rischio di ammalarsi di cancro paragonabile, in qualche misura, a quello di oggi. Ad influirvi quelli che oggi chiamiamo «stili di vita» e la dieta, particolare ricca nelle corti rinascimentali e in cui aveva un posto predominante la carne rossa.
Le cronache attestano la preferenza per quest’ultima di re Ferrante, sovrappeso e affetto da adenocarcinoma del colon-retto, il cui insorgere era stato probabilmente favorito da un’alimentazione largamente basata proprio sul consumo di carne, accertato attraverso lo studio paleonutrizionale e tramite gli isotopi stabili del carbonio e dell’azoto . All’esposizione a carcinogeni chimici, probabilmente presenti nella dieta, è associabile la presenza della mutazione di un gene, il K-ras, rivelata dall’analisi del Dna. Del resto, le biografie di esponenti di illustri casati segnalano diversi casi di tumori di personaggi storici in quell’epoca: la regina consorte Anna d’Austria, moglie di Luigi XIII di Francia e reggente per il figlio Luigi XIV, muore a 65 anni di cancro al seno (curato con impiastri a base di cicuta e di polvere di scamonea).
Lo studio di Fornaciari porta quindi un grande contributo di conoscenza: nella letteratura paleopatologica esistono solo cinque casi di tumori maligni dei tessuti molli. Interessanti, infatti, anche i risultati dello studio istologico della mummia del principe Luigi Carafa (che ha rivelato una mucosa di colon ben conservata, con un adenoma villoso ed un adenocarcinoma iniziale, oltre a una forte immunità positiva per le cheratine). Ferdinando Orsini, duca di Gravina in Puglia, ha svelsto poi un caso di neoplasia maligna periorbitale, con invasione del tessuto osseo. I ricercatori si sono trovati di fronte ad una lesione diffusamente distruttiva, estesa dall’angolo interno dell’orbita destra alla radice del naso, interessando anche la glabella e il seno frontale.
Mentre l’assalto di tanti ricercatori sta svelando i segreti dell’«Imperatore del male» - per riprendere il titolo del libro di Siddhartha Mukherjee - gli studi sulle mummie forniscono così prospettive interessanti, a cominciare dal confronto della progressione neoplastica, nel passato e oggi.