La Stampa 3.11.17
Stalin, un borghese piccolo piccolo
di Bruno Vespa
I
grandi rivoluzionari sovietici erano tutti piuttosto benestanti.
Esponenti della piccola e media borghesia russa, spesso di origine
ebraica, avevano studiato e viaggiato. D’altra parte, il loro mentore
Karl Marx non era figlio di un’esponente della borghesia industriale
tedesca e di un raffinato avvocato ebreo? Non si era trastullato con la
domestica fino a riceverne un figlio? Come ricorda Sergio Romano nel suo
I confini della storia, Stalin era il solo popolano della compagnia,
l’unico né russo né ebreo, figlio di un ciabattino georgiano, ammesso
che la madre Ekaterina - giovane e bella, arrotondava il bilancio
familiare lavorando a casa dei ricchi - non l’abbia avuto da un
facoltoso mercante locale. [...] Poiché, una volta andato al potere,
Iosif avrebbe massacrato gli artigiani, nelle agiografie di regime il
padre legittimo venne retrocesso (o meglio, promosso) al rango di
operaio in un calzaturificio. Sta di fatto che questi era un incallito
ubriacone e picchiava il ragazzo, che finì con l’odiarlo; mentre la
madre lo proteggeva e ne fu amatissima.
Nato nella cittadina di
Gori nel 1878 (undici anni prima di Hitler e cinque prima di Mussolini),
Soso (così lo chiamavano tutti da ragazzo) fu un buon allievo della
scuola ecclesiastica locale. La statura si fermò a un metro e 60 e
dovette rappresentare per lui un piccolo complesso, visto che avrebbe
chiesto al capo della sua scorta di trovargli scarpe con la suola alta. A
differenza di Berlusconi, che si sarebbe limitato a questo piccolo
vezzo, Stalin avrebbe assistito alle parate su una pedana, in modo che
la folla lo vedesse qualche centimetro sopra gli altri gerarchi.