mercoledì 29 novembre 2017

La Stampa 9.11.17
Dal Pavese al Sichuan: partito il primo treno che collega Italia e Cina
Trasporta merci per 11.000 chilometri in 18 giorni
di Alberto Mattioli

Alla fine, il treno è partito con dieci minuti d’anticipo rispetto all’orario annunciato ai giornalisti, 11,50 invece che mezzogiorno, e questa sarebbe già una notizia. Quella importante è che si tratta del primo merci dall’Italia alla Cina, per la precisione da Mortara a Chengdu, due località che da ieri in comune non hanno più solo la prevalenza delle risaie ma anche una linea ferroviaria diretta. Diciotto giorni di viaggio per fare gli 11 mila chilometri che separano la Lomellina dal Sichuan, decisamente meno dei 40-45 che ci mette una nave. Anche e forse soprattutto nella logistica, il tempo è denaro.
Per Mortara, 15 mila abitanti, nota soprattutto per il suo salame d’oca, è l’evento più eclatante da quando, a inizio Settecento, passò dagli spagnoli ai Savoia. La posizione è strategica, fra Milano, Torino e Genova, vicino alle autostrade e non lontana da un grande porto. Del Polo logistico integrato è azionista al 99,85% la Fondazione Banca del Monte di Lombardia, che dal 2009 ci ha investito 87 milioni di euro, «ma arriveremo a cento», annuncia il suo presidente, Aldo Poli. La Regione Lombardia ha contribuito con un decimo della somma, 8,7 milioni, il governo di Roma, per ora, con una lettera di felicitazioni del ministro delle infrastrutture Graziano Delrio.
Dall’altra parte, i cinesi, che da quando hanno scoperto il capitalismo si sono abituati a fare le cose in grande. Quello della nuova Via della Seta, ricorda Poli, è un progettino da 800 miliardi di dollari che renderà la Cina molto più vicina all’Occidente di quanto lo sia mai stata. Del resto, non è che l’Italia sia stata proprio prontissima a cogliere l’attimo: questo da Mortara è il tredicesimo collegamento ferroviario merci diretto fra Europa e Cina.
La cerimonia d’inaugurazione, in ogni caso, promette bene, come se la vecchia cara provincia italiana si risintonizzasse sulla lunghezza d’onda della globalizzazione. Ci sono dappertutto bandiere italiane e cinesi, c’è la banda che suona gli inni e poi «’O surdato ‘nnammurato» che fa sempre tanto Italia, ci sono le autorità civili e militari, i notabili locali, gli esperti internazionali di logistica, e si ringrazia di essere intervenuto sua eccellenza il prefetto di Pavia. Soprattutto, ci sono i cinesi, in primis il magnate Shijiu Bo, fondatore e presidente del colosso della logistica Changjiu, personaggio chiaramente molto importante e altrettanto compiaciuto dell’operazione. Cita l’immancabile Marco Polo e l’inevitabile proverbio cinese: «Una delle cose più belle della vita è incontrare amici che vengono da lontano». Applausi, flash, strette di mano, la soddisfazione è palpabile.
Plaudenti, e il dettaglio è interessante, anche i leghisti. Mortara è una delle loro città, il sindaco Marco Facchinotti al secondo mandato alla guida di un monocolore del Carroccio. Dalla Padania hanno sempre tuonato contro il dumping commerciale cinese, l’invasione delle merci taroccate, il pericolo giallo. Ma il capogruppo leghista al Senato, Marco Centinaio, di Pavia, spiega che l’occasione era troppo ghiotta, che se arriveranno delle merci dalla Cina ne partiranno però anche per la Cina e insomma, testuale, «business is business». All’assessore alle Infrastrutture della Regione, Alessandro Sorte, di Forza Italia, la battuta è servita su un piatto d’argento: «Ancora una volta la Lombardia è la locomotiva d’Italia».
Intanto la locomotiva, quella vera, parte con un grande striscione in ideogrammi sulla fiancata. Non a pieno carico, ma sono pur sempre una ventina di container zeppi di macchinari, mobili, piastrelle e automobili, insomma il solito «Made in Italy» che piace a tutti, figuriamoci ai cinesi. Approfittando della recente riduzione dei dazi doganali della Repubblica popolare, si esporteranno anche moda, vino, cibo e perfino il riso, che è un po’ come vendere il ghiaccio agli eschimesi. Però, spiega Poli, «il nostro riso è molto diverso dal loro» (e aggiungiamo pure: migliore).
A regime, da gennaio, si parla di due coppie di treni settimanali, ma qui ogni intervenuto, cinese o italiano, fa previsioni diverse. Si tratta, in sostanza, di un esperimento: se funzionerà, sarà facilissimo potenziare i collegamenti. «Come ogni novità, il problema principale è far sapere che esiste e farlo capire al mondo imprenditoriale italiano. Ma il primo convoglio non è uno spot: è l’inizio di un rapporto», spiega Andrea Astolfi, presidente del Polo. Intanto l’Orient-Express dell’import-export è partito. Adesso si tratta di farlo fruttare.