La Stampa 30.11.17
Gli inediti che Nietzsche non si sentì di pubblicare
di Federico Vercellone
Le
eredità culturali sono un lascito molto più pesante di quanto forse, a
prima vista, verrebbe da pensare. La relazione con il passato, come ben
sappiamo, è determinata da una scelta tra memoria e oblio, tra ciò che
va ricordato e quanto invece si può dimenticare senza troppo danno o
addirittura con vantaggio. Il passato non sta lì, una volta per sempre,
come qualcosa di irrevocabile, bensì come ciò che con sforzo
ricostruiamo per e nella coscienza del presente. In questo contesto si
propone anche la relazione rinnovata che viene fornita dalle edizioni
critiche avviate nella seconda meta del secolo scorso dei grandi
classici del pensiero filosofico tedesco dell’800: vere e proprie
rivisitazioni di un autore, come testimoniano anche le Opere complete di
Nietzsche. Lo dimostra egregiamente l’Introduzione a Nietzsche di Carlo
Gentili, uno dei massimi specialisti contemporanei del filosofo,
comparsa recentemente presso il Mulino.
Siamo stati abituati a
vedere in Nietzsche un autore prometeico che propone al centro del suo
pensiero concetti paradossali come quelli di Volontà di potenza, Eterno
ritorno e Superuomo. Martin Heidegger era arrivato addirittura ad
affermare che tutta l’opera edita di Nietzsche non costituiva altro che
l’antiporta del suo pensiero consegnato, nel nucleo fondamentale, alla
silloge postuma La volontà di potenza. Gentili rammenta molto
opportunamente che questi inediti, risalenti all’ultima fase della vita
cosciente del filosofo, non a caso non furono pubblicati da Nietzsche.
Si tratta di esperimenti in cui si affacciano prepotentemente concetti
come quelli di Superuomo e di Volontà di potenza che hanno molto meno
peso negli scritti pubblicati da Nietzsche stesso. Ciò significa che si
tratta di tentativi di cui il loro stesso autore non era pienamente
convinto.
A questa luce è la stessa immagine del pensiero di
Nietzsche a modificarsi profondamente. Non abbiamo più a che fare con
l’outsider che sovverte gli ordinamenti stabiliti, ma con un grande
classico del pensiero che ben si inserisce nella tradizione filosofica
con una cifra scettica e neokantiana che lo rende un geniale
anticipatore delle grandi filosofie della crisi di inizio Novecento.