La Stampa 30.11.17
L’estrema destra italiana ritrova spazi e anche voti
Da CasaPound a Forza Nuova, si moltiplicano i gruppi che cavalcano il disagio sociale per raccogliere i consensi
di Francesco Grignetti
Sono
ormai troppi i segnali per dire che sia una sorpresa: l’estrema destra è
tornata. Quel mondo che per anni è stato confinato tra la cronaca nera e
il folklore politico, a metà tra le risse di strada e lugubri
manifesti, è a una svolta. Innanzitutto al suo interno. Storici leader,
quali Roberto Fiore per Forza Nuova, o Maurizio Boccacci per Militia,
sembrano ormai marginalizzati. Non sono mai riusciti a scrollarsi di
dosso le scorie ideologiche del neofascismo o del fascismo tout-court.
Basta vedere la grafica dei manifesti di Forza Nuova, ispirati al
Boccasile peggiore, propagandista della Repubblica sociale italiana. O
la M di Militia, mutuata dalla M di Benito Mussolini come campeggiava
sulle tessere del Pnf.
Marginali, divisi e anche litigiosi. Ecco
dunque che Fiore concentra le energie per una Marcia su Roma,
ribattezzata pudicamente Marcia dei patrioti, che già nella scelta di
celebrare il 28 ottobre (compleanno del regime) la dice lunga sul
nostalgismo. E Boccacci tenta di rubargli la scena sventolando solitario
una bandiera della Rsi in piazza Montecitorio lo stesso giorno e si
becca un Daspo urbano per i prossimi 3 anni.
Anche maneschi,
quelli di Forza Nuova. Non temono di scontrarsi con i giovani di
sinistra: ci fu una gigantesca rissa a Magliana, a novembre del 2016.
Oppure di opporsi alla polizia. Così non si contano le denunce per
manifestazione non autorizzata. Oppure i tentativi di bloccare gli
sgomberi, come è successo di recente a Tor Bella Monaca, periferia Est
di Roma. O ancora, all’opposto, le intimidazioni contro le famiglie di
stranieri che ottengono la casa popolare. Qualche settimana fa, per
queste azioni violente, Giuliano Castellino, il leader emergente nella
Capitale, è finito agli arresti domiciliari assieme ad altri due
attivisti.
Altro profilo, e altra marcia, sembra avere CasaPound.
Si definiscono «fascisti del Terzo millennio» e le loro stesse biografie
parlano di trentenni o quarantenni che non hanno pregressi in stagioni
buie. Così il loro leader, Simone De Stefano, può annunciare: «Siamo
stati sdoganati dai risultati elettorali, da Ostia a Bolzano, da Lucca a
Lamezia Terme». Non ha tutti i torti. Solo nell’ultimo anno: 9% dei
voti a Ostia, 8% a Lucca (con un candidato sindaco che umilia il M5S),
6% a Bolzano. Sono andati benino pure a Todi o L’Aquila.
Se non
fosse stato per la capocciata di Roberto Spada al giornalista della Rai,
con tutto il prosieguo di analisi e rivelazioni sugli ammiccamenti tra
il candidato di CasaPound, Luca Marsella, e il clan Spada, forse la
cavalcata trionfale dei «fascisti del Terzo millennio» sarebbe
proseguita senza nemmeno suscitare troppi interrogativi e ora potrebbero
festeggiare le loro 104 sedi in giro per l’Italia, e la crescita di
consensi nell'area del disagio, degli arrabbiati, dei delusi dalla Lega o
dal M5S. Invece la magistratura romana ha aperto un fascicolo sulle
loro relazioni pericolose con gli Spada e Di Stefano sa quanto il tema
può essere pesante. Tanto che ha lanciato la sua provocazione: «Faccio
un appello al ministro Minniti, di chiarire se c’è questo rapporto di
voto di scambio tra CasaPound e una formazione criminale. Ce lo faccia
sapere subito. Se così fosse, CasaPound andrebbe sciolta
immediatamente».
È un fatto però che CasaPound ormai ha messo un
piede dentro le istituzioni e sogna persino il balzo in Parlamento.
Tanto che da ultimo parlano di grande politica, di quale appoggio
potrebbero dare al centrodestra, di come opporsi all’euro e alla Ue.
Funzionano, in tutta evidenza, le loro parole d’ordine: no
all’immigrazione, aiuti agli italiani, sovranismo. Stanno attenti a non
ficcarsi in risse inutili. Però, se c’è da menare le mani, non è che
siano gandhiani.
Hanno anche adottato la strategia degli aiuti
alimentari, alla moda di Alba dorata, i neonazisti in Grecia. Vedi la
distribuzione di pacchi di pasta a Ostia. Ma seguono un’accorta
strategia legalitaria. Proprio ieri è iniziata la raccolta di firme per
una legge d’iniziativa popolare («Reddito nazionale di natalità») che si
prefigge di dare a ogni nuovo nato un assegno da 500 euro al mese fino
ai 16 anni, ridicolizzando così il bonus bebè del governo e superando a
sinistra pure il reddito di cittadinanza dei grillini.