La Stampa 9.11.17
Dal Pavese al Sichuan: partito il primo treno che collega Italia e Cina
Trasporta merci per 11.000 chilometri in 18 giorni
di Alberto Mattioli
Alla
fine, il treno è partito con dieci minuti d’anticipo rispetto
all’orario annunciato ai giornalisti, 11,50 invece che mezzogiorno, e
questa sarebbe già una notizia. Quella importante è che si tratta del
primo merci dall’Italia alla Cina, per la precisione da Mortara a
Chengdu, due località che da ieri in comune non hanno più solo la
prevalenza delle risaie ma anche una linea ferroviaria diretta. Diciotto
giorni di viaggio per fare gli 11 mila chilometri che separano la
Lomellina dal Sichuan, decisamente meno dei 40-45 che ci mette una nave.
Anche e forse soprattutto nella logistica, il tempo è denaro.
Per
Mortara, 15 mila abitanti, nota soprattutto per il suo salame d’oca, è
l’evento più eclatante da quando, a inizio Settecento, passò dagli
spagnoli ai Savoia. La posizione è strategica, fra Milano, Torino e
Genova, vicino alle autostrade e non lontana da un grande porto. Del
Polo logistico integrato è azionista al 99,85% la Fondazione Banca del
Monte di Lombardia, che dal 2009 ci ha investito 87 milioni di euro, «ma
arriveremo a cento», annuncia il suo presidente, Aldo Poli. La Regione
Lombardia ha contribuito con un decimo della somma, 8,7 milioni, il
governo di Roma, per ora, con una lettera di felicitazioni del ministro
delle infrastrutture Graziano Delrio.
Dall’altra parte, i cinesi,
che da quando hanno scoperto il capitalismo si sono abituati a fare le
cose in grande. Quello della nuova Via della Seta, ricorda Poli, è un
progettino da 800 miliardi di dollari che renderà la Cina molto più
vicina all’Occidente di quanto lo sia mai stata. Del resto, non è che
l’Italia sia stata proprio prontissima a cogliere l’attimo: questo da
Mortara è il tredicesimo collegamento ferroviario merci diretto fra
Europa e Cina.
La cerimonia d’inaugurazione, in ogni caso,
promette bene, come se la vecchia cara provincia italiana si
risintonizzasse sulla lunghezza d’onda della globalizzazione. Ci sono
dappertutto bandiere italiane e cinesi, c’è la banda che suona gli inni e
poi «’O surdato ‘nnammurato» che fa sempre tanto Italia, ci sono le
autorità civili e militari, i notabili locali, gli esperti
internazionali di logistica, e si ringrazia di essere intervenuto sua
eccellenza il prefetto di Pavia. Soprattutto, ci sono i cinesi, in
primis il magnate Shijiu Bo, fondatore e presidente del colosso della
logistica Changjiu, personaggio chiaramente molto importante e
altrettanto compiaciuto dell’operazione. Cita l’immancabile Marco Polo e
l’inevitabile proverbio cinese: «Una delle cose più belle della vita è
incontrare amici che vengono da lontano». Applausi, flash, strette di
mano, la soddisfazione è palpabile.
Plaudenti, e il dettaglio è
interessante, anche i leghisti. Mortara è una delle loro città, il
sindaco Marco Facchinotti al secondo mandato alla guida di un monocolore
del Carroccio. Dalla Padania hanno sempre tuonato contro il dumping
commerciale cinese, l’invasione delle merci taroccate, il pericolo
giallo. Ma il capogruppo leghista al Senato, Marco Centinaio, di Pavia,
spiega che l’occasione era troppo ghiotta, che se arriveranno delle
merci dalla Cina ne partiranno però anche per la Cina e insomma,
testuale, «business is business». All’assessore alle Infrastrutture
della Regione, Alessandro Sorte, di Forza Italia, la battuta è servita
su un piatto d’argento: «Ancora una volta la Lombardia è la locomotiva
d’Italia».
Intanto la locomotiva, quella vera, parte con un grande
striscione in ideogrammi sulla fiancata. Non a pieno carico, ma sono
pur sempre una ventina di container zeppi di macchinari, mobili,
piastrelle e automobili, insomma il solito «Made in Italy» che piace a
tutti, figuriamoci ai cinesi. Approfittando della recente riduzione dei
dazi doganali della Repubblica popolare, si esporteranno anche moda,
vino, cibo e perfino il riso, che è un po’ come vendere il ghiaccio agli
eschimesi. Però, spiega Poli, «il nostro riso è molto diverso dal loro»
(e aggiungiamo pure: migliore).
A regime, da gennaio, si parla di
due coppie di treni settimanali, ma qui ogni intervenuto, cinese o
italiano, fa previsioni diverse. Si tratta, in sostanza, di un
esperimento: se funzionerà, sarà facilissimo potenziare i collegamenti.
«Come ogni novità, il problema principale è far sapere che esiste e
farlo capire al mondo imprenditoriale italiano. Ma il primo convoglio
non è uno spot: è l’inizio di un rapporto», spiega Andrea Astolfi,
presidente del Polo. Intanto l’Orient-Express dell’import-export è
partito. Adesso si tratta di farlo fruttare.