La Stampa 6.11.17
Fra le migranti sopravvissute
“I nostri figli inghiottiti dal mare”
Sbarcata
ieri a Salerno la nave con 420 profughi, tra cui 26 ragazze morte Una
giovane: “Mi hanno stuprata in Libia”. Negli ultimi giorni 2500 arrivi
di Francesca Paci
Ventiquattro,
venticinque, ventisei... Alle 10 di mattina, sotto un sole pallido ma
ancora caldo, la gru della nave militare spagnola Cantabria sbarca al
porto di Salerno i primi 26 dei 410 migranti soccorsi tre giorni fa nel
Canale di Sicilia in quattro diverse operazioni. Un sacco dopo l’altro,
lentamente: 26 ragazze, tutte nigeriane, tutte morte. I vivi, volti
spettrali avvolti nelle coperte colorate, seguono dal ponte. Poi tocca a
loro: una novantina di donne di cui 9 con il pancione, 26 minori di 15
anni e subito dopo gli altri, uomini di ogni età partiti da Siria, Mali,
Gambia, Angola, Congo, Egitto, Senegal, Nigeria, una dozzina sono
libici.
Una giovanissima, minuta e barcollante, ha lo sguardo più
spiritato di tutte. «Sono stata violentata in Libia», dice ai mediatori
culturali della Protezione Civile in maninka, la lingua della natia
Guinea. Un’altra piange disperata: «Ho visto i miei tre figli
inghiottiti dal mare». La più loquace chiede compulsivamente cibo, è
affamata, racconta che «c’era un gommone accanto a quello su cui
viaggiavo, era pieno di somali, li ho visti annegare in un momento».
Il
sesto sbarco a Salerno in meno di sette mesi si porta dietro i fantasmi
di chi è rimasto al largo. Sul molo si parla di almeno due naufragi e
di una cinquantina di possibili dispersi.
«Vengo da Damasco, siamo
partiti tutti dalla Libia, da Zwara» bisbiglia il siriano Abdul, prima
di essere caricato sul pulmino diretto al centro della Protezione Civile
di via Carrai per l’identificazione.
«Sono provatissimi, molto
più dei migranti sbarcati finora» spiega la mediatrice Karima Sahbani.
Ma sono le donne a riempire lo sguardo, e non solo quelle morte. Sono
tante, troppe. Una scende tenendo stretto al petto il neonato di sette
giorni partorito a bordo della Cantabria, a un’altra si sono appena
rotte le acque, una ragazzetta ha le gambe tumefatte di lividi ma giura
che si tratta di ustioni da benzina e non di violenze. Occhi enormi,
capelli scomposti e quei sacchi sullo sfondo. Qualcuno butta là che si
tratti di omicidio di genere, di un rito propiziatorio, ma è più
verosimile che le vittime siano morte annegate oppure bruciate dal
carburante che non risparmia i più fragili tra i passeggeri dei gommoni.
«Non
ho mai visto ragazze cosi giovani» ammette, visibilmente impressionato
il prefetto di Salerno Salvatore Malfi. I dati delle autorità locali,
incrociati con quelli della Guardia Costiera, ricostruiscono giorni di
fuoco, otto operazioni soltanto venerdì con 767 persone soccorse, tra
cui quelle sopravvissute ai due naufragi in cui sono morte le 26
nigeriane, 3 nel primo e 26 nel secondo.
«Ci sono stati 2500
sbarchi negli ultimi quattro giorni, non sappiamo cosa accadrà con il
peggioramento delle condizioni meteo ma di sicuro per il momento sembra
che i migranti abbiano ricominciato a partire» osserva Flavio Di Giacomo
dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Stamattina la
nave Open Arms ne farà scendere a Crotone 401, tutti vivi.
«La
Sicilia è praticamente chiusa per le elezioni e tocca a Salerno
coordinare gli arrivi, su 18 porti italiani coinvolti siamo al nono
posto per numero di sbarchi» spiega il vicequestore vicario facendo la
spola tra gli ultimi migranti che scendono e i volontari che offrono
loro bottigliette d’acqua e panini. Le ambulanze ne accompagnano nove
all’ospedale, uno ha la gamba molto mal messa, quasi tutti sono
disidratati. Un pulmino su cui sale la capo della Mobile Lorena
Cicciotti carica cinque libici e li scorta «per accertamenti» in
questura, dove si cercano informazioni, elementi utili alla
ricostruzione della dinamica, potenziali scafisti.
I corpi delle
vittime riposano all’obitorio cittadino, ancora senza nome. Ci vorrà un
po’ per stabilire chi siano, se abbiano subito violenza, come siano
morte. Hanno viaggiato tre giorni nella cella frigorifera della
Cantabria, gli otto medici legali coordinati dal pm Masini hanno bisogno
di tempo. La giovane libica con cinque piccolissimi bambini al seguito
che ha messo piede a terra subito dopo i sacchi con i cadaveri li ha
guardati mentre venivano allineati, «ce ne saranno a decine in fondo al
mare».