La Stampa 30.11.17
È in Ungheria il cuore nero degli estremisti
Arrivano da tutta Europa e aprono sedi a Budapest Da qui parte la campagna contro l’immigrazione
Si
moltiplicano i movimenti nazionalisti e xenofobi che aprono sedi a
Budapest Per organizzare la propaganda e i convegni utilizzano social e
Internet
di Andrea Palladino
Un container, sei
uomini infreddoliti. Le mani legate da fascette di plastica. Altre tre
persone, con i polsi bloccati dietro la schiena. Un bosco, una borsa con
la scritta Unhcr - l’agenzia Onu per i rifugiati - e una fila di
ragazzi faccia a terra. Ásotthalom, confine tra l’Ungheria e la Serbia,
dove passa il muro anti migranti voluto da Viktor Orbán. È il piccolo
regno di László Toroczkai, il fondatore del movimento di estrema destra
«64 Contee». La galleria delle foto degli uomini fermati e umiliati si
apre sulla sua pagina Facebook di sindaco del villaggio con l’immagine
che lo ritrae insieme ad un mastino, mentre sorveglia le operazioni.
Qualche clic e Toroczkai appare di fianco a Roberto Fiore, il leader di
Forza Nuova. E poi insieme all’austriaco Martin Sellner, il volto più
noto del movimento Generazione identitaria.
La guerra
dell’informazione ha bisogno delle prede. Ed è ad Est, tra Budapest,
Varsavia, Praga, Sofia che si materializza la frontiera chiusa,
sigillata, inviolabile sognata dall’ultra destra europea, protagonista
di una campagna di manipolazione dell’opinione pubblica sul tema delle
migrazioni e dei diritti. Qualcosa di più complesso, sottile e pervasivo
delle «fake news» che usa società di comunicazione, case editrici,
think tank pronti ad agire dall’Ungheria, dalla Serbia, dalla Polonia,
dalla Repubblica Ceca. Paesi dove governi nazionalisti, anzi,
«identitari», sono in grado di garantire il clima giusto. E alla fine
mostrano - quasi come trofei - i volti dei migranti fermati sui confini
della via balcanica. Non solo chiacchiere e distintivo, ecco come
agiscono quando governano. Toroczkai ha iniziato la sua ascesa politica
sulle barricate degli scontri a Budapest del 2006. Da almeno cinque anni
è ospite fisso nei «Boreal festival» organizzati da Forza Nuova tra
Cantù e il Garda. Divenuto sindaco di Ásotthalom, ha trasformato il
villaggio in una sorta di enclave bianca, cattolica e antiliberal: qui
musulmani, omosessuali e migranti trovano un cartello con i loro volti
iconizzati barrati all’ingresso della città.
L’Ungheria da tempo è
divenuta il crocevia degli estremisti di destra italiani ed europei.
Nelle vie di Budapest, fino a qualche mese fa, giravano due esponenti
politici molto noti in Gran Bretagna, Jim Dowson e Nick Griffin, alleati
di vecchia data di Forza Nuova. Griffin, ex esponente del British
National Party, è oggi vice presidente di Alliance for Peace and
Freedom, il partito europeo fondato e diretto da Roberto Fiore. La loro è
una vecchia amicizia che risale all’epoca della latitanza del leader di
Forza Nuova a Londra. Dowson, definito da The Times «l’uomo invisibile
dell’estrema destra inglese», è l’esperto del marketing e dei soldi. Ex
pastore, considerato un mago della comunicazione e del marketing, in
grado di gestire pagine Facebook con centinaia di migliaia di like, fino
a qualche anno fa gestiva il call center del Bnp. I due da un paio
d’anni dirigono una campagna internazionale contro i migranti, usando,
tra l’altro, la britannica Knight Templar International, società creata
un paio di anni fa in Scozia, con discreti uffici nel cuore di Budapest.
Funziona come piattaforma per la diffusione sui social delle notizie
pubblicate da un network di siti d’informazione, tutti specializzati in
«hate speech», promuovendo, nel contempo, la vendita di terreni e
fattorie ad Ásotthalom: «Qui c’è un sindaco patriota che caccia i
musulmani e accoglie gli occidentali», si legge sul sito ufficiale.
A
Dowson è riconducibile la Patriot News Agency, che ha appoggiato fin
dal 2016 Donald Trump, «con articoli condivisi centinaia di migliaia di
volte negli Stati Uniti», come ricorda The Guardian. Sugli stessi server
funzionano una decina di siti di propaganda, con video e notizie su
migranti e Brexit. Storiacce cruente, titoli cupi, in stile «Gli
islamisti si sono presi il Regno Unito». Contenuti molti simili ai tre
video islamofobi pubblicati ieri da Jayda Fransen - vice presidente di
«Britain First», partito finanziato da Dowson in Gran Bretagna, a capo
di una società di logistica a Budapest, la Britannia Management -
rilanciati dal presidente Usa Donald Trump, scatenando durissime
polemiche. «Non avete idea di quanto lavoro va in questa operazione»,
commentava qualche mese fa Griffin sul social russo Vk pubblicando il
link ad un articolo del New York Times sulle società di comunicazione
dell’amico Dowson.
Daniel Friberg, svedese, divide il suo tempo
tra le miniere d’oro e gli autori della nuova destra. Ha fondato a
Londra la Arktos, casa editrice con un catalogo dichiaratamente
estremista: da Evola al pensatore della «Nouvelle droite» De Benoist,
dal manifesto di «Generazione identitaria» agli esponenti dell’Alt-right
statunitense. Dal 2014 Friberg ha scelto come base operativa europea
Budapest, dove ha aperto tre società, una delle quali oggi attiva. Tra
le tante attività, dirige il portale altright.com in società con Richard
Spencer, l’esponente della destra estrema Usa divenuto famoso per il
suo saluto al neo presidente: «Hail Trump», gridò dal palco durante una
convention subito dopo le elezioni.
In Ungheria trascorre lunghi
periodi anche il responsabile esteri di Forza Nuova, Angelo Balletta,
relatore in un convegno organizzato dalla Knight Templar International
lo scorso marzo per promuovere la campagna anti Soros dell’estrema
destra. Lo scorso anno Roberto Fiore, insieme a Griffin, Dowson e
Toroczkai, ha partecipato ad un incontro presieduto da Edda Budaházy,
sorella di György, arrestato negli anni passati per terrorismo. Nome,
quest’ultimo, ben noto tra i militanti di Forza Nuova, che nel 2010
organizzò un sit-in per la sua liberazione davanti al consolato
ungherese di Milano. Un asse solido, carico di simboli. «Avanti ragazzi
di Buda, avanti ragazzi di Pest» è l’incipit di una delle canzoni più
sentite della destra italiana, dedicata alle rivolte antisovietiche del
1956. Parole cantante in italiano da qualche tempo anche nei licei di
Budapest